• 25 Apr

    Una nuova Alleanza infrangibile

    la legge scritta nel cuore:

    Gr 31, 31-34


    di p. Attilio Franco Fabris

     

    Messaggio centrale

    L’amore di Dio non opera solo un perdono nei confronti dell’uomo peccatore lasciandolo tale e quale ma promette una vera e propria ricreazione del suo stesso cuore.

    Geremia pronuncia questo oracolo al tempo del re Giosia, re esemplare per la sua rettitudine e fede. Era nipote del re Manasse il cui regno fu invece tra i più tragici in Israele, segnato da una grande corruzione religiosa e decadenza morale.

    Quando Giosia sale al trono è solo un bimbetto di otto anni, ma provvidenzialmente cresce ed è educato nel migliore dei modi: appena è in grado di governare egli mette tutto il suo impegno nell’attuare una delle più grandi riforme religiose, politiche e sociali che la storia di Israele ricordi. È evidente che un regno di tal sorta faccia rinascere grandi speranze al disfatto popolo di Israele. Geremia naturalmente approva le riforme del giovane sovrano.

    E’ a questi anni che risalgono i cosiddetti “Oracoli di consolazione” (cc 31-33) ai quali appartiene il brano che mediteremo.

    Al popolo che per lunghi anni ha sopportato grandi ingiustizie e decadenza religiosa e morale Geremia rivolge un invito colmo di speranza:

    Trattieni la voce dal pianto, i tuoi occhi dal versare lacrime, perché c’è una speranza per la tua discendenza: i tuoi figli ritorneranno dal paese nemico (Gr 31,16).

    E’ la buona notizia dell’imminente ritorno degli israeliti che furono deportati a Ninive dagli Assiri nel 722. Dio dunque non si è dimenticato di Israele, gli ridona speranza e futuro.

    Ascoltiamo ora un brano che rappresenta uno dei punti cardini, se non il centrale, di tutto il ministero profetico di Geremia:

    «Ecco verranno giorni – dice il Signore – nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova. Non come l’alleanza che ho conclusa con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d’Egitto, una alleanza che essi hanno violato, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore.(31,31-32)

    Dio denuncia il peccato commesso da Israele che gli ha attirato solo distruzione e morte, esso costituisce il tradimento dell’Alleanza “che essi hanno violato, benché io fossi loro Signore”.

    Dobbiamo riandare per capire quest’espressione all’esodo, immediatamente dopo l’uscita dall’Egitto, quando JHWH “prendendo per mano il suo popolo lo conduce al Sinai dove conclude con esso una solenne Alleanza (Es 24). Questa Alleanza consiste essenzialmente in una promessa da parte di Dio di comunione, condivisione di vita e protezione: “Io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo” (cfr Gr 11,14). La risposta di Israele è immediata ed entusiasta.

    Ma la storia successiva fu un susseguirsi di tradimenti, dimenticanze, di “prostituzioni” ad altre divinità. Israele dimostra una costante e radicale incapacità di obbedienza alla Parola e quindi di fedeltà all’Alleanza del Sinai:

    Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio; ognuno seguì la caparbietà del suo cuore malvagio” (11,8).

    Dio se ne lamenta attraverso le labbra di Geremia:

    il mio popolo ha commesso due iniquità: essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, che non tengono l’acqua” (Gr 2,13).

    Si ripropone perciò il dilemma presentato già da Isaia e Osea: che farà il Signore dinanzi all’irrimediabile tradimento della sua Alleanza? Abbandonerà il suo popolo per sempre oppure gli offrirà una nuova e insperata opportunità? Umanamente la risposta sarebbe solo  di condanna definitiva: ad un male radicale non vi può essere alcuna prospettiva di salvezza!

    A questo punto il ruolo del profeta è essenziale. Dalle labbra di Geremia scaturisce ancora una volta una Buona Notizia insperata: Dio farà una “nuova alleanzaNon come l’alleanza che egli ha conclusa con i nostri padri”. Ma in che consisterà questa “nuova alleanza”? In che cosa sarà nuova e diversa? Ascoltiamo:

    Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato (vv. 33-34)

    Sul monte Sinai Dio aveva “scritto” le “dieci parole” sulla pietra: ma queste “leggi” esterne non avevano in sé la forza per spingere-convincere il cuore dell’uomo. L’obbedienza alla “Legge” pur giusta e santissima è risultata disastrosa. Paolo apostolo leggerà quest’esperienza fallimentare nell’ottica della pedagogia di Dio il quale in tal modo “convince” il cuore dell’uomo ad aprirsi ad una giustizia diversa non più fondata sulle opere della Legge ma sulla fiducia accordata all’amore di Dio: “Infatti in virtù delle opere della legge nessun uomo sarà giustificato davanti a lui, perché per mezzo della legge si ha solo la conoscenza del peccato” (Rm 3,20) e ancora: “Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!” (Rm 11,32).

