Una storia che continua
Gn 24,1-25,11
di p. attilio Franco Fabris
Siamo giunti quasi al termine del ciclo della storia di Abramo.
Contro ogni speranza umana, Abramo, ha visto la discendenza nel figlio Isacco, anche se non vede la moltitudine che Dio gli ha promesso. Un segno fragile: questo figlio vivrà, sarà forte, avrà la gioia di generare? Abramo muore possedendo solo due piccoli appezzamenti di terreno, lui al quale Dio ha promesso tutto il paese. Ha potuto constatare più d’una volta d’essere benedizione per coloro che l’hanno accolto, ma ha anche sperimentato il suo limite nell’incapacità di assicurare salvezza per Sodoma.
Egli ha sperimentato sì il Dio della promessa anche se la realizzazione di queste è risultata parziale. Ciò è dovuto proprio alla pedagogia del Dio della promessa il quale vuole abilitare l’uomo ad aprirsi ad una fiducia e ad una speranza sempre più grandi, una spinta che un giorno sarà capace di scavalcare il limite tragico della morte.
Il matrimonio di Isacco con Rebecca
Abramo vuole trovare una moglie per Isacco, senza la quale non ci sarà ulteriore discendenza.
Il testo sottolinea l’importanza di trovare una moglie ideale per il figlio della promessa.
“Abramo era vecchio, avanzato negli anni”: una formula che introduce le ultime azioni e parole di un personaggio importante.
Egli ricorre ai servigi di un servo fedele, uomo saggio e di esperienza: si tratta forse ancora di Eliezer? Dal risultato della missione dipende la continuazione o il fallimento di tutte le promesse.
Abramo chiede un giuramento solenne al servo: e quest’atto sottolinea l’importanza della missione. Il contatto con le parti genitali, sede della vita, imprime una forza particolare al giuramento, vi è forse un richiamo alla circoncisione e quindi un riferimento indiretto all’alleanza di Jhwh.
Egli non dovrà prendere una moglie “tra le figlie dei cananei, in mezzo ai quali io abito”. La cercherà invece “al mio paese tra la mia parentela”.
Abramo non chiede di trovare la moglie nella casa di suo padre, tuttavia accadrà proprio questo: la moglie sarà del suo stesso sangue. La discendenza sarà così armoniosamente configurata.
Il servo obietta la possibilità di un fallimento: la moglie potrebbe non accettare di trasferirsi. Che fare allora? Dovrà condurre Isacco alla terra di origine da cui Abramo era partito? Si tratterebbe di un ritorno al punto di partenza: tutto il cammino di Abramo sarebbe allora stato inutile. Per la promessa della discendenza occorrerà forse sacrificare la promessa del paese?
Abramo si troverebbe perciò a dover scegliere; ma lui non entra nella questione. La sua risposta è categorica ed è una proibizione assoluta: “Guardati dal ricondurre colà il mio figliolo”, e qui ripete
parola per parola la promessa di Jhwh: “Il Signore mi ha parlato alla tua discendenza darò questo paese”. Ciò che Dio ha dimostrato vero nel passato lo sarà anche per il futuro: Abramo è sicuro dell’assistenza di Dio in questo nuovo passo da fare: “Egli stesso manderà il suo angelo davanti a te, cosicché tu possa prendere di là una moglie per il mio figliolo”.
La storia cominciata non può essere un ritorno ma un cammino sempre in avanti.
E’ sorprendente il cammino di maturazione nella fede compiuto da Abramo: egli non ricorre più a strategie umane per risolvere i problemi come in precedenza aveva fatto, sa che il Signore è fedele alla parola. Non si sente più costretto ad agire in base alla paura e all’ansia della vita: è un uomo che si è affidato totalmente alla parola.
La missione del servo riesce pienamente, e al di là delle prospettive: addirittura la moglie è della parentela di Abramo.
Il cammino iniziato con Abramo può proseguire ed aprirsi a nuovi orizzonti: è il rilancio della promessa.
Nuovo matrimonio di Abramo: vv. 25,1-6
Abramo si risposa: la nuova moglie si chiama Chetura. Gli nasceranno nuovi figli, ben sei: la promessa dunque opera ancora! Abramo è ancora capace di generare.
Da questi figli nasceranno dieci nipoti: sono i capostipiti di popoli dell’Arabia.
L’eredità: vv. 5-6
“Abramo diede tutti i suoi beni a Isacco”. E’ lui il figlio della promessa al quale è dato “tutto”. Agli altri figli Abramo “diede loro doni”, partecipano ovvero ai beni di Abramo.
Al termine della sua vita Abramo è circondato da figli e nipoti: è divenuto padre di una moltitudine
La morte di Abramo: vv. 7-11
Abramo muore all’età di “centosettanatacinque anni”. E’ partito da Carram che ne aveva 75. Il cammino di Abramo con Jhwh è dunque durato cento anni.
Il figlio Isacco è nato quando Abramo è centenario. Ha assistito al quindicesimo compleanno dei suoi nipoti (25,26).
“Morì dopo una felice vecchiaia, vecchio e sazio di giorni e fu riunito ai suoi antenati”.
Isacco e Ismaele si ritrovano per seppellire il loro padre nella caverna di Macpela. Isacco è nominato per primo anche se Ismaele è più anziano di lui: perché è lui il figlio della promessa.
Conclusione
“Dopo la morte di Abramo Dio benedisse il figlio di lui Isacco”.
La storia prosegue sotto la benedizione di Jhwh che dal padre passa al figlio. Il Signore è fedele alle sue promesse, non le ritirerà mai più.
Ora, dopo Abramo, tocca a Isacco iniziare il suo cammino sotto la guida di Dio.
La storia della salvezza è avviata: e in questa storia il Signore si rivelerà come il Signore della vita e della benedizione. Vita e benedizione che spesso a causa della diffidenza e sfiducia dell’uomo non saranno accolte. Ma la pedagogia di Dio è sapiente egli saprà educare con somma pazienza l’uomo alla fiducia, proprio come ha fatto con Abramo.