CONTEMPLARE LA PAROLA
di p. Attilio Franco Fabris
Noi crediamo che nella pienezza dei tempi la Parola di Dio si è “fatta carne”. S. Giovanni della Croce dirà: “Dandoci il suo Figlio, che è la sua unica Parola, Dio ci ha detto tutto in una volta con questa sola Parola”.
La Parola è cibo che deve essere assimilato per sostenerci.
Questa assimilazione è possibile tramite un ascolto obedienziale:
“Ascolta, popolo mio, ti volgio ammonire, Israele se tu mi ascoltassi… Se il mio popolo mi ascoltasse, se Israele camminasse per le mie vie! Subito piegherei i suoi nemici e contro i suoi avversari portrei la mia mano. Lo nutrirei con fiore di frumento, lo sazierei con miele di roccia” (Sal 81).
Tutto inizia con l’ascolto.
Non dimentichiamo che l’orazione è anzitutto questo ascolto totale, è entrare nella volontà di Dio che si rivela a noi tramite la sua Parola.
I metodi sono molti per meditare la Scrittura sono molti, ma tutti fanno perno su un elemento essenziale: la lettera deve diventare spirito.
Cerchiamo di abbozzare ora un metodo.
1. Raccogliti alla presenza di Dio e arrenditi all’azione dello Spirito.
Sii presente anzitutto a te stesso, qui e ora, in un atteggiamento di pacificazione esterna ed interna.
Lascia da parte per ora le tue preoccupazioni: il passato e il futuro. Sii qui totalmente.
Poniti alla presenza di Dio con un atto di fede interiore.
Poi invoca lo Spirito, perché è lui il maestro della preghiera: “Lo Spirito santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26)
2. Non pensare prima ai tuoi problemi…
Essi sono molti e di vario genere, di ordine pratico e conoscitivo.
Di fronte alla Parola ad esempio vorremmo una risposta immediata ai nostri problemi. Non dimentichiamo: la meditazione dice: Dimenticati! Come puoi contemplare la Parola se pensi soltanto a te stesso?
Si può essere tentati di voler capire tutto, comprendere, consultare, approfondire… questo sarebbe studio, non preghiera!Quando meditiamo la Parola non si tratta di fermarsi all’interpretazioone esegetica del testo, né di cercare una soluzione ai nostri interrogativi. Certo uno studio è utile, ma deve essere previo.
Nella meditazione ci avverte s. Ignazio, più che la conoscenza conta l’assaporare del cuore, l’atteggiamento interiore accogliente, ricettivo. Un cuore duro è sasso che non può essere impregnato dall’acqua viva della parola (cf Gv 6,60).
3. …Ma raggiungi il Signore
Non scordiamo che dietro quella Parola vi è Qualcuno che mi sta parlando, che si sta rivolgendo proprio a me. Più che la Parola è lui che devi cercare ed incontrare. La Parola è solo strada verso l’incontro. Quando lo hai raggiunto lascia la Parola quando avverti che lo Spirito ti sta introducendo al silenzio della contemplazione.
Primo tempo: leggo il testo sacro
Lo leggo e lo rileggo. Con calma.
Ritorno con amore sulle singole frasi e lascio che ogni parola venga assimilata dalla mente e dal cuore, che si depositi nella memoria.
Se il testo non è lungo, più breve è meglio è, lo posso trascrivere o imparare a memoria, lo ripeto lentamente dentro di me, lo “mormoro” interiormente.
Secondo tempo: la chiave che apre all’incontro
In ogni testo c’è una chiave, un’espressione che apre la porta all’incontro, una scintilla che fa accendere la devozione: una frase, un’espressione, o solo un nome. A volte questa chiave la si scopre in modo spontaneo, altre volte occorrerà pazienza e silenzio finché emerga.
Quando hai raggiunto questo centro rimani in ascolto, rileggi poi ogni frase alla sua luce.
Terzo tempo: personalizza l’annuncio
Questo è molto semplice. Diventa interlocutore e protagonista. Lascia che ogni parola, gesto, azione del brano siano rivolti direttamente a te.
Poniti in discussione. Lascia che la Parola sia pada a doppio taglio che ferisce, separa, disbosca…
Quarto tempo: resta solo con Colui che ti parla
La parola è l’involucro che rivela una presenza: il Padre, il Figlio, lo Spirito… Quando gli hai dato il nome, rimani con lui.
Questo è il tempo della contemplazione. E’ Mosè che parla “bocca a bocca” con Dio”. E’ il “cuore a cuore” con Dio, il momento dell’intimità.
Lentamente ti accorgi che non hai bisogno più di tante parole, di tanti pensieri. Più che di parole si tratta di assumere un atteggiamento della e nella totalità del proprio essere.
La Parola mi rigenera con il semplice dono della Presenza.
Qunto tempo: concretizza un impegno che scaturisca dall’ascolto e invoca l’aiuto e ringrazia il Signore
L’ascolto non deve rimanere sterile. Deve portare frutti di conversione nella vita. Quindi cerca di concretizzare questa dinamica di conversione in un impegno verificabile (non è necessario che sia grande, anzi…).
Chiedi dunque al Signore che ti aiuti a portare a termine ciò che hai compreso.
Ringrazia per ultimo il Signore per la luce e la forza che ti ha donato in questo tempo di meditazione.
Non sentirti legato o schiavo del metodo. E’ uno schema, uno strumento utile soprattutto nei momenti di aridità. Spesso la Parola non richiede altro da parte tua che semplicità e disponibilità. “Farsi piccoli come bambini” “Ad essi è rivelato il segreto del Regno”.
Tieni comunque presente che un esercizio metodico instaura un automatismo mentale che facilita e naturalizza poi la meditazione.
Accetta pure di rimanere a volte apparentemente a mani vuote. Impari a dare senza pretendere il contraccambio, ami senza la pretesa di essere riamato. Impari la gratuità e il puro dono di te stesso. Nella notte continua ad ardere la fiamma della fede, ciò che più conta perché è il dono più prezioso che tu puoi offrire a chi ti viene incontro ed è presente benché tu non lo veda e non lo senta.
Impari a rapportarti con Dio nella gratuità vincendo la grave tentazione di ridurlo a tuo beneficio.