• 09 Feb

    I SIMBOLI

    2. VIVERE L’EUCARISTIA

    Ciò che Gesù ha istituito nell’eucaristia è un’azione che coglie la realtà più naturale del mondo per trasformarla totalmente con la sua risurrezione.

    Rimaniamo perciò ancora su quest’aspetto primario dei simbolo sacramentale: il nutrimento.

    Attraverso la Bibbia, Israele appare – come tutti i popoli antichi e moderni – innanzitutto come un popolo che ha fame e sete, che va di pozzo in pozzo, di mietitura in mietitura, dal pascolo all’albero da frutto, dal latte alla carne del suo gregge.  E’ un popolo che mangia.

    Ma “mangia prendendo dalle mani di Dio” (Qo 2,24).

    Sa che tutto ciò che esiste è dono di Dio. E questo fa sì che egli possa conoscere, gustare la paternità di Dio. Ancora quest’esperienza gli permette di fare esperienza di una comunione con Dio.  Il frutto e l’acqua, il latte e la carne, l’aria e il sole sono l’amore divino fatto nutrimento e vita per l’ uomo.

    Così Dio “benedice” tutto ciò che crea.  Ciò significa che egli fa della creazione il segno e il mezzo della sua presenza, del suo amore, della sua rivelazione all’uomo.

    Ma, dirà qualcuno, l’uomo non è il solo ad aver fame.  Tutto ciò che vive, vive di cibo.  Anche l’animale mangia dalle mani di Dio! …

    Certamente, ma la vocazione dell’uomo nell’universo è unica: tutti gli altri mangiano e vivono per essere al servizio dell’uomo, per essere eventualmente suo cibo.  Questo è il senso di quella solenne presentazione dell’Eden in cui spetta ad Adamo di “dare un nome” a ogni creatura, cioè di prenderne possesso come dono di Dio e di rendergliene grazie (Gn 2,19).


    Benedire Dio – Rendere grazie

    Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi benefici.  Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie; salva dalla fossa la tua vita, ti corona di grazia e di misericordia; egli sazia di beni i tuoi giorni e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.

    (Sal 103,1-5)

    L’uomo è il solo a cui sia chiesto di “benedire” Dio per il cibo e la vita, come anche per tutta questa natura che riceve da lui.  Solo all’uomo è chiesto di rispondere alla benedizione di Dio con una personale “benedizione” di riconoscenza.

    Dio ha benedetto il mondo, l’uomo e ogni creatura per l’uomo, sua prima creatura; ha benedetto il settimo giorno, cioè il tempo dell’uomo.  Ciò significa che ha riempito tutto ciò che esiste con la sua bontà, che ha fatto ogni cosa “molto buona” per amore verso l’uomo.

    Alla manifestazione dell’amore di Dio, della sua benedizione, che sgorga nella creazione e nella storia umana rispondono normalmente il ringraziamento e la lode dell’uomo. Tale benedizione, rendimento di grazie, è di per sé già un atto cultuale. Già in essa si esercita la sua “vocazione sacerdotale”. E’ la maniera più naturale di vivere per chi sa che il mondo è dono di Dio.

    Dio si rivela creando meraviglie; l’uomo risponde “benedicendo” il Dio delle meraviglie.  Questa è l’eucaristia.

    “Benedizione” ed “eucaristia” hanno praticamente il medesimo significato: “azione di grazie”,  “ringraziamento”.

    Se non è negativamente condizionato dall’ambiente, l’uomo conosce spontaneamente questo senso divino degli alimenti che sostengono la sua vita: sono per lui un collegamento con il Dio vivente.  Altrimenti, c’è la rottura.

    Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.

    (Gen 3,6)

    Non è un caso che la rappresentazione biblica della caduta sia centrata sul nutrimento.  L’uomo e la donna hanno mangiato dell’albero che sta in’ mezzo al giardino, hanno morso il frutto proibito: immagine di un mondo non più riconosciuto, non più ricevuto come un dono di Dio, e quindi in un atteggiamento di “‘azione di grazie”, di “‘eucaristia”

    E’ il peccato di una moltitudine di uomini che vedono il mondo come una realtà opaca e non attraversata dalla presenza di Dio.  A molti, purtroppo, sembra naturale non vivere in rendimento di grazie – in eucaristia – per il dono che Dio ci ha fatto del mangiare, del bere, e della vita di cui sono la radice quotidiana.  Errore di coloro che, la domenica, preferiscono lavorare per il cibo, piuttosto che offrire l’eucaristia a colui che fa vivere.

    Offerta – Sacrificio

    Lo sguardo della fede ci spinge irresistibilmente a far risalire verso Dio tutto ciò che da lui riceviamo in questa vita.

    Nelle religioni non si è trovato di meglio che sacrificare-offrire alla divinità il nostro nutrimento e addirittura la vita stessa.

    La funzione “eucaristica” primordiale dell’uomo è di offrire a Dio la sua vita, attraverso il nutrimento che ne è il simbolo espressivo.

    “Prendere nelle nostre mani il mondo intero come si prenderebbe una mela”, ha detto un poeta russo.  Non per rubarla e mangiarla nella ribellione o nell’indifferenza, ma