L’incontro vivo con Gesù vivo
L’emmoroissa: Mc 5,21-34
PRESENTAZIONE
L’incontro con il Vangelo è sempre un incontro con una Parola raccontata, trasmessa, vissuta. Questa Parola è una persona: Gesù Cristo.
Don Paolo[1], con un’espressione intuitiva e sintetica, ma densa di significato, diceva che l’incontro con il Vangelo è “Incontro vivo con Gesù vivo”.
L’accostarmi al Vangelo diventa così un incontro vivo, personale con Gesù, persona viva. Un incontro che mi prende e coinvolge tutta la mia persona. Un incontro che diventa vita ed esperienza.
Diceva ancora don Paolo: “Dal momento che Dio si è fatto Uomo, niente mi interessa di tutto il resto. Mi voglio incontrare con quest’Uomo. Gli voglio parlare. Lo voglio ascoltare”.
È l’inizio di un’avventura, di cui sai il principio, e che arriva dove il Signore ti vuole condurre, se ti fidi di Lui.
Senti il bisogno di conoscerLo a fondo, di studiare la Sua meravigliosa personalità; e il Vangelo studiato, scrutato, amato, diventa l’occupazione più deliziosa; e Gesù ti sorge sempre più vivo al fianco, sempre più conosciuto, sempre più sperimentato, sempre più familiare.
E nasce il colloquio incessante con Lui. E Lui dentro cresce…
Don Paolo aggiungeva: “…e ti brucia sempre più con il Suo amore, e ti fa sentire l’amore infinito del Padre che ti ha dato tutto, che ti dona tutto, che ti aspetta a casa”.
L’incontro vivo con Gesù vivo è un’esperienza ed è il punto di partenza del “Movimento Fac”. Per il Fac, il fare è il traboccare dell’interiorità: il mistero di Cristo dentro di noi incontrato e amato, che diventa vita.
L’incontro vivo con Gesù vivo punta al cuore, all’essenza dell’esperienza cristiana: l’incontro con Gesù salvatore nella Chiesa e nella storia. Richiede quindi alcuni atteggiamenti di fondo: immersione nella fede, silenzio interiore, umiltà.
Nella prima parte del fascicolo sono riportate alcune indicazioni che don Paolo ci ha lasciato, le quali costituiscono un metodo, ormai collaudato dall’esperienza di molte persone, per giungere all’incontro vivo con Gesù vivo.
Nelle pagine che seguono è riportato un “incontro vivo” fatto da don Paolo. Avvicinarsi direttamente attraverso le sue parole è il modo migliore per cogliere la sua intuizione e la sua passione per Gesù, Dio fatto uomo.
È un’esperienza diretta, da provare.
COME LEGGERE IL VANGELO
“L’incontro vivo con Gesù vivo nel Vangelo” è una nota caratteristica dei Corsi Fac, momento privilegiato all’inizio di ogni giornata.
Il metodo è semplice, ma profondo. Suggerito da Don Paolo, è stato ed è per tanti una via di luce per attuare il proprio incontro personale con il Dio fatto Uomo.
Il Vangelo si legge (o si ascolta) portandosi con tutto il proprio essere davanti a Gesù vivo che parla.
Bisogna uscire dalle piccole strettoie tempo-spazio per portarsi lì, tra la folla che è attorno a Gesù.
E questo bisogna farlo lasciandosi attirare dal Padre. “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre …” (Gv 6,44).
È allora, e solo allora, che si compie il grande prodigio: l’incontro di te vivo con Gesù vivo.
Chiudi un momento gli occhi e contempla con la mente questa realtà.
Ecco Gesù. È seduto e parla alle folle. Sono giudei, samaritani, galilei.
Ma osserva attentamente, guarda!
Tutti questi sono come in prima fila. Dietro a loro, in seconda fila, stanno gli uomini della generazione seguente, e nella terza fila quelli della generazione appresso; poi via via altre generazioni… fino alla tua.
