2.
IL LEBBROSO

Lc 5,12-66

 

 

PREGHIAMO

O Dio, tu sei nostro Padre e noi siamo la tua famiglia: apri le nostre menti all’ascolto e alla comprensione della tua Parola e donaci un cuore docile a quanto oggi ci dirà il tuo Spirito. Amen

 

LECTIO

 

In Luca questo miracolo avviene dopo quello della pesca miracolosa e perciò l’evangelista sembra invitare a scorgere un parallelo tra Simone Pietro e il lebbroso. Simone aveva detto: Allontanati da me perché sono un uomo peccatore; invece, come il lebbroso, egli deve accettare che Gesù lo avvicini e lo tocchi purificandolo.

 

v. 12 “si trovava in una città”. Non si dice in quale città: Luca lo fa di proposito. Inserisce il miracolo in uno spazio generico, in quanto ovunque può verificarsi la salvezza di Dio. Qualunque città è adatta e anche ogni giorno dell’anno lo è.

 

“ed ecco un uomo coperto di lebbra” è "un uomo" anonimo il che e un'indicazione per dire che tutti si possono identificare in lui. Luca poi non si accontenta di dire che è un lebbroso come fanno Mt e Mc ma calca il fatto che non c’è nessuna parte del suo corpo che sia privo di lebbra (coperto di lebbra). In lui non c'è nulla di sano (Cfr salmi): è icona della morte. Infatti il lebbroso è considerato alla stregua di un cadavere: egli è totalmente impuro e portatore di impurità. Dunque non è sorprendente che, per l’ebreo, la guarigione di un lebbroso avesse la stessa portata della risurrezione di un morto. Ed essendo la lebbra un castigo divino tra i più temuti, conseguenza del peccato, soltanto colui che l’infligge, cioè Dio, la può togliere.

 

Il lebbroso non può fare altro che autoescludersi da Dio e dagli altri. Per la Legge i lebbrosi non potevano trovarsi in città ma in luoghi solitari. Nel libro del Levitico al capitolo 13 infatti è scritto “[45] Il lebbroso colpito dalla lebbra porterà vesti strappate e il capo scoperto, si coprirà la barba e andrà gridando: Immondo! Immondo! [46] Sarà immondo finché avrà la piaga; è immondo, se ne starà solo, abiterà fuori dell'accampamento. Non può entrare in città né accedere al culto. E’ un’ingiustizia che l’uomo porti nella disperazione il peso del proprio peccato.   Simone, nel racconto precedente fa proprio così quando dice a Gesù: Allontanati da me perché ho la lebbra del peccato. Qui sembra che Luca collochi l’episodio in una città: forse lo fa per dire che anche la città è piena di "lebbrosi" bisognosi di guarigione.

 

 “vide Gesù e gli si gettò ai piedi pregandolo: Signore”. Si osservino le azioni del lebbroso. Egli anzitutto vede Gesù come colui che solo lo può salvare. Lo vede così proprio perché è un lebbroso, a causa del suo male incurabile; vede nel volto di Gesù la tenerezza di Dio e non la durezza della legge che lo condanna ad essere segregato e a morire solo. Egli contravvenendo alla Legge si avvicina a Gesù e a  lui si prostra (lett. cadendo sulla faccia): il gesto è già implorazione e supplica e nello stesso tempo riconoscimento della potenza di Cristo. Prega: è il grido del povero. E lo chiama Signore e così Luca mette in risalto che qui è presente Gesù il Vivente Risorto.

 

“se tu vuoi, puoi purificarmi”. E' realmente preghiera di un povero consapevole della sua impotenza e così il lebbroso si consegna totalmente al potere e alla parola di Gesù. Non può fare altro. E' un atto di preghiera di pura fiducia nella misericordia di Dio.

 

v. 13: “Gesù tese la mano e lo toccò”. Facciamo attenzione ai gesti di Gesù. “Stendere la mano” nella bibbia indica sempre un gesto di salvezza da parte di Dio (cfr Es 4,4; 7,19). Dunque desiderio di Gesù è intervenire e salvare. “Lo toccò”: Gesù va contro le proibizioni della legge e tocca colui che è immondo. L’uomo peccatore è qui veramente toccato da Dio per pura grazia, in quanto la legge lo allontanerebbe dal culto e da Dio, facendone sperimentare la lontananza: Dio, il santo, tocca l’impurità, la miseria dell’uomo e lo salva. Gesù si carica della lebbra del lebbroso e diventa per la Legge lui stesso immondo: Gesù è diventato lebbroso. Del Servo di JHWH Isaia dice che è “percosso da Dio” (Is 53,3-5); Paolo dirà che Cristo si è fatto “maledizione per noi” (Gal 3,13); “peccato in nostro favore”(2Cor 5,21).

