Amerai Dio con tutto il tuo cuore
L’affettività nell’esperienza spirituale
L’amore è un dinamismo umano che non si può in alcun modo forzare; nessuno può amare per costrizione né esterna né tantomemo interna. Eppure, sembra contraddittorio, l’amore è il primo comandamento. Il cammino spirituale non può reggersi sul volontarismo o sull’idealismo: è necessario che vi sia coinvolto anche il cuore. E’ questo che dà energia ed entusiasmo e mette le ali ai piedi.
Amerai il Signore Dio tuo
Se la Parola ci chiede questo accettiamo una verità su noi stessi: la nostra vocazione, la nostra realizzazione più vera è amare. E’ condizione per fare esperienza vera di Dio: è lui che può essere amato totalmente.
“Chi davvero ama ha sempre davanti agli occhi il viso della persona amata, e l’abbraccia interamente con infinito diletto; egli dal desiderio non trova requie nemmeno nel sonno, ma si intrattiene anche allora col suo amore. Così si avvera nei corpi e negli spiriti… Se il viso di una persona amata ci cambia interamente e ci rende tutti allegri e luminosi sgombrando ogni tristezza; che cosa non farà il viso del Signore, quando nascostamente viene a far visita in un’anima purificata e monda?… Quando il cuore esulta, il volto fiorisce” (Giovanni Climaco, Sc. Par., 30,2)
Però non ogni affetto ci fa crescere nella nostra capacità di amare, lo stesso amore per Dio spesso non è totalmente autentico. Questo ci pone in una situazione particolare: quello di essere apprendisti, dobbiamo imparare ad amare il Signore, superando l’illusione sentimentale.
Tu mi hai sedotto Signore e io mi sono lasciato sedurre
Primo passo: imparo la libertà di lasciarmi amare.
Dio certamente ci ama, ma non tutti si sentono amati da lui. Come fare? E’ importante non aver paura dell’amore. Non è raro trovare persone che hanno paura, per diversi motivi, di lasciarsi coinvolgere in un’esperienza affettiva: si mantengono allora distaccati, freddi… Queste barriere, se non sono guarite, possono intralciare il mio rapporto con Dio. Dobbiamo capire che la maturità non sta solo nella capacità di sapersi fare dono, ma consiste anche nel lasciarsi coinvolgere in relazioni intense, in una parola nel lasciarsi amare.
Nello stesso tempo se vogliamo lasciarci amare occorre essere liberi dalla preoccupazione di essere amati. Ciò equivarrebbe a coltivare un bisogno egoistico sempre più esigente. Passerò dunque dalla ricerca di essere amato alla scelta di amare in modo adulto e il più possibile disinteressato. Questo cuore libero rende disponibili ad accorgersi del fatto di essere amati. Dio ci ama, e ci rende amanti, ci spinge ad amare a modo suo. Amando scopriamo quanto Dio ci ama. Abbiamo amato un fratello ci troviamo amati dal Padre: quando amo lì Dio è presente (Ubi caritas et amor ibi Deus est).
Si impara ad amare Dio quando mi libero dalla pretesa di decidere io di amarlo e scopro che invece è Lui a prendere sempre l’iniziativa. “Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi…Noi amiamo perché Lui ci ha amati per primo” (1Gv 4,10.19). Il nostro desiderio di amarlo è la risposta (cf Geremia, Israele, Paolo, gli apostoli…)
Certo Dio non seduce alla maniera umana: non incanta né illude. Invece mette alla prova, domanda rinunce, propone una croce…E’ un innamorato che domanda tutto: un Dio geloso. Amati e attratti da Dio ci comprende che per Lui si può lasciare tutto il resto. Non per disprezzo o nausea, ma perché degno di essere amato sopra ogni altra cosa.
Con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima
Questo amore domanda la totalità della mia risposta.
“La natura umana non può esprimere la sovrabbondanza dell’amore divino. Perciò come suo simbolo si prende ciò che c’è di più violento nelle passioni che agiscono in noi, voglio dire la passione d’amore, affinché impariamo così che chi fissa lo sguardo sulla bellezza della natura divina, deve esserne tanto innamorato quanto lo è il corpo di ciò che è ad esso affine, tramutando la passione in libera gioia, di modo che la nostra anima arda “eroticamente” in noi della sola fiamma dello Spirito” (Gregorio Niss., Omelia sul Cantico, 1)
Cosa comporta questo?
Una relazione centrale
L’innamorato di Dio pone questa relazione al centro della sua vita. Da questa tutto parte e tutto ad essa fa riferimento. L’innamorato trova in questo la sua propria unificazione: niente lo può separare dall’amore di Dio (cf Rm 8,38). Questa unificazione comporta un certo sforzo dell’uomo: nessuno che voglia porre Dio al centro della vita è dispensato dalla fatica quotidiana di una certa disciplina spirituale (cf l’ascesi)
Una relazione unica
Posso amare tante persone, ma posso innamrorarmi di una sola. Unicità della relazione significa familiarità e intimità con Dio. Questa relazione avrà bisogno dei suoi spazi di solitudine: come esigenza per coltivarla profondamente.
Da questo spazio di intimità può irradiare di conseguenza una consapevolezza della presenza di Dio lungo tutto l’arco del tempo: per cui anche il nostro essere indaffarati in mille cose non fa disperdere il nostro cuore.
E’ indispensabile divenire capaci di solitudine.
Una relazione fedele
Il Dio fedele che irrompe nella mia storia non mi può provocare una risposta “ad tempus”. Se prende tutto, esige pure la totalità del mio tempo. C’è relazione tra la perpetuità e la profondità. Il nostro amore non può essere un imprestarsi a Dio ma un consegnarsi totalmente. L’adulto è colui che è capace di relazioni stabili.
Quando si resta nell’amore di Dio, la mia fedeltà non è solo questione di resistere alle tentazioni o di evitare i pericoli (magari continuando a desiderare il frutto proibito). Fedeltà nell’amore significa crescita in questo amore. Vi è crescita quando nella relazione con Dio vi sono coinvolti tutti i miei dinamismi: la mente coglie la verità, la volontà la sceglie, il cuore l’ama. Dio come credibile-esigente-attraente.
Non basta il “colpo di fulmine” per innamorarsi di Dio. Si tratta di un cammino lungo, spesso né facile né spontaneo, fatto di coraggio nel liberarsi dei propri idoli e dei propri timori, di volontà di scegliere Dio sempre e in ogni situazione, di disponibilità a sacrificagli ciò che abbiamo di più caro. E non significa che sia un amore sperimentato sempre come entusiasmo e possesso definitivo.
E’ un amore soggetto a tanti alti e bassi, all’incertezza, al buio, alla debolezza, a volte al rimpianto di altri vecchi amori. Come comportarci in queste situazioni?
Si tratta di essere molto sinceri con se stessi: riconoscere la propria fragilità non per deprimersi, ma per scoprire a noi stessi ciò che ci impedisce di lasciarci amare da Dio.
A volte si tratterà di avanzare nella speranza, nel desiderio, nella nostalgia di un amore che abbiamo appena intravisto senza possederlo ancora, nel dolore di avere preferito tante volte altri amori. Innammorarsi è anche questo.