Il grido dell’uomo e l’ascolto di Dio
Es 2,24-25ss
di p. attilio franco fabris
“Gemettero… alzarono grida….Dio ascoltò… si ricordò… guardò… se ne prese pensiero… “ sono una serie di verbi intensissimi per descrivere l’angoscia degli ebrei sotto la vessazione egiziana. Verbi che sono posti ad apertura di sipario per introdurre l’azione potente di Dio in riposta alla loro angoscia: Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio.Allora Dio ascoltò il loro lamento, si ricordò della sua alleanza con Abramo e Giacobbe. (Es 2,24-25). Un grido di disperazione che si ripete lungo tutta la scrittura:
«Nella mia angoscia ho invocato il Signore
ed egli mi ha esaudito;
dal profondo degli inferi ho gridato
e tu hai ascoltato la mia voce (Giona 2,3).
La sofferenza del popolo ebreo fa sì che da questi si alzi un grido, simile al grido che sale dal sangue versato di Abele ( “La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!” Gn 4,10). È lo stesso grido che da ogni ingiustizia e sopruso perpetrato nel mondo si innalza, anche in questo stesso momento, al cielo. Un grido che racchiude sempre una domanda: “Perché?”. “Se ho peccato, che cosa ti ho fatto, o custode dell’uomo? Perché m’hai preso a bersaglio e ti son diventato di peso?” (Gb 7,20). È un grido incessante, quasi onde di un mare in tempesta, che attende una risposta di senso, una promessa di liberazione.
Questo grido degli non si configura tanto come una supplica, un’invocazione che esprime una preghiera, esso è piuttosto un “gemito disperato” che diviene “grido” di dolore per la propria situazione vissuta senza sbocco. Non vi è preghiera. “O terra, non coprire il mio sangue e non abbia sosta il mio grido!” (Gb 16,18); E’ il pianto di Agar e di Ismaele spersi in mezzo al deserto che viene ascoltato da Dio, come il pianto della madre vedova che a Naim sta portando l’unico figlio alla sepoltura.
Ci interroghiamo: quali e quante grida si innalzano in questo momento dall’angoscia che abita il cuore dell’uomo? Mi sono anch’io trovato a gridare in una sorta di preghiera la mia disperazione? Nella preghiera posso presentare a Dio, farmi voce, di queste “grida” che invocano risposta.
Questo grido ha la forza di “salire a Dio” (cfr 2,23) di non rimanere inascoltato. Dio “ascolta” la preghiera del suo popolo, del figlio che si è scelto. Il testo afferma che Dio “guardò”: ovvero entra in rapporto, in relazione, prendendosi carico di ciò che “vede” (cfr il “vedere” di Gesù nei vangeli…). Cosicché “se ne prende pensiero” ovvero decide di operare. Ma quale la ragione perché Dio ascolti e guardi? Essa è racchiusa ancora una volta nel cuore stesso di Dio: è la sua fedeltà alle promesse fatte: “Si ricordò dell’alleanza”. Non nasce dal fatto che Israele sia migliore, che se lo meriti, che sia diverso dagli altri, no! La fedeltà di Dio è l’eternità di un amore che non vuole venire meno a se stesso: si tratta di una dimensione fondamentale dell’amore divino (1Sm 1,20; Ez 16,60; Sal 74,2.18-22; 89,51;…).. “Ricordare” in ebraico significa non solo richiamare alla memoria ma intervenire (1Sm 25,31; Lc 1,54): dire che Dio si ricorda significa affermare che Dio sicuramente interverrà.
Così, quando Dio distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe, mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato. (Gn 19,29)
Si ricordò della sua alleanza con loro, si mosse a pietà per il suo grande amore. (Sal 105,45)
L’azione di Dio, nella rivelazione biblica, suppone sempre una situazione in cui l’uomo o il popolo si trovi in un vicolo cieco, senza scappatoie, soluzioni: quando l’uomo sperimenta la sua assoluta incapacità di salvarsi solo allora Dio può intervenire ed essere conosciuto come salvatore. E’ sempre la situazione di “povertà” che fa da substrato all’esperienza di salvezza.
Notiamo che la liberazione dalla schiavitù egiziana presenta dei connotati ben diversi da quelli sostenuti da alcune moderne “teologie della liberazione”. Quando il Signore decide di visitare il popolo e di prendersi cura della sua umiliazione, gli israeliti gemono sì nella loro condizione, ma non pensano minimamente a lasciare l’Egitto. Essi si sono abituati ad essere schiavi, e non sanno immaginare una condizione differente. Tutt’al più possono aspirare a rendere più sopportabile la loro schiavitù. La libertà che il Signore offre al suo popolo farà paura. E’ il Signore, non il popolo, nemmeno un gruppetto di rivoluzionari, il primo che progetta quella liberazione.
Dio ascolta il mio grido e guarda alla mia povertà: vivo di questa fiducia che egli non mi abbandonerà? E’ lui che per primo mi stende la mano “ricordandosi” della sua promessa perché è lui che “ci ha amato per primo”.
Posso pregare il Sal 119.