 

“Lo voglio, sii purificato”. Gesù non annulla la legge che dichiara impuro e allontana da Dio e dagli uomini. Il peccato, il male ci sono, dice Gesù; ma il malato va sanato. Gesù con queste parole esplicita la sua risposta alla preghiera e rende puro il lebbroso. Per la sua parola, “forza che guarisce tutti” (Lc 6, 19), ora il lebbroso può di nuovo accostarsi a Dio. Usando il passivo Gesù indica la sorgente divina della purificazione ("da Dio"), dicendo però: "Lo voglio" precisa che l'azione divina passa attraverso di lui.

 

v. 14.  “di non dirlo a nessuno”. Gesù non vuole chiasso attorno al miracolo. Rifiuta ambivalenze circa il suo ministero. Invita l'uomo a leggere in profondità  gli avvenimenti senza fermarsi al segno esteriore.

 

 “Va’ mostrati al sacerdote”. Era il sacerdote l'incaricato di costatare la guarigione del malato e, quindi, di rilasciargli un documento che attestava il suo reinserimento nella società. Ora il sacerdote custode rigoroso della Legge deve costatare ciò che la legge non può fare: il lebbroso è stato purificato dalla morte che si portava addosso. La legge poteva solo condannare il peccatore e non aveva la possibilità di sanarlo: solo Dio può  guarire/risuscitare. Ora questo è reso possibile attraverso Gesù.

 

Mentre a questo punto Matteo si ferma Luca e Mc proseguono raccontando le conseguenze del miracolo:

 

v. 15: “La sua fama (parola), si diffondeva ancor più”. Come per cerchi concentrici la parola di Gesù e la sua fama si diffonde fino a giungere anche a noi: se vogliamo possiamo approfittarne  e fare la stessa esperienza del lebbroso che, riconoscendo la sua lebbra, viene guarito per la sua fede.

 

v. 16: “Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari, nel deserto, e lì pregava”. Gesù ora "lebbroso" prende il posto del lebbroso: avendolo toccato è diventato infatti impuro e ora deve portarne le conseguenze e stare lontano dalla gente come vuole la legge (Lv 13, 46). Ma Gesù non è mai solo: è in continuo dialogo col Padre. Il deserto è sì il luogo della maledizione ma è anche quello dell’incontro e della comunione con Dio.

 

MEDITAZIONE

 

a. avverto di essere "coperto di lebbra"? O mi ritengo già sano e non bisognoso di salvezza?

b. E’ il nostro male che ci fa vedere Gesù come colui di cui abbiamo bisogno per essere guariti.

c. Sono capace di una preghiera di povero che diviene supplica nella consapevolezza della mia impotenza? Chiedo di essere guarito dalla mia lebbra?

d. Mi lascio toccare dalla potenza risanatrice di Cristo? In quali modi oggi egli mi tocca?

e. Volontà di Dio è la mia guarigione-salvezza ma io la desidero con tutto me stesso?

f. Ognuno farà esperienza della bellezza dell’essere nuovo e purificato quando avrà coscienza della propria lebbra e incontrerà Gesù che si butta sulle proprie spalle la sua lebbra.

 

 

PREGHIAMO

 

Come la peccatrice all’ombra del tuo vestito
possa io rifugiarmi  e abitarvi per sempre.

Come colei che nella sua paura
trovò forza e guarigione,

guariscimi dalla mie fughe per paura;

che io un te trovi forza!

Che dal tuo mantello mi lasci condurre
fino al tuo corpo,

perché possa cantarti meno indegnamente.

Il tuo mantello, Signore, è continua medicina,

la tua forza nascosta nella veste risiede.

Basta un po’ di saliva dalle tue labbra
e meraviglia di luce si opera nel fango
. (Sant’Efrem il Siro, De Fide, 10)