Gesù parla a tutti, a ciascuno.
Al centro della storia, attende che tu giunga finalmente a Lui.
I CINQUE GRADI DI CONOSCENZA DEL VANGELO
Questo modo di avvicinare il Vangelo passa per cinque diversi gradi di conoscenza.
1 – Conoscenza “orizzontale” o “in superficie”.
Si afferra il senso del brano evangelico, ci si rende conto di ciò che realmente Gesù intende dire; di ciò che questo o quel fatto significano.
Questa prima conoscenza la potremmo raffigurare in colui che, trovandosi ad ascoltare in una delle più lontane file, si alza in punta di piedi, tende bene l’orecchio, segue il discorso attentamente e capisce.
2 – Conoscenza “verticale” o “in profondità”.
E’ quella che, oltre al senso generale del testo, permette di afferrarne l’anima e di scendere in profondità.
Qui chi legge ne scruta attentamente le divine ricchezze. Ne ricerca le connessioni con le pagine che precedono e che seguono; le relazioni dei fatti con l’ambiente, i costumi, e le persone. Si tratta in pratica di studio che può essere sempre più profondo, attraverso testi con note accurate, commenti, monografie.
Questa seconda conoscenza la potremmo raffigurare in colui che, dopo essersi alzato in punta di piedi per ben intendere Gesù, viene portato dalla intensità della sua attenzione a spostarsi lentamente dalle più lontane file, fino a sedersi nella prima fila, ai piedi del Maestro.
Questi primi due gradi di conoscenza del Vangelo distano però dal terzo grado, e dai seguenti, quanto la terra dal cielo.
Sono due gradi di studio: il primo per capire; il secondo per approfondire. Ma in nessuno di essi si ha l’autentico incontro vivo con Gesù vivo.
Questo avviene nel terzo grado, e nei due seguenti.
3 – Conoscenza “personale”.
La persona, percorso il primo e secondo grado della conoscenza del Vangelo, si trova come faccia a faccia con Gesù.
E’ qui che ha il primo brivido dell’incontro col Figlio di Dio.
Quasi senza avvedersene, venutasi a sedere (sempre attratta dal Padre) in prima fila davanti a Gesù, ad un certo momento si trova sola con Lui.
Sì, sola, perché in quel momento l’anima s’incontra con la realtà di Gesù che parlando, dicendo il suo Vangelo a tutti, lo vuole dire a ciascuno.
L’anima è sola con Lui: faccia a faccia, respiro a respiro.
Gesù parla: sono le stesse identiche parole di prima, quelle scritte su quella pagina, già studiate a fondo, con quel preciso senso… ma ora applicate da Lui a me.
L’incontro vivo e vitale è avvenuto.
Gesù mi guarda e parla, è Lui che dice quella pagina di Vangelo a me, per me, per i miei bisogni.
E Lui mi conosce tutto: presente, passato, futuro. Lui mi esaurisce con la sua conoscenza, perché mi ha fatto, anzi mi fa continuamente, mi sostiene, mi conduce misteriosamente.
Allora Gesù parla a lungo, e dice cose misteriose, ed applica quelle cose divine a me, per i miei bisogni vivi, brucianti.
Gesù che parla è realmente dentro… perché in me, vivo di vita divina, c’è il Padre, e il Figlio, e lo Spirito Santo.
……
È così che il Vangelo diventa mia vita.
È da questa terza conoscenza coltivata con costanza e con amore che nasce l’’amicizia intima personale con Gesù, l’Uomo più vivo, l’Amico senza del quale non si può vivere.
È qui che scocca il “Sì” dell’anima e diventa sempre più profondo, sempre più intenso, sempre più frequente, sempre più caldo fino a diventare respiro, vita…
E’ proprio qui, in questa conoscenza personale, che si inizia quella che noi chiamiamo, perdonatemi l’espressione insolita, la “malattia di Gesù”: malattia grave che non perdona.