    E’ per tal motivo che risulta indispensabile una nuova alleanza nella quale all’uomo sia data la possibilità di sperimentare la comunione e l’amicizia con Dio impossibile da raggiungere attraverso le “opere della legge. La diversità della nuova Alleanza non sta nei contenuti ma nel fatto che essa non sarà più “scritta” su tavole di pietra ma direttamente nel cuore dell’uomo: “Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore”. La nuova legge non è più “catapultata” sull’uomo dall’esterno come un insieme di precetti, divieti, ingiunzioni, ma inscritta da Dio stesso nel cuore consisterà essenzialmente in un “dinamismo interiore”, in una spinta interiore. Comprendiamo il significato della promessa di JHWH: “Darò loro un cuore capace di essermi fedele” (24,7; cfr Ez 36,26). A questo punto tutte le norme, i comandi, i divieti e le ingiunzioni diverranno in un certo senso superflui perché  “tutti mi conosceranno più piccolo al più grande.

    Per mettere in atto questa “nuova alleanza” la condizione essenziale è anzitutto un perdono incondizionato da parte di Dio e non qualche merito particolare acquisito dall’uomo: “poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato”. La forma verbale è all’imperfetto: si tratta di un’azione continuata, protratta nel tempo il che sta a dire come l’uomo avrà bisogno di essere sempre perdonato.

    Ma come e quando tutto questo avverrà? Ciò che è prospettato non è forse solo un ideale stupendo ma irrealizzabile? Chi di noi può dire di aver sperimentato in pienezza questo “cuore nuovo” che gli permette di entrare con docilità nella “nuova alleanza” con una fiducia e obbedienza spontanea e gioiosa? L’esperienza ci dice infatti che il più delle volte avvertiamo ancora la “Legge divina” come un peso “di pietra” che ci schiaccia e ci rende ribelli. Ci può venir incontro la parola illuminante dell’apostolo Giovanni:

    Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché un germe divino dimora in lui e non può peccare perché è nato da Dio” (1Gv 3,9).

    La “nuova alleanza”, che è il kerygma della morte e resurrezione di Gesù, è posta nel cuore di ciascuno di noi come un “germe divino” nel momento del nostro battesimo che ci fatto “nascere da Dio” rendendoci figli. È lo Spirito che opera la semina nel cuore di questo germe, ma la sua crescita, che corrisponde a una progressiva iscrizione della Parola-Legge nel nostro cuore  non si opera in un momento. Essa esige un processo lungo e faticoso, un cammino progressivo di apertura e docilità all’ascolto e accoglienza della Parola la quale deve vincere in noi mille resistenze, ribellioni e paure. Nella Chiesa questo cammino si chiama “catecumenato”.

    Per il discepolo c’è una certezza: nel momento stesso nel quale l’uomo si pone nel cammino dell’ascolto della Parola il cambiamento  del cuore diviene un processo inarrestabile: è un seme, un “germe divino” che innesca la crescita nel cuore della “nuova alleanza”.

    Diceva: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga (Mc 4,26-28).

    Per la riflessione

    La Legge  che lo Spirito vuole scrivere, col sangue di Cristo, nel nostro cuore è la legge dell’amore,  che scaturisce dalla buona notizia della morte del Signore Gesù. La pedagogia di Dio a tale scopo offre la sua Parola, il memoriale della nuova alleanza stipulata nel sangue di Cristo sulla croce e sempre ripresentata nell’Eucaristia, l’esperienza di un cuore sempre nuovo rinnovato nel sacramento della riconciliazione…

    Preghiera conclusiva

    Noi ti lodiamo, Padre santo, per la tua grandezza:

    tu hai fatto ogni cosa con sapienza e amore.

    A tua immagine hai formato l’uomo,

    alle sue mani operose hai affidato l’universo

    perché nell’obbedienza a te, suo creatore,

    esercitasse il dominio su tutto il creato.

    E quando, per la disobbedienza,

    l’uomo perse la tua amicizia,

    tu non l’hai abbandonato in potere della morte,

    ma nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro,

    perché coloro che ti cercano ti possano trovare.

    Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza,

    e per mezzo dei profeti

    hai insegnato a sperare nella salvezza.

    Padre santo, hai tanto amato il mondo

    Da mandare a noi, nella pienezza dei tempi,

    il tuo unico Figlio come salvatore.

    Egli si è fatto uomo per opera dello Spirito santo

    Ed è nato dalla Vergine Maria:

    ha condiviso in tutto, eccetto il peccato,

    la nostra condizione umana.

    Ai poveri annunziò il vangelo di salvezza,

    la libertà ai prigionieri, agli afflitti la gioia.

    Per attuare il tuo disegno di redenzione

    Si consegnò volontariamente alla morte,

    e risorgendo distrusse la morte e rinnovò la vita.

    E perché non viviamo più per noi stessi

    ma per lui che è morto e risorto per noi,

    ha mandato, o Padre, lo Spirito santo,

    primo dono ai credenti,

    a perfezionare la sua opera nel mondo

    e compiere ogni santificazione. (Dalla Liturgia)

    Posted by attilio @ 19:21

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