• 03 Ott

    Perdonate e sarete perdonati

     a cura di p. attilio franco fabris

    Ciò che nella vita comunitaria rende torbida la gioia della festa sono le ferite che continuamente ci infliggiamo, portandoci alla separazione. E’ per questo che le nostre comunità non sono solo luogo della festa ma anche del perdono. Lo spirito del Risorto ci è stato donato per poter essere in grado di vivere nel perdono reciproco: Detto ciò, soffiò su di loro, e dice loro: Ricevete lo spirito santo: a chi rimettete i peccati, sono loro rimessi; a chi li ritenete saranno ritenuti (Gv 20,22-23).

    Il perdonare coloro che ci hanno offeso è un dono di Dio ma nello stesso tempo è un compito umano. Da soli non ne avremmo la forza, ma d’altra parte senza la nostra adesione-collaborazione il dono di Dio rimarrebbe inefficace. Il dono di Dio precede, accompagna e corona questo paziente sforzo che impegna tutto l’uomo. E niente ci aiuta ad entrare nell’avventura del perdono quanto il considerare come anzitutto il Padre ci avvolge continuamente del suo perdono.

    Gesù insegna una diretta proporzione tra la misericordia del Padre e la nostra: Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia (Mt 5,7); “Siate benevoli e misericordiosi gli uni con gli altri, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo” (Ef 4,32). In qualche modo siamo noi stessi che stabiliamo la misura del perdono di Dio nei nostri confronti: Non condannate e non sarete condannati. Perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una buona misura, colma, pigiata e traboccante, vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio (Lc 6,37-38).

    La parabola del servo crudele serve a Gesù per illustrare il senso della richiesta del Padre nostro. La frase conclusiva di condanna pronunciata dal padrone è chiara: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito, perché mi avevi supplicato; non dovevi anche tu avere compassione del tuo compagno, come io ho avuto compassione di te? (Mt 18,33).

    Non è forse che proviamo grandi difficoltà a riconoscere che Dio debba perdonare a noi molte e grandi cose? Il nostro debito ci sembra così piccolo ed irrilevante, soprattutto se comparato a quello che gli altri debbono a noi. Ma ricordiamo l’ammonimento di Gesù a Simone il fariseo che l’aveva invitato a mensa, e che nel suo cuore condannava la prostituta che lavava i piedi del maestro con le lacrime: colui a cui si perdona poco, ama poco (Lc 7,47). Sentendoci liberi di peccato ci sentiamo in diritto di scagliare la prima pietra (cfr. Gv 8,7). Simone, l’onesto fariseo, era convinto di non avere bisogno di perdono, e perciò la prostituta sedette prima di lui nel regno dei cieli (Mt 21,31). Poiché le fu perdonato molto, amò molto e colui che ama è incapace di condanna.

    Scrive san Giovanni Crisostomo: Desideri, dunque, giudicare? Hai la possibilità di emettere un giudizio  molto proficuo e che non comporta alcun castigo: insedia come giudice la tua coscienza e metti in discussione tutti i tuoi peccati. Quindi la strada più breve per riuscire a perdonare gli altri è la coscienza dei propri peccati. Dice il libro del Siracide: Non rimprovererai l’uomo che  si converte dal suo peccato, ricordati che siamo tutti colpevoli (8,5). San Paolo affermava: Cristo Gesù venne al mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono iosono stato un blasfemo, un persecutore e un violento… ma trovai misercordia, la grazia di nostro Signore abbondò in me (1Tm 1,12-26).

    Quanto invece ci risulta difficile dire: Io ho sbagliato, Io sono peccatore! Siamo portati  al contrario alla superficialità, alla leggerezza delle accuse, al cercare comunque attenuanti per noi e aggravanti per gli altri. Difensori per noi, severi accusatori per gli altri. Miopi nel vedere la trave nel nostro occhio, acutissimi nello scorgere la pagliuzza nell’occhio del fratello: Come puoi guardare la pagliuzza che c’è nell’occhio del tuo fratello e non vedere la trave che c’è nel tuo? Come puoi dire al tuo fratello: Lascia che ti tolga la pagliuzza dall’occhio” avendo nel tuo una trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio; solo allora potrai vedere abbastanza per togliere la pagliuzza dall’occhio del fratello (Mt 7,3-5).

