• 01 Feb

    di p. Attilio F. Fabris 

     

     

    Gesù agli apostoli ormai disperati per il mare in tempesta che sta affondando la loro barca dice: “Uomini di poca fede, perché dubitate?”.

    La risposta alle nostre invocazioni è certa: “qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà”. La semente anche tra i sassi e i rovi troverà un pezzetto di buona terra. Il nemico potrà seminare zizzania di notte, ma non potrà impedire il raccolto. Una tempesta può sconvolgere il mare, ma la barca arriverà al porto.

    Dio ci sorprende per la sua sicurezza, e Gesù insiste sulla certezza della risposta divina.

    Ciò cosa vuol dire se non che attraverso la nostra preghiera entriamo in possesso dell’onnipotenza divina?

    “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Gal)

    Non si tratta di una promessa con buone possibilità di realizzazione, ma di una promessa certa che non può non realizzarsi: l’efficacia della preghiera infatti non dipende anzitutto da noi, ma riposa sulla fedeltà e amore di Dio:

    “non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell’uomo, ma da Dio che usa misericordia” (Rm 9,16).

    Pregando realmente noi penetriamo nel disegno di Dio, nei suoi pensieri e nelle sue vie, gli ricordiamo il suo “patto santo”. Facciamo esperienza che non siamo noi che attendiamo Dio, ma è lui che mi attende:

    “La preghiera non tende ad avvicinare noi a Dio: “Dio è più intimo di noi stessi” (s. Agostino). La preghiera è un avvicinamento di noi a Dio, prendendo coscienza della sua vicinanza” (O. Clement).

     

    Nella preghiera è sempre Dio che mi precede, dandomi occasione di aprirmi a lui. E’ questa speranza viva: quella che riposa in Dio.

    “Dio vivo e vero chiama incessantemente ogni persona al misterioso incontro della preghiera. Questo passo d’amore del Dio fedele viene sempre per primo nella preghiera; il passo dell’uomo è sempre una risposta. Man mano che Dio si rivela e rivela l’uomo a se stesso la preghiera appare come un appello reciproco, un evento di Alleanza. Attraverso parole e atti, questo evento impegna il cuore” (CCC 2567).

    Il movimento autenticamente cristiano della speranza è: mi abbandono a Dio, affinché egli si dia a me. Dunque il bene sperato è Lui stesso. E’ questa l’Alleanza:

    “L’orazione è un rapporto di alleanza concluso da Dio nella profondità del nostro essere” (CCC 2713)

    “La preghiera cristiana è una relazione di Alleanza tra Dio e l’uomo in Cristo. E’ azione di Dio e dell’uomo; sgorga dallo Spirito santo e da noi, interamente rivolta al Padre in unione con la volontà umana del Figlio di Dio fatto uomo” (CCC 2564).

    Dio mi offre la sua Alleanza per portarmi a poco a poco al desiderio della visione del regno.

    Dio promette sì anzitutto la ricompensa: “Non temere, la tua ricompensa sarà grande” (Gn 15,1). Ma non si scoprirà che più tardi che: “IO sarò la tua ricompensa”; “Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi, la mia eredità è magnifica” (Sal 39).

    Allora limite, difetto della preghiera sarà insistere nel domandare a Dio solo dei beni limitati. La speranza che attende il miracolo non è virtuosa se non nella misura in cui ha di mira la meta finale ed essenziale, l’unica che rimane in eterno.

    Se Dio non risponde subito alle nostre richieste immediate è per educarci ad una speranza più grande, per aprirci al suo mistero:

    “Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri” (Gc 4,2-3). Se noi chiediamo con un cuore diviso, adultero, Dio non ci può esaudire, perché egli vuole il nostro bene, la nostra vita… Entriamo nel desiderio del suo Spirito e saremo esauditi: “Non rammaricarti se non ricevi subito da Dio ciò che gli chiedi; egli vuole beneficiarti molto di più, per la tua perseveranza nel rimanere con lui nella preghiera” (Evagrio P.). “Egli vuole che nella preghiera si eserciti il nostro desiderio, in modo che diventiamo capaci di ricevere ciò che egli è pronto a darci” (s. Agostino”” (CCC 2737).