Mentre Lui dentro, cresce, cresce sempre più, fino ad occupare tutto: è il punto in cui l’anima sente la verità gioiosa del “Per me… il vivere è Cristo …” (Fil 1, 21); “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
È in questa terza conoscenza che l’anima si può perdere in un solo versetto di Vangelo e rimanere a lungo, anche per ore, a colloquio con il suo Amico, con il suo Tutto.
E questo terzo grado di conoscenza è di natura sua strettamente unito al quarto, è fatto per il quarto.
4 – Conoscenza “vitale”.
È la conoscenza che viene dal Vangelo tradotto nella propria vita, accolto in sé.
Spieghiamoci con un esempio. Un chimico, di un bicchiere d’acqua vi dirà tante cose. Vi darà la formula dell’acqua: H2O; vi parlerà delle sue proprietà, dei suoi contenuti organici e inorganici, ecc.
Ma se avendo sete berrà quell’acqua, ne avrà una cognizione nuova, “vitale”; conoscerà la preziosità provvidenziale di quel liquido. Sperimenterà in sé benefici: alcuni avvertiti, altri meno, ma che sente vanno a giocare tra le componenti della propria vita e del proprio benessere.
Così è di colui che, dopo essere passato per la prima, seconda e terza conoscenza di una pagina di Vangelo, si decide a tradurla nella propria vita.
5 – Conoscenza “vitale totale, o integrale”.
Mentre la conoscenza personale e la vitale approfondiscono ed intensificano il loro ritmo, proprio per natura loro, portano alla grande, gioiosa, luminosissima scoperta del Cristo Totale: il mistero del Corpo Mistico.
Così la persona si trova davanti al Gesù tutto intero, in cui sono presenti tutti i fratelli di tutti i tempi con tutti i loro bisogni, fusi nell’unità della reale persona mistica di Gesù, con i quali e per i quali noi operiamo, soffriamo, gioiamo. Usciamo allora da un quadro troppo ristretto, ancora egoistico ed iniziale: Lui-io, per entrare nel quadro dell’incontro col Cristo Totale: Lui capo, Lui corpo e io.
Giunta a questo punto la persona ad imitazione di Gesù, è tutta tesa verso i fratelli, totalmente donata agli altri.
… Per la redenzione di tutti.
Ha allora la conoscenza più piena che di Gesù si possa avere quaggiù.
È questa cognizione che fa i Santi.
I Santi sono appunto coloro che hanno accolto Gesù nel modo più pieno, eroico, perfetto. In una parola “più dinamico”.
Sono così diventati Vangelo vivo. Gesù vivo che passa attraverso il mondo di oggi. Ecco perché il mondo si commuove e crede. Essi sono Gesù che passa, ora, tra noi.
Perché è di Gesù solo che ha bisogno il mondo. Gesù solo è il Salvatore.
Chi accetta il Vangelo e lo rende vita, converte il mondo, perché in lui pesa e opera Gesù vivo.
E questa realtà opera sempre, e tanto più quanto più l’accettazione è profonda, piena, eroica.
LA SIGNORA BERENICE S’INCONTRÒ CON GESÙ
“Essendo passato di nuovo Gesù all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale vedutolo, gli si gettò ai piedi e lo pregava con insistenza: “La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva”. Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”. E all’istante le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male. Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: “Chi mi ha toccato il mantello?”. I discepoli gli dissero: “Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?”. Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Gesù rispose: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”.” (Mc 5,21-34)
Preghiamo!
“Vieni, o Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli, e accendi in essi il fuoco del tuo amore…”
E rivolgiamoci alla nostra celeste Mamma e invochiamola perché ci venga in aiuto. “Ave, o Maria…”
Prima conoscenza di questa pagina di Vangelo: conoscenza “orizzontale”.
Entriamo anche noi in mezzo alla folla che sta aspettando Gesù.
Dimentichiamo per un momento il nostro ambiente, le nostre cose, i nostri affari, e tuffiamoci nella luce viva della fede, per incontrarci vitalmente con Gesù.
