“DEVI METTERTI IN CAMMINO OGGI… NON DOMANI”
di p. Attilio Franco Fabris
La storia è il luogo in cui sei chiamato deciderti: davanti a te sono poste le due vie: la vita e la morte, ovvero l’obbedienza e la disobbedienza ai comandi di Dio. E tempus fugit era scritto spesso sulle meridiane o orologi di conventi e monasteri.
Ricorda che il cammino della tua storia è il luogo in cui Dio si manifesta, è il luogo in cui egli vuole incontrarsi con te. Anche Gesù con te si fa viandante e pellegrino come sulla strada verso Emmaus. Questo cammino è l’unica l’opportunità che ti è data per vivere l’obbedienza della fede e la sequela. Questo cammino accolto nella sua realtà di gioia, e sofferenza, di conflitti, di progressi e regressi, di fatiche ed entusiasmi…
Questa storia (non un’altra), questa stessa storia, diviene la tua storia di salvezza, non tanto in virtù di quanto accade o di ciò che riesci a realizzare, ma in quanto in essa Dio ti chiama continuamente a essere in comunione con lui per la realizzazione del suo Regno che è la tua meta finale, la Città Santa verso la quale stai camminando come pellegrino.
Abbi la certezza che, per grazia di Dio, sulla strada del regno sei già sin d’ora e la stai percorrendo nella misura in cui i comandi del Signore sono il tuo sentiero, la tua vita e il tuo cammino.
Questa tua storia è il Kairòs, il tempo propizio per la tua conversione, è un tempo di grazia. Tempo che dà senso e valore a Kronos che senza kairòs sarebbe tempo vuoto, destinato al nulla, alla morte: “Ecco ora il momento favorevole (kairòs) ecco ora il giorno della salvezza” (2 Cor 6,2). Questo è un giorno che non si ripeterà mai più.
Ogni giorno è un oggi che ti si apre dinanzi, completamente nuovo, aperto alla tua libertà, al tuo cammino interiore. Un oggi che deve essere accolto così come è, come ti si presenta; e non rifiutarlo perché ti si presenta diversamente da ciò che ti saresti aspettato che fosse. Se non accetti questo reale punto di partenza ricorda che in te non si attuerà nessun cammino perché continuerai a sognare la vita invece di viverla.
Accogliere il presente significa accogliere il reale e rifiutare l’inesistente. A Dio puoi arrivare solo attraverso questa realtà e non un’altra immaginaria. Solo questo atteggiamento di accoglienza e accettazione ti permetterà di poter cambiare qualcosa nel futuro della tua vita.
Ricorda perciò un buon criterio di discernimento per la tua vita spirituale: tutto ciò che ti allontana e distoglie dal quotidiano ti distoglie e ti allontana dal cammino verso Dio.
Se prendi seriamente atto di questo allora capirai che dovrai:
1. saper cogliere l’oggi di Dio, quest’oggi. Impara ad essere perciò duttile, semplice, contemplativo verso tutto ciò che ti è dato in questo momento. Fai obbedienza alla parola che “oggi” risuona sul tuo cammino nel deserto verso la terra promessa: “Oggi, se udite la voce del Signore, non indurite i vostri cuori” ( (Sl 95,7).
Ricorda che l’oggi si è fatto breve: “Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura quest’oggi, perché nessuno di voi si indurisca sedotto dal peccato” (Ebr 3,13).
E’ il Signore che nella sua misericordia ti offre un nuovo oggi: “Egli fissa di nuovo un giorno, oggi, dicendo a Davide dopo tanto tempo: Oggi se udite la sua voce..” (Ebr 4,7).
Cosa comporta cogliere l’oggi di Dio? Significa imparare a discernere, giudicare il tempo, gettando la maschera ipocrita di chi sa giudicare il tempo ma non il proprio tempo (Cf Lc 12,56).
2. saper accogliere il tempo come l’oggi dell’incontro di Gesù con te, con la tua realtà di peccato, limite e mancanza. Per te Gesù ripete, come un giorno a Zaccheo: “Scendi subito, oggi devo fermarmi a casa tua… Oggi la salvezza è entrata in questa casa” (Lc 19,9). Ogni giorno fai esperienza della tua realtà di peccatore, che ti blocca e ti arresta ai bordi della strada (cf il cieco di Gerico), e ogni giorno hai bisogno di incontrare Gesù che passa, stende la mano e tichiama, affinché tu possa riprendere il cammino dietro lui.
3. saper vivere la tua esperienza di vita di cristiana, di discepolo, come un continuo oggi, un continuo peregrinare: l’oggi dell’ascolto della Parola, l’oggi della conversione, l’oggi dell’accoglienza della grazia.
E’ sempre oggi. Il passato non c’è più: ne puoi fare solo memoria, il futuro non esiste, è affidato alla speranza. A te rimane solo il presente e la preghiera: “Per tutto ciò che è stato grazie, per tutto ciò che sarà sì”.