     

    Potremmo quasi affermare: più la risposta di Dio è oscura, più essa è certa; perché l’efficacia della preghiera è trascendente. Solo al termine della pesca o della semina, o della mietitura avremo modo di constatare la fedeltà di Dio:

    “Che egli dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce, come neanche lui lo sa” (Mc 4,27).

    Durante la nostra esistenza siamo come delle sentinelle che attendono i primi barlumi dell’aurora:

    “Sulle tue mura, Gerusalemme, ho posto sentinelle; per tutto il giorno e tutta la notte non taceranno. Voi che rammentate le promesse al Signore non prendetevi mai riposo e neppure a lui date riposo” (Is 62,6s).

    Come ogni sentinella possiamo vedere sino ad un certo punto, non più in là. Vediamo poco, intravediamo, intuiamo “come in uno specchio”. Ma con una certezza nel cuore: ciò che sarà lo sarà in modo infinitamente più grande di quando riusciamo ora a sperare.

    “A colui che in tutto ha potere di fare molto di più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi” (Ef 3,20).

    Il figliol prodigo al suo ritorno è esaudito ben al di là delle sue attese. La manna, la pesca miracolosa, la moltiplicazione dei pani: sempre Dio risponde “al di là”. Egli sconcerta i nostri desideri.

     

    Da quanto detto si potrebbe tirare una conseguenza errata: dobbiamo allora disinteressarci, rinunciare al nostro impegno?

    Se l’autentica preghiera ci rivela il reale motivo della nostra speranza, e se la preghiera ci conduce a scoprire che è Dio che vuole essere efficace in noi, allora comprendiamo come essa salvaguardi nel medesimo tempo il radicarsi umano del nostro desiderio e della nostra speranza, perché essa sola lo rende possibile, reale. Infatti essa non conserva soltanto in noi Dio, ma conserva altresì noi stessi.

    E’ questo uno degli effetti più importanti della preghiera: rendere reale, vero, il desiderio che noi esprimiamo tramite essa.

    Ma non soltanto essa rende reale il desiderio, ma è in grado di modificarlo, di renderlo più autentico: “Sono sbalordito di come le mie idee cambiano quando le metto dinanzi a Dio” (Bernanos).:

    “La trasformazione del cuore che prega è la prima risposta alla nostra domanda” (CCC 2739).

    Unendoci alla preghiera di Gesù: il nostro desiderio, le nostre attese vengono non soppresse ma purificate:

    “La preghiera di Gesù fa della preghiera cristiana una domanda efficace. Egli ne è il modello, egli prega in noi e con noi. Poiché il cuore del Figlio non cerca se non ciò che piace al Padre, come il cuore dei figli di adozione potrebbe attaccarsi ai doni piuttosto che al Donatore?

    Gesù prega anche per noi, al nostro posto e in nostro favore… Se la nostra preghiera è risolutamente unita a quella di Gesù, nella confidenza e nell’audacia filiale, noi otteniamo tutto ciò che chiediamo nel suo Nome; ben più di questa o quella cosa: lo Spirito santo, che comprende tutti i doni” (CCC 2740-1).

    Il ritardo di Dio, il suo silenzio non è dunque da leggersi come un metterci alla prova, ma come spinta affinché il nostro desiderio si affini, si identifichi sempre più con quello di Cristo.

    E’ questo un sommo rispetto di Dio per la nostra libertà: Dio non vuole la nostra gioia senza la nostra collaborazione, egli vuol farla scaturire dall’interno di noi stessi:

    “Siamo convinti che “nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare” (Rm 8,26)? Chiediamo a Dio “i beni convenienti?” Il Padre nostro sa di quali cose abbiamo bisogno, prima che gliele chiediamo, ma aspetta la nostra domanda perché la dignità dei suoi figli sta nella loro libertà. Pertanto è necessario pregare con il suo Spirito di libertà, per poter veramente conoscere il suo desiderio” (CCC 2736).

    Dio non può tener conto di questo desiderio che Egli stesso ha posto in noi al fine d’essere complice del suo dono.

     

     

    Posted by attilio @ 12:39

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