Leggiamo adagio, e con pace.
Seguiamo attentamente il fatto per capire.
Ricordiamoci ben bene di rimanere in mezzo alla folla, tuffati in fede viva.
Seconda conoscenza, e cioè in profondità.
Riprendiamo il brano di Vangelo. Scrutiamolo. Per prima cosa, inquadriamo il fatto.
Gesù, qualche giorno prima, aveva attraversato il lago (e fu proprio in questa circostanza che accadde il grande miracolo della tempesta sedata). Da Cafarnao, giunse presso Kursi, nel paese dei Geraseni.
Qui era avvenuta la guarigione dell’indemoniato di Gerasa. Il miracolo, veramente drammatico, è narrato dai tre evangelisti Matteo, Marco e Luca, con particolari ricchi ed interessanti.
Da Gerasa, Gesù, riattraversando il lago, puntò nuovamente su Cafarnao dove capitarono i fatti che noi mediteremo.
Ed ora approfondiamo.
“Essendo passato di nuovo Gesù in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare” (Mc 5,21).
Non vi saprei dire quanti giorni sia stato assente Gesù da Cafarnao, forse solo un paio di giorni, ma, per quella gente, quei giorni erano sembrati interminabili.
La folla però era rimasta ad aspettare sulla riva: “Al suo ritorno, Gesù fu accolto dalla folla, poiché tutti erano in attesa di lui” (Lc 8,40).
Vieni, giriamo anche noi tra questa folla e osserviamo attentamente. La gran massa è composta di gente del popolo, assetata della divina parola di Gesù. Ci sono gli entusiasti guariti dal Maestro da varie malattie; attorno ad essi i loro parenti; poi i curiosi che mai finiscono di fare domande. Poi… gruppi di magnati: dottori, scribi, … gente dallo sguardo altero, racchiusi nei propri ricchi mantelli e sempre un po’ in disparte.
E poi gente e gente, di tutte le età, classi e condizioni.
Tutti aspettano Gesù.
Tra tutti però, due persone, in modo tutto particolare, aspettano il Maestro: la signora Berenice[2] e… Mons. Giairo (perdonate se lo chiamo Monsignore: ma era il capo religioso della città).
La signora Berenice era ammalata, e per di più di una malattia che, a quei tempi, rendeva legalmente impuri
Poverina, da ben dodici anni soffriva di noiose e dolorose perdite di sangue.
Aveva tentato tutto il tentabile per guarire; aveva consultato tutte le celebrità del tempo, ma invece di stare meglio era andata sempre peggiorando, e ormai aveva quasi dato fondo a tutte le sue sostanze.
Ed ora lasciate che vi ricostruisca al vivo ciò che dovette essere capitato a questa signora nei giorni immediatamente antecedenti a quello in cui si confuse tra la folla che attendeva Gesù.
Capitò così, o pressappoco, o anche meglio di così.
Ammalata, (…si sa, tutti i malati fanno così!) non appena trovava una persona dal cuore compassionevole, si apriva in confidenze e raccontava tutti i suoi malanni: come si era ammalata, le cure fatte, le celebrità consultate, i miglioramenti, i peggioramenti, le speranze, le delusioni. Ed ora speranze non ne aveva proprio più…
Ma un giorno Berenice sentì una notizia sorprendente che le diede un violento tuffo al cuore. Ciò che aveva saputo era meraviglioso, quasi incredibile.
Stava dunque un giorno raccontando i suoi malanni… a chi?
Questo non ve lo saprei proprio dire davvero, ma a qualcuno sì. A qualcuno che ai suoi lamenti e alla sua desolata sfiducia aveva contrapposto improvvisamente una speranza luminosissima, tanto luminosa da sembrarle assoluta certezza.
Immagino questo dialogo.
“Signora, ricorra anche lei al Rabbi! ”
“Al Rabbi? E chi è questo Rabbi?”
