LA LAVANDA DEI PIEDI: “IO VI HO DATO L’ESEMPIO…”
Dal Vangelo di Giovanni: 13, 1-17
a cura di p. Attilio Franco Fabris
1 Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. 2 Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, 3 Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4 si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. 5 Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto. 6 Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7 Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo». 8 Gli disse Simon Pietro: «Non mi laverai mai i piedi!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9 Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!». 10 Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti». 11 Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete mondi». 12 Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto? 13 Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. 14 Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. 15 Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. 16 In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. 17 Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica.
I gesti compiuti da Gesù durante l’ultima cena esprimono la pienezza di un amore senza riserve: “Li amò sino alla fine…”. Cioè fino alla perfezione, sino al compimento, oppure fino alla fine della vita, sino alla morte. Fine: telo; in greco sembra formare un’inclusione con l’ultima parola di Gesù in croce: Tutto è compiuto – tetélestai.(19,30) con la quale Gesù esprime il compimento dell’opera affidatagli dal Padre per la salvezza del mondo.
I discepoli ormai sono i “suoi”: l’adesione ormai è sincera, seppur in mezzo a molti tentennamenti ed incertezze. Ma una cosa è certa: essi hanno lasciato tutto per seguire il loro Maestro e Signore….
C’è una vita con lui, educata da lui con le parole e l’esempio. C’è una quotidianità con lui, uno stare insieme (“perché stessero con lui” – “Maestro dove abiti? Venite e vedete!”)… Si è intuito da parte dei discepoli che egli è il Messia, tuttavia… non si è andati ancora sino alla fine….
In questo momento, in quest’ultima tappa della vita terrena di Gesù, si esige un salto di qualità: da una vita ricevuta si passa ad una vita donata. C’è da diventare come lui: la beatitudine è oltre la sequela. E’ nella conformazione: non solo servi ma amici. Non solo esecutori ma imitatori. Non solo con lui, ma come lui.
Gesù dona se stesso nell’ultima cena ai suoi nel segno del pane spezzato e del vino versato. Corpo spezzato in sacrificio, sangue versato per la remissione dei peccati.
Consegna se stesso ai suoi ma perché anch’essi siano consegnati al mondo. Consacro me stesso perché siano anch’essi consacrati nella verità. “Io vi ho dato l’esempio perché come ho fatto io così facciate anche voi”.
Una vita così intesa assume significati così profondi che il mondo potrà solo ammirare: non capire “Sarete beati…”. Ammirando e ascoltando, solo allora, se vorrà, l’uomo sperimenterà che cosa succede a fare della propria vita un dono. Allora e solo allora, nella beatitudine che ne deriva, gli uomini capiranno…
Ma Gesù deve cominciare con i suoi. Da seguaci li rende comprotagonisti. “Io nel Padre e voi in me…”-
Il tutto è avvolto nella testimonianza di dono, di servizio. Gesù si cinge con l’asciugatoio. Il contesto è sacerdotale e questo è l’unico abito liturgico indossato da Gesù. Egli compie un gesto profetico. Per sé la lavanda dei piedi era gesto abituale all’inizio dei pasti ma non durante. Un servizio tanto umile che era demandato agli schiavi non ebrei. E’ facile immaginare lo sconcerto provocato dai discepoli.
L’eucaristia scaturisce dalla diakonia e fa sgorgare la diakonia.
Servi gli uni degli altri.
Popolo regale e profetico, Signori e Maestri, si diventa se l’essere popolo sacerdotale comporta il cingersi con un grembiule per servire… “Per voi e per tutti…”
Il gesto profetico di Gesù diventa autentica scuola di vita per il discepolo
Si apre un orizzonte straordinario di una vita spesa, fatta dono…
E’ questa la premessa per vivere un’autentica esperienza battesimale e vocazionale personale e matura. In qualsiasi chiamata specifica il Signore mi abbia indirizzato, sempre occorrerà vivere questa prospettiva: quella di quel Giovedì santo
CONFRONTANDOMI
C’è un’ultima reazione che mi appartiene. La paura di Pietro a farsi lavare i piedi dal Signore.
Il vivace scambio di battute tra Gesù e Pietro esprime l’incomprensione del gesto misterioso e anche la contrarietà del primo degli apostoli per l’umiliazione del maestro. Pietro rifiutando l’umile azione di Gesù rifiutava senza averne coscienza tutta la sua opera di Messia sofferente che doveva offrire la sua vita per la salvezza del mondo (cfr Mc 8,31-33: “Non sia mai…”).
Pietro ha paura di lasciarsi definitivamente amare, e perciò compromettere.
Ma devo lasciare fare a Gesù se voglio essere da lui trasformato a sua immagine.
Solo accogliendo in maniera docile e radicale il suo gesto d’amore per me imparo a calare la volontà di Dio nella mia vita lì dove sono anzitutto, con quelle determinate persone, in quelle precise situazioni.
La vita di Gesù donatami nel pane e nel vino, nella lavanda dei piedi non si fermano solo a me. “Fate questo in memoria di me… Sarete Beati se lo farete anche voi gli uni agli altri”. L’essere stato chiamato fa di me un inviato.
Una vita nell’Eucaristia. Una vita al servizio. Una vita che diventa eucaristia.
La struttura celebrativa dell’eucaristia diventa la sorgente e la forma del mio itinerario:
prendo coscienza della mia fragilità e del mio peccato
Mi pongo in ascolto della Parola.
L’offerta di me al Padre
Una vita consacrata dallo Spirito in Cristo, per Cristo e con Cristo
Un vita inviata per farsi dono.
DI CONSEGUENZA
Si tratta di fare della mia vita un’eucaristia conformandomi a Cristo nella sua passione.
La celebrazione dell’eucaristia: un punto di arrivo e di partenza.
Il servizio: modalità con cui si attua, atteggiamenti che suscita, motivazioni che lo incrementano. Difficoltà nel viverlo.