• 26 Nov

    Una consegna vicendevole
    all’iniziativa dello Spirito: Atti 13,1-5

     a cura di p. Attilio Franco Fabris

    Siamo nella comunità di Antiochia.

    Gli Atti ci descrivono una comunità ricca di carismi profetici, dottorali e magistrali.

    Il testo ci racconta che durante la “celebrazione del culto del Signore” lo Spirito santo dice: “Riservate per me Barnaba e Paolo per l’opera alla quale io li ho chiamati”.

    Quale opera? Non si sa. Sicuramente a servizio dell’annuncio della buona notizia. Ma dove? Come? Quando? Questo non viene detto. Perché questa non precisazione?

    Essa fa parte della pedagogia di Dio. Infatti la tradizione biblica ci insegna che il Signore vuole educare l’uomo a camminare sulla sua parola “hic et nunc”. Del domani, domani se ne parla. Il Signore pone alla scuola dell’ascolto (cfr Gn 12).

    Il Signore chiama ad una missione senza dire ancora di che cosa si tratta, né quali saranno le modalità della sua realizzazione.

    Questo sicuramente avrà fatto problema alla comunità di Antiochia. Si sarà domandata: “Abbiamo ascoltato bene? Il Signore queste precisazioni, indispensabili dal punto di vista organizzativo, logistico, funzionale le dovrà pur dare! Se non sono ancora venute, evidentemente è perché non abbiamo ancora ascoltato abbastanza”.

    Quante incertezze nel nostro programmare. Quante  esitazioni. Dobbiamo interrogarci: certe incertezze che accompagnano i nostri discernimenti, sono dovute alla nostra sordità, o sono dovute alla pedagogia che il Signore adotta nei nostri confronti? La tradizione biblica attesta che certe cose il Signore non ce le dice di proposito, e non le dirà mai, fin quando non ci metteremo in cammino davvero. Questa fedeltà del Signore alla sua pedagogia può essere una chiave per comprendere molte delle nostre attuali difficoltà in ordine alla programmazione. Quando noi ci cimentiamo con una programmazione apostolica vorremmo vedere tutto chiaro. Questo è ragionevole. Ma rischiamo di dimenticarci della pedagogia del Signore.

    Un altro punto di riflessione è questo: perché lo Spirito non dà questa missione direttamente subito a Barnaba e Paolo? Perché la “profezia” deve passare attraverso la comunità?

    La “missio” non appartiene a Barnaba o a Paolo. Essa è della chiesa. E’ necessario che essi la ricevano dalla comunità. E’ la “missio” di tutta la comunità.

    Un terzo punto: gli Atti ci descrivono che tutto questo avviene mentre si “celebra il culto del Signore”. Cosa significa? Celebrare il culto è riconoscere la presenza del Signore nella comunità. In Israele la prima forma di culto era l’ascolto della Parola. L’ascolto è rendere culto al Signore: che nella comunità cristiana giunge al suo vertice nel memoriale eucaristico. La “fractio verbi” diviene “fractio panis”. La comunità di Antiochia è certamente una comunità in cui l’ascolto della Parola è posto al primo posto come atto di culto al Signore.

    A questa forma di culto la comunità associa il digiuno. Non è il digiuno ascetico: ma è il digiuno che richiama Israele che non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Il Signore è disposto a rispondere al bisogno dell’uomo quando l’uomo lo ascolta e cammina sulla sua parola. In questa direzione Israele riconosce che tutto è dono. Imparare a digiunare significa giungere alla libertà di spirito di rimettere tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo a Colui dal quale tutto abbiamo ricevuto, senza nulla trattenere.

    In questo atteggiamento la comunità è disposta a consegnare Barnaba e Paolo alla loro missione. E Barnaba e Paolo sono disposti a consegnarsi a ciò che il Signore domanda loro.  I due apostoli e la comunità di Antiochia si consegnano vicendevolmente all’iniziativa del Signore.

    Il tutto termina con il gesto dell’imposizione delle mani. Un gesto caro alla tradizione biblica che sta a significare l’investitura da parte della comunità per la missione richiesta dallo Spirito.

    Piste di riflessione

    ∑    la pedagogia del Signore domanda all’uomo l’affidamento alla promessa. A mettersi in cammino fidandosi della parola, anche quando il futuro appare incerto, nebuloso… Noi vorremmo però vedere subito tutto chiaro, evidente, programmato. Ti sembra che nelle nostre scelte comunitarie e provinciali teniamo presente questa pedagogia? Secondo te perché a volte poniamo resistenza ad adottarla? Perché tante incertezze nel nostro programmare? Quale atteggiamento dovrebbe assumere il prossimo Capitolo?

    ∑    La “Missio” passa attraverso la mediazione della comunità. Nessuno se la può attribuire o rivendicare. A volte invece si ha l’impressione che questo non accada. Ciascuno si appropria della Missio che ritiene sua, gestendola come bene personale in cui gli altri non hanno il diritto di interferire. E’ un  problema che può affliggere il nostro ministero apostolico. Lo avverti? Quali le cause? Quali i rimedi?

    ∑    La parola dello Spirito su Paolo e Barnaba si manifesta mentre si “celebra il culto del Signore”, ovvero mentre la comunità è protesa all’ascolto della parola di Dio. E’ solo da questo “culto” che può scaturire una parola autorevole che trascende le nostre misere visuali e orizzonti ristretti. Nelle nostre comunità le scelte da farsi scaturiscono da un ascolto della Parola o adottiamo altri criteri, quali ad esempio? E con quali frutti?

    Posted by attilio @ 12:22

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