“Rabbi Jehoshuà di Nazareth! ”
“Un medico?”
“E che medico!! ”
E l’interlocutore a narrare…
Erano guarigioni…, miracoli…; poi la descrizione della bontà del Maestro, poi le sue parole tanto dolci e misericordiose, poi: “Pensi, è solo qualche mese che non molto distante da qui, a Nain, il Rabbi risuscitò perfino un giovanetto che veniva portato alla sepoltura! Dicono poi che guarisce tutti, tutti. Non si sa di nessuno che gli abbia chiesto di guarire e non l’abbia guarito!”
Berenice se ne stava ad ascoltare col fiato sospeso, gli occhi sbarrati. Non perdeva una sillaba, un particolare.
Cominciò quindi a fare domande e domande. Un vero fuoco di fila. “E dov’è?” – “E come si può parlargli?” – “E ascolta tutti?”
Intanto nel cuore della poveretta la speranza, accesasi di colpo al primo racconto, si era andata dilatando, irrobustendo, fino a diventare assoluta certezza.
Gesù! Ecco il nome che per Berenice era ormai diventato l’ancora della salvezza.
E venne il giorno in cui corse voce che il Rabbi di Nazareth stava per giungere in città, e gran folla si era riversata verso la spiaggia.
Berenice, superando le mille sue perplessità (era donna, e donna ammalata… di quel male…) si immerse tra la folla che correva, giunse alla spiaggia e attese.
Attese a lungo la grande venuta, fermissimamente decisa a porre in atto un piano lungamente meditato.
…..
Intanto in un altro punto della città, in una casa signorile, una bimba di dodici anni stava agonizzando. Era la figlia unica di Giairo, il responsabile della Sinagoga di Cafarnao.
Lasciamo per un istante la nostra Berenice ed entriamo in punta di piedi in questa stanzetta. Le finestre sono socchiuse, è gran silenzio, si ode solo il lieve rantolo della piccola ormai morente. Di tanto in tanto scoppi di pianto, poi invocazioni, sospiri… è la mamma! Il padre non c’è.
Più volte da quella casa gruppi di parenti e amici erano partiti in cerca affannosa di Gesù, ma nessuno era stato capace di rintracciarlo; ora era partito il padre in persona con alcuni servi.
Mentre la nostra Berenice, da ore, attendeva sulla spiaggia, Giairo girava affannosamente cercando Colui che solo poteva fare il miracolo.
“Dov’è il Rabbi?” domandava di tanto in tanto ai passanti.
“Di là dal lago! Così dicono.” “Tre giorni fa era alla spiaggia!” erano le risposte.
“Sapete dove si trova il Rabbi di Nazareth?” domandò ad un certo punto a della gente che correva verso l’imbarcadero.
“Corriamo anche noi al lago. Dicono che sia arrivato da Gerasa!” gli fu risposto.
Giairo, di corsa, infilò la via del porto, deciso a tutto per portare il taumaturgo Maestro dalla sua piccola che stava morendo.
Gesù era veramente arrivato da poco, ma già era stato circondato da gran folla che lo stringeva da ogni lato.
Camminando alquanto lungo la riva del lago, era giunto ad un piccolo rialzo, e qui, seduto, aveva incominciato a parlare.
“Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale vedutolo, gli si gettò ai piedi e lo pregava con insistenza : “La mia figlioletta è agli estremi; vieni ad imporle le mani perché sia guarita e viva” ” (Mc 5,22-23).
“Largo, largo!” fa qualcuno. Ed ecco Giairo si butta ai piedi di Gesù e scoppia in dirotto pianto. La folla ammutolisce; si fa gran silenzio. Poi il pover’uomo, alzando il viso solcato di lacrime verso il Maestro, lo supplica, con frasi tronche, “ di venire! ”.
La sua piccola, di dodici anni, l’unica, stava morendo.
Sono presente a questa scena straziante, vi partecipo vivamente.
