DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MONACI CERTOSINI
Certosa di Serra San Bruno - Venerdì, 5 ottobre 1984
1. Ringrazio vivamente il padre priore per le calde parole di saluto che mi ha rivolto a nome della comunità in questo incontro per me - e, sono certo, anche per voi - tanto significativo. Sono venuto molto volentieri tra voi per manifestarvi l’affetto e la stima che nutro per il vostro ordine e per ricordare, altresì, nel IX centenario della sua fondazione, gli stretti legami che esso intrattiene con la Sede apostolica fin dalle sue origini, quanto a san Bruno e ai suoi primi discepoli vennero affidate alcune missioni dal mio venerato predecessore Urbano II.
Per la data giubilare ho inviato al padre André Poisson, ministro generale dell’ordine, una mia lettera nella quale, richiamando il carisma della vostra benemerita istituzione, rilevavo che, pur nel dovuto e giusto adattamento ai tempi, “ad spiritum primigenium Ordinis vestri semper redeuntes, in sancto proposito vestro inconcussa cum voluntate perstetis oportet”. Ora che la Provvidenza ha permesso questa sosta, vorrei riprendere il discorso in essa avviato, meditando con voi sul ruolo che avete nella Chiesa e sulle attese del popolo di Dio nei vostri confronti.
A voi è dato di vivere la vocazione contemplativa in questa oasi di pace e di preghiera, che già san Bruno, scrivendo all’amico Radolfo le Verd, così descriveva: “In finibus autem Calabriae . . . heremum incolo, ab hominum habitatione undique satis remotam. De cuius amoenitate aerisque temperie ac sospitate, vel de planitie ampla et grata, inter montes in longum porrecta, ubi sunt virentia prata et florida pascua, quid dignum dicam? Aut collium undique se leniter erigentium prospectum, opacarumque vallium recessum, cum amabili fluminum, rivorum fontiumque copia, quid sufficienter explicem?” (S. Brunonis, Ep. ad Radulphum, «Lettres des premiers Chartreux», Sources chrétiennes, Paris 1962, p. 68). È necessario che voi, odierni seguaci di quel grande uomo di Dio, ne raccogliate gli esempi, impegnandovi ad attuare lo spirito di amore a Dio nella solitudine, nel silenzio e nella preghiera, come coloro che “espectant reditum domini sui ut, cum pulsaverit, confestim aperiant ei” (Lc 12, 36). Voi, infatti, siete chiamati a vivere come per anticipazione quella vita divina che san Paolo descrive nella prima Lettera ai Corinzi, quando osserva: “Videmus nunc per speculum in aenigmate, tunc autem facie ad faciem: nunc cognosco ex parte, tunc autem cognoscam sicut et cognitus sum” (1 Cor 13, 12).
2. Il fondatore vi invita a riflettere sul senso profondo della vita
contemplativa, alla quale Dio chiama, in ogni epoca della storia, anime
generose. Lo spirito della Certosa è per uomini forti: già san Bruno notava
come l’impegno contemplativo fosse riservato a pochi (“pauciores
enim sunt contemplationis quam actionis filii”: San Brunonis, Ep. ad Radulphum, «Lettres des premiers Chartreux»,
Sources chrétiennes, Paris 1962, pp. 70. 72). Ma questi pochi sono chiamati a
formare una sorta di “scolta avanzata” nella Chiesa. Il lavorio sul carattere,
l’apertura alla grazia divina, l’assidua preghiera, tutto serve per forgiare
nel Certosino uno spirito nuovo, temprato nella solitudine a vivere per Iddio
in atteggiamento di disponibilità totale, Alla Certosa ci si impegna a ottenere
il pieno superamento di se stessi e a coltivare i germi di ogni virtù,
nutrendosi copiosamente dei frutti celesti. V’è in ciò tutto un programma di
vita interiore, a cui allude san Bruno quando scrive: “Hic
oculus ille conquiritur, cuius sereno intuitu vulneratur sponsus amore, quo mundo et puro conspicitur Deus. Hic otium celebratur negotiosum et in quieta pausatur actione” (Ibid.).
L’uomo contemplativo è costantemente proteso verso Dio e può a ragione esprimere l’anelito del salmista: “Quando veniam et apparebo ante faciem Dei?” (Sal 41, 5). Egli vede il mondo e le sue realtà in modo assai diverso da chi in esso vive: la “quies” è cercata solo in Dio e san Bruno a più riprese invita i suoi discepoli a fuggire “le molestie e le miserie” di questo mondo e a trasferirsi “a tempestate mundi huius in tutam et quietam portus stationem”. Nella pace e nel silenzio del monastero si trova la gioia di lodare Dio, di vivere in lui, di lui e per lui. San Bruno, che è vissuto in questo monastero per circa dieci anni, scrivendo ai suoi fratelli della comunità di Chartreuse, apre il suo animo traboccante di gioia e senza retorica alcuna li sprona a godere del loro stato contemplativo: “Gaudete, fratres mei carissimi, - scrive - pro sorte beatitudinis vestrae et pro larga manu gratiae Dei in vos. Gaudete quia evasistis fluctuantis mundi multimoda pericula et naufragia. Gaudete quia quietam et tutam stationem portus secretioris obtinuistis” (San Brunonis, Ep. ad Radulphum, «Lettres des premiers Chartreux», Sources chrétiennes, Paris 1962, pp. 70. 72).