    Un’altra chiara parabola in questo direzione è quella della preghiera del fariseo e del pubblicano nel tempio. Il pubblicano ha una coscienza così viva del proprio peccato che non ha il tempo per giudicare o condannare il fariseo. (cfr. Lc 8,9-13).

    Avviarsi sulla strada del perdono significa riconoscere che “sono come gli altri uomini”. In me esistono gli stessi germi di peccato che esistono negli altri: la stessa violenza, le stesse ambizioni, le stesse debolezze, la stessa indifferenza, la stessa possessività,la stessa prepotenza… “Chiunque tu sia, non hai giustificazione quando giudichi gli altri, poiché, giudicando il tuo prossimo, condanni te stesso che fai le stesse cose che giudichi” (Rm 2,1). I semi del male sono anche in me, e se si verificassero condizioni adatte, mi porterebbero forse a peggiori delitti. J. Vanier scrive: Sono stato invitato a trascorrere una serata al”Club 21”,  il club degli uomini condannati per assassinio a pene di vent’anni in su. Molti di loro mi hanno palato di quello che era successo. Mi sono reso conto che se fossi nato in un’altra famiglia, se avessi ricevuto un’altra educazione e mi fossi trovato nelle medesime circostanze, forse avrei agito anch’io come loro. Quegli uomini erano là, in un mondo che non conosce la tenerezza, un mondo che spinge all’angoscia e alla violenza, delimitato da un alto muro. Da una parte i condannati e dall’altra i giusti, che spesso giudicano severamente gli uomini che sono in carcere (Ogni uomo è una storia sacra).

    Quando incolpiamo l’altro di un peccato “grave”, bisognerebbe interrogarsi su fino a che punto questo è stato possibile a causa dei miei tanto ripetuti “piccoli” peccati. Quanto è difficile infatti incontrare persone in grado di chiedere perdono all’altro dopo aver riconosciuto la propria parte di colpa. E quanto più si è certi di essere a posto, di aver ragione tanto più c’è da sospettare che siano scattati in noi meccanismi di autodifesa. Ciascuno vede la stessa cosa da un’angolatura diversa, nella certezza che la sua è quella migliore (un po’ come la tazza del brodo della priora!).

    Non pensare ora all’altro: Quell’uomo sei tu! (2Sam 12,7). Mi riconosco nei panni del figliol prodigo? Accolgo in tutta la sua tremenda verità il fatto che Cristo sia morto per i miei peccati? Siamo invece spesso convinti che i nostri peccati siano quelle “quattro sciocchezze” bisbigliate al confessionale. Niente da meravigliarsi che la parola di Dio non venga ad essere pienamente accolta e vissuta: perdonare come noi siamo stati perdonati.

    E’ lo Spirito che convince il mondo di peccato (Gv 16,8). Il convincimento oggettivo dei miei peccati e della necessità di essere perdonati è frutto della grazia, è una rivelazione divina che viene fatta solo ed esclusivamente a coloro che contemplano la croce di Gesù e non cessano di ripetersi: Mi ha amato e ha dato se stesso per me (Gal 2,20); dove si moltiplicò il peccato, sovrabbondò la grazia (Rm 5,20).

    SCHEDA  DI  LAVORO

    Leggi e medita Mt 18,21-25. Sento e sperimento in me il bisogno di ricevere il perdono? Ho cscienza del mio peccato? Del mio essere “come gli altri uomini”?

    Come vivo la compassione per l’altro e per il suo peccato? Mi sento portato più a condannare, a giudicare?

    Chiedo allo Spirito di convincermi sempre più del mio peccato (cf Gv 16,8).  Questa mia preghiera la compio dinanzi alla croce rivelazione del peccato e della misericordia del Padre per me e l’umanità intera.

     

     

     

     

     

    Posted by attilio @ 15:44

Leave a Comment

Please note: Comment moderation is enabled and may delay your comment. There is no need to resubmit your comment.