Il pianto di un uomo… la compassione più profonda dipinta su tutti i volti… il rispetto del popolo per quel maestro venerato…
Ma io guardo Gesù.
Ecco, lo vedo subito alzarsi, sollevare affettuosamente da terra quel poveretto, e: “Vengo!”
La folla si muove, lentamente punta verso una di quelle viuzze orientali tutte strettoie e sghimbesci, e preme, preme.
Senti? Non ti senti premuto da ogni lato? La folla ci porta.
Ma ho sempre tenuto d’occhio anche Berenice, ed ho visto il lampo dei suoi occhi quando il Maestro, in un gesto di sconfinata bontà e premura, è balzato in piedi dicendo: “Eccomi, vengo!”
Proprio come fa un servo davanti al suo padrone!
Sì, perché Lui è venuto a servire, Lui Dio (… e tu?).
Pietro e i Dodici circondano ora il Maestro, che ha vicino Giairo, e lo difendono in tanto pigia pigia.
“Largo! Largo! Un po’ di educazione! Lasciate passare il Maestro”, mi pare di sentire gridare Pietro. Il caro Simone è infatti tutto compreso della sua responsabilità di capo dei Dodici. Con la sua forza da torello, trattiene la folla che continuamente preme, urta, minaccia di travolgere. Tutti vorrebbero stare vicini al Maestro, vederlo, toccarlo, dirgli una parola; … vedere bene cosa capiterà.
Le viuzze sono strette, e la folla cresce continuamente.
Il piccolo gruppetto dei Dodici che attornia il Maestro, è ora sospinto, ora trattenuto, e sempre da ogni parte incalzato, pressato.
È il momento giusto: gran trambusto, gran pigia-pigia.
Berenice, confusa nella folla, alle spalle di Gesù, si fa animo. Preme, lavora di braccia, e a gran fatica, una dopo l’altra, espugna le fitte file di schiene che la separano dal Maestro.
È trafelata, rossa in viso, stanca, ma… ormai è quasi giunta!
Il piano l’aveva architettato da tanti giorni: confondersi tra la folla, arrivare fino alle spalle del Maestro, toccargli anche solo il fiocco del mantello, SAREBBE GUARITA! Aveva infatti sentito dire tante volte che da Lui usciva una virtù risanatrice.
Sono gli ultimi sforzi.
Eccola, Berenice, rossa in volto, vivamente emozionata, affannata, ma traboccante di fede viva, ha superato ormai l’ultimo ostacolo: una ondata della folla che minacciava di risucchiarla in un vortice dopo tante fatiche! Ecco, ora si fa piccola piccola, ora si sommerge, scompare tra la folla; allunga il braccio in uno sforzo supremo verso il Maestro, laggiù in basso verso il fiocco del mantello che vede oscillare…
Eccolo! CIAK!… Lo ha finalmente afferrato; Lo ha toccato!
Un brivido la percorre tutta, poi un grande benessere.
È guarita!
Felice, beata! lascia quel fiocco benedetto, si ritira.
“Nessuno mi ha scorto!” stava sospirando.
Ma d’un tratto quella grande marea incalzante si fermò; di botto.
“Chi mi ha toccato!?” chiese solenne e pacata la voce del Maestro che si era improvvisamente arrestato.
“Chi mi ha toccato?”
(A questo punto sarebbe veramente delizioso meditare sui tre Vangeli sinottici, passando dall’uno all’altro per coglierne le interessantissime varianti, che concordate, darebbero una scena viva, di estremo interesse.)
Pietro, grondante sudore e trafelato per tanta fatica nel trattenere la gente che da ogni parte pareva volesse soffocare il Maestro, alle parole di Gesù, rimane trasecolato: “Chi mi ha toccato?… Ma Maestro, vedi bene che tutti ti pigiano, ti stringono da ogni parte e tu chiedi: Chi mi ha toccato?”.