3. Questa vostra specifica ed eroica vocazione non vi pone, tuttavia, ai margini della Chiesa; essa vi colloca anzi nel cuore stesso di essa. La vostra presenza è un richiamo costante alla preghiera, che è il presupposto di ogni autentico apostolato. Come ho avuto modo di scrivervi, il “sacrificium laudis . . . vestra indiget pia solertia, qui cotidie "in excubiis persistitis divinis"” (Cf. S. Bruno). La Chiesa vi stima, conta molto sulla vostra testimonianza, confida sulle vostre preghiere. Anch’io affido a voi il mio ministero apostolico di Pastore della Chiesa universale.
Date con la vita testimonianza del vostro amore a Dio. Il mondo vi guarda e, forse inconsapevolmente, molto si attende dalla vostra vita contemplativa. Continuate a porre sotto i suoi occhi la “provocazione” di un modo di vivere che, pur intriso di sofferenza, di solitudine e di silenzio, fa zampillare in voi la sorgente di una gioia sempre nuova. Non scrive forse il vostro fondatore: “Quid vero solitudo heremique silentium amatoribus suis utilitatis incunditatisque divinae conferat, norunt hi soli qui experti sunt”? (S. Brunonis, Ep. ad Radulphum, «Lettres des premiers Chartreux», Sources chrétiennes, Paris 1962, p. 70). Che questa sia anche la vostra esperienza lo si può dedurre dall’entusiasmo con cui perseverate nella strada intrapresa. Dai vostri volti si vede come Iddio doni la pace e la gioia dello Spirito quale mercede a chi ha abbandonato ogni cosa per vivere di lui e cantare in eterno la sua lode.
4. L’attualità del vostro carisma è dinanzi alla Chiesa e mi auguro che tante anime generose vi seguano nella vita contemplativa. La vostra è una via evangelica di sequela di Cristo. Essa esige la donazione totale nella segregazione dal mondo, come conseguenza di una scelta coraggiosa che ha alla sua origine la sola chiamata di Gesù. È lui che vi ha rivolto questo invito di amicizia e di amore a seguirlo sul monte, per restare con lui.
Il mio augurio è che da questo luogo parta un messaggio verso il mondo e raggiunga specialmente i giovani, aprendo dinanzi ai loro occhi la prospettiva della vocazione contemplativa come dono di Dio. I giovani, oggi, sono animati da grandi idealità e se vedono uomini coerenti, testimoni del Vangelo, li seguono con entusiasmo. Proporre al mondo di oggi di praticare “vitam absconditam cum Christo” (Col 3, 3), significa ribadire il valore dell’umiltà, della povertà, della libertà interiore. Il mondo, che in fondo ha sete di queste virtù, vuole vedere degli uomini retti che le praticano con eroismo quotidiano, mossi dalla coscienza di amare e di servire con questa testimonianza i fratelli.
Voi da questo monastero siete chiamati ad essere lampade che illuminano la
via su cui camminano tanti fratelli e sorelle sparsi nel mondo; sappiate sempre
aiutare chi ha bisogno della vostra preghiera e della vostra serenità. Pur
nella felice condizione di aver scelto con la sorella di Marta, Maria, “optimam partem . . . quae non auferetur” (Lc
10, 42), non siete posti al di fuori delle situazioni dei fratelli, che bussano
al vostro luogo di solitudine. Essi portano a voi i loro problemi, le loro
sofferenze, le difficoltà che accompagnano questa vita: voi - pur nel rispetto
delle esigenze della vostra vita contemplativa - date loro la gioia di Dio,
assicurandoli che pregherete per loro, che offrirete la vostra ascesi, perché
anche loro attingano forza e coraggio alla fonte della vita che è Cristo. Essi
vi offrono l’inquietudine dell’umanità: voi fate loro scoprire che Dio è la
sorgente della vera pace. Infatti, per usare ancora un’espressione di san
Bruno, “Quid aliud tam bonum quam Deus? Imo quid aliud
bonum nisi solus Deus?” (S.
Brunonis, Ep. ad Radulphum,
«Lettres des premiers Chartreux»,
Sources chrétiennes, Paris 1962, p. 78)).
5. Ho voluto con voi leggere alcuni pensieri del vostro fondatore per rivivere in questo luogo, testimone della sua intensa vita eremitica, lo spirito che lo animava. Qui egli volle, dopo un lungo servizio alla Chiesa, chiudere la sua esistenza terrena. Qui voi restate per mantenere viva la lampada che egli accese nove secoli or sono.
Io porto con me, in questa visita pastorale alla Calabria, l’esperienza di un momento di pace e di gioia, che mi ha recato profondo conforto. La natura, il silenzio, la vostra preghiera rimangono scolpite nel mio animo: continuate la vostra missione. A conforto del vostro impegno imparto a ciascuno la mia benedizione apostolica, propiziatrice dei doni che vengono da Dio, fonte di ogni consolazione.