UNA COMUNITÀ CHE ASCOLTA: AT 2,42
a cura du p. Attilio franco Fabris
Il retroterra della comunità cristiana primitiva è costituito da una profonda esperienza di ascolto della Parola, e tale esperienza si svolge nel solco della tradizione di Israele. La consegna di Gesù ai suoi nel Cenacolo suona: “Ascolta il primo annuncio e contempla il mistero della passione e resurrezione del Signore”. La differenza tra l’”ecclesia” neotestamentaria e quella veterotestamentaria sta nella nuova esperienza di ascolto indotta dall’esperienza pasquale di Gesù. Ma a questa esperienza il gruppo dei discepoli erano ben rodati dalla tradizione di fede ebraica.
L’analogia e la distinzione tra ecclesia antico e vetero testamentaria è importante. Essa pone un interrogativo importante: siamo noi davvero ecclesia neotestamentaria? Cioè: la buona notizia è veramente, in modo vitale, al centro del nostro stare insieme, la forza che ci aggrega? Oppure è una specie di etichetta che si sovrappone dall’esterno alla nostra realtà comunitaria?
Ma non possiamo rispondere a questa domanda se prima non ce ne facciamo un’altra: possiamo noi considerarci ecclesia dal punto di vista veterotestamentario? Possiamo cioè dire che il nostro stare insieme, il nostro fare comunità si impernia sulla Parola prepasquale e che abbiamo titolo a far concorrenza alla sinagoga, comunità di fede centrata sull’ascolto della Parola di tipo prepasquale?
Quando ci accorgiamo che la Buona Notizia è ai margini della nostra realtà socio-religiosa, quasi confinata nella soffitta del nostro bagaglio teologico, c’è il rischio di renderci conto che noi non siamo ancora neppure una comunità ecclesiale veterotestamentaria. Se la nostra aggregazione comunitaria non è ancora ispirata, informata dalla Parola di Dio, né del nuovo né del vecchio testamento, vuol dire che abbiamo molto da imparare dalla sinagoga.
Infatti il Gesù con cui noi ce la facciamo e che presentiamo ai fedeli il più delle volte si identifica prevalentemente con il Gesù prepasquale, ossia con il Gesù della predicazione, dei miracoli, dei segni, che non è ancora il Servo sofferente del Signore, il Kyrios crocifisso, morto e risorto. Ne segue che tutta la pastorale assume un taglio prepasquale piuttosto che pasquale, ossia propriamente evangelico, e noi finiamo col fare una pastorale di tipo più veterotestamentario che neotestamentario. Infatti il Gesù prepasquale, per il fatto che la sua Pasqua non è ancora venuta a mostrare la novità del suo servizio all’uomo, appartiene, come Giovanni Battista ancora all’economia del vecchio testamento. Ne segue che la cristologia che noi proponiamo è di fatto una cristologia prevalentemente prepasquale.
PISTE DI RIFLESSIONE
∑ La Parola che ascoltiamo si impernia sulla Buona Notizia ovvero sul mistero pasquale, o è ancora una Parola improntata all’esperienza di fede veterotestamentaria?
∑ La predicazione, il Cristo che annunciamo, è prevalentemente quello prepasquale o pasquale? Cosa proporre per rinnovare la nostra pastorale?