Ma Gesù, serio, e girando attorno lo sguardo, continuava a chiedere: “Chi mi ha toccato?”
Questo gesto di girare attorno gli occhi, fissando con lo sguardo, è riferito da Marco che, come tutti sappiamo, riporta nel suo Vangelo la predicazione di Pietro. Marco infatti fu a Roma, per lunghi anni, il segretario di Pietro.
In questa paginetta, ed in quella che verrà, raccontata da Marco, noi possiamo riascoltare l’eco della predicazione viva, pittorica di Pietro, testimone oculare.
“Chi mi ha toccato? ” continuava a chiedere Gesù. E, man mano che Gesù si volgeva intorno chiedendo, la gente a rispondere: “Io no! io no!”.
E a me pare di sentire anche Mons. Giairo rispondere: “Io no, Maestro!”… ed era vero!
Allora Gesù soggiunse: “Qualcuno mi ha toccato, perché ho sentito che una forza è uscita da me.”
Ormai Gesù, guardando fisso, e sempre chiedendo: “Chi mi ha toccato?” si era voltato verso coloro che gli stavano alle spalle.
Berenice, che nella sua felicità già si era ritratta di qualche passo tra la folla, al fermarsi di botto del Maestro, al sentire quelle tremende parole, era rimasta come di sasso. D’altronde la morsa della folla la teneva lì stretta e ferma a soli pochi metri da quegli occhi divini che ora, non aveva alcun dubbio, stavano per posarsi su di lei.
Gettando un lamento, la poverina si fece avanti, cadde bocconi ai piedi del Maestro, e tremante… “disse tutta la verità”.
Sentiamola da Marco:
“…. da dodici anni era affetta da emorragia e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello.
Diceva infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita.”
E all’istante le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.” ( Mc 5, 25-29).
Se andaste a vedere lo stesso racconto in Luca, a proposito del male di questa poveretta e di tutto ciò che aveva dovuto soffrire a causa dei medici (ed è per questo che in Marco, nel brano riportato, noi abbiamo sottolineato alcuni versetti), voi trovereste un racconto molto succinto e sbrigativo. Luca è medico, e si comprende perciò la sua delicatezza verso… i colleghi che avevano curato Berenice. Salta perciò dei particolari che è pur interessante sapere, e che Pietro nella sua predicazione non tralasciava mai.
“Gesù le disse: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace, e sii guarita dal tuo male””. (Mc 5,34)
Il volto di Gesù si era aperto ad un luminoso sorriso; aveva potuto mostrare al suo popolo una donna in cui aveva trovato tanta fede.
“La tua fede ti ha salvata!”
Fede! Fede!
Ecco ciò che ci vuole perché succedano i miracoli.
Terza conoscenza: personale.
E questa si fa personalmente.
Non la posso fare io per te.
Ed è qui che il Vangelo esplode in meraviglie. Rileggi il brano da capo. Sta in silenzio. Senti Gesù che applica quelle verità a te.
Al solito, io mi sforzerò di darti un aiuto dall’esterno. Ti darò una mano indicandoti dei passaggi. Ma poi dovrai continuare tu.
Non temere. Ti condurranno gli Angeli.
PONTI PER PASSARE AD UN INCONTRO VIVO CON GESU’ VIVO
* “ Lo accolse la folla perché tutti lo stavano aspettando ” (Lc 8, 40).
Sono qui sulla spiaggia. Tutti aspettano Gesù.
Tutti. Anch’io. Gesù verrà.
Ci sarà chi, dopo averlo atteso, si esaurirà in sterile curiosità: vedere cosa farà Gesù.
Ci sarà chi, vistolo, crollerà le spalle e se ne andrà.
Ci saranno tanti che lo pigeranno e premeranno, ma senza toccarlo.
E ci saranno coloro che lo toccheranno e sentiranno che da Lui erompe forza e vita.