Potrai forse chiederti come allora rapportarti con il tuo passato e il tuo futuro se tutto si gioca sull’oggi.
Verso il tuo passato conserva una “grata memoria”. Non è facile rimpossessarsi del proprio passato: equivale a guardarlo nei suoi aspetti positivi e negativi, di gioia e di dolore: “Si deve desiderare che tutto ciò che è avvenuto sia avvenuto, e null’altro. Non perché ciò che è avvenuto è un bene a nostro modo di vedere, ma perché Dio lo ha permesso e perché l’obbedienza degli eventi a Dio è in sé un bene assoluto” (S.Weil, Attesa di Dio). Un guardare senza giudicare, con amore e riconoscenza, nella capacità di “lasciare andare”. Si tratta di un guardare privo dell’avidità di possedere, trattenere gioie o rimpianti; in una sinfonia non posso trattenere una nota all’infinito, rovinerebbe tutto il brano.
Farai grata memoria in modo particolare degli interventi di Dio nel tuo cammino già percorso: “Se il Signore non fosse stato con noi, lo dica Israele, se il Signore non fosse stato con noi…” (Sl); “Ricordati di tutto il cammino che il Signore Dio tuo ti ha fatto fare in questi quarant’anni nel deserto per metterti alla prova” (Dt 8,2).
Il tuo cammino passato riletto alla luce del “memoriale” diviene occasione di una Lectio divina in cui lo Spirito ti illumina per scoprire in quali molteplici modi la grazia sovrabbondante di Dio si è riversata su di te.
Il passato, collegandosi direttamente con l’oggi in una linea di continuità che ispira fiducia e speranza (Si è forse accorciato il braccio del Signore?”), si trasforma in luogo di rivelazione di Dio. Attraverso questa memoria puoi trarre energie per la tua crescita. Scriveva Teresa di L.: “Mi trovo a un’epoca dalla mia esistenza in cui posso gettare uno sguardo sul passato: l’anima mia si è maturata nel crogiolo delle prove esteriori ed interiori; adesso come il fiore fortificato dall’acquazzone rialzo la testa e vedo che in me si realizzano le parole del salmo 22: Il Signore è il mio pastore, nulla mi mancherà”.
Apriti al tuo futuro come occasione che ti è data di crescita di avanzamento: “L’uomo non può realmente esistere se non ha un punto fisso nel futuro verso cui volgersi. Il suo presente, nella sua interezza, riceve forma da questa meta prefissa; vi si dirige, come la limatura di ferro viene attratta da una calamita. Se l’uomo perde il suo futuro, la vita stessa si dissolve nella sua struttura” (V. Frankl).
Ogni incontro con Dio ti apre orizzonti nuovi, egli ti pone dinanzi una promessa che deve essere accolta nella fede. Egli ti offre anche una missione da compiere.
Ogni meta su questa terra non si rivela che una sosta per un ulteriore cammino. Un arrivo è sempre un nuovo punto di partenza. Devo lasciare per trovare, perdere per salvare: “Non abbiamo quaggiù una città stabile ma cerchiamo quella futura” (Ebr 13,14). Sei viandante e straniero proteso alla meta e alla patria: “I cristiani risiedono ognuno nella propria patria, ma come stranieri ospitati… ogni terra straniera è la loro patria e ogni patria è per loro una terra straniera” (A Diogneto). I padri del deserto parleranno della virtù della xenetheia.
Il futuro cristiano si alimenta della virtù della speranza. Egli è certo che Dio gli verrà sempre incontro facendo “nuove tutte le cose”, aprendo strade non ancora percorse, facendo nascere ciò che non è ancora. Vivi nella certezza che tutta la creazione è continuamente attratta verso il futuro della glorificazione nel Risorto quando Dio sarà tutto in tutti.
Il Tempo accolto come dono
Il tuo cammino, il tuo tempo, è nelle mani di Dio. Lui l’ha voluto nell’istante della creazione, nel primo istante del tuo concepimento. E’ lui che te lo dona istante per istante. Ricorda che il tempo non ti appartiene.
Dì col salmista: “Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore” (Sl 90,12).
E’ solo accogliendo e vivendo il tempo che ti è dato come dono che si impara la vera sapienza.
Questo atteggiamento sapienziale diviene criterio di discernimento: impari a distinguere le varie realtà, le ultime dalle penultime, le essenziali dalle emarginali. Impari a porre in giusta scala i valori presenti nella tua vita.
Chi infatti vive alienato dalla coscienza della propria temporalità non giungerà mai ad una lettura sapienziale della sua vita.
Accogliendo il tempo come dono imparerai soprattutto a non essere più né suo schiavo né suo idolatra: anche il tempo sarà ridimensionato e collocato nella sua giusta prospettiva.