Chi lo ha toccato, tornerà a ritoccarlo per avere sempre più luce, più forza, più vita. Una volta infatti che uno ha veramente trovato Gesù, da Lui non può più separarsi e solo bramerà quell‘innesto-contatto prolungato che è il segreto generatore di vita divina.
E chi, avendo incontrato Gesù, non lo ha conosciuto e perciò non lo ha toccato, continuerà ugualmente a cercarlo affannosamente. Perché TUTTI hanno bisogno di Gesù.
Ecco, arriva Gesù. Bisogna che IO lo tocchi.
* Toccare e stringere.
Leggiamo attentamente e notiamo:
– v. 24 “molta folla gli si stringeva intorno”
– v. 31 “ … la folla ti si stringe attorno”
… ma da Gesù non usciva forza alcuna.
– v. 27 “… gli toccò il mantello”
– v. 28 “… se riuscirò… a toccare”
– v. 30 “… chi mi ha toccato il mantello? ”
– v. 31 “… chi mi ha toccato?”
… e da Gesù uscì forza divina.
Si può pestare i piedi a Gesù; lo si può schiacciare… senza toccarlo.
…..
Si tocca Gesù ogniqualvolta lo si incontra nella luce della fede, ma fede*. vera, quella “ teologale ”, perciò fede-vita.
Gli si pestano i piedi, lo si urta e schiaccia, quando “si sa” di Lui; “si dice, si discute, si tratta” di Lui, anche molto dottamente, ma rimanendo sul piano della fede… scientifica, che non è fede-vita.
Qui, l’anima, che pure intimamente ha fame di Gesù, non si incontra con Lui, perché rimane sul piano puramente umano.
Di più. È qui che avviene il grande inganno di credere di avere fede, quando si hanno solo delle nozioni…
E il danno di questo abbaglio è gravissimo.
Che direste di un imprenditore che avesse costruito la più perfetta delle fabbriche, ma si fosse dimenticato di fare l’allacciamento dei fili della propria cabina ai cavi che attingono energia dalla centrale?
Qualora costui non si decidesse a stabilire quel necessario contatto, dovrebbe rassegnarsi a vedere vano e pazzia tutto il lavoro fatto.
Tutta la sua fatica, senza quel contatto con una sorgente di energia, si risolverebbe in un grande e faticoso fallimento.
Come prete, rimango meditabondo davanti alla meraviglia del primo Papa: “Maestro, tutti ti urtano e Tu chiedi: Chi mi ha toccato?”.
Pietro non sapeva che si può urtare e pestare i piedi a Gesù, senza toccarLo…
Ma lo imparò!
Io posso non toccare Gesù, pur celebrando la S. Messa; stringendo l’Ostia tra le mani; donando Gesù agli altri…
E tu, quando partecipi alla Messa, quando vai in Chiesa, quando ricevi Gesù, tocchi Gesù… o solo gli pesti i piedi?
Solo se lo toccherai, sentirai che da Lui esce vita e gioia divina.
* “La tua FEDE ti ha salvata”.
Gesù con te ragionerà a fondo dei casi della tua vita. Forse ti dirà così:
“Non i tuoi sforzi (anche quelli ci vogliono, e falli tutti), ma la Fede, quella vera, ti salverà.
Lavora, lavora, lavora… e poi?
Accumula, accumula, accumula… e poi?
Perché tutto ciò che hai fatto e fai, quello che hai guadagnato e pensi di guadagnare, si muti in luce, diventi gioia e sia vero guadagno per te e per i fratelli, deve essere costantemente fatto e visto nella luce della fede! Questa, e questa sola ti salverà.
E la fede è vedere con gli occhi di Dio.
Ti muovi tu costantemente in questa luce?
Sappi che qui sta il segreto della felicità vera.
Altrove non la troverai”.
[1] Don Paolo Arnaboldi (1914/1998), iniziatore del Movimento Fac.
[2] Pare, da antiche tradizioni, che questo fosse il nome della donna guarita da Gesù. Noi la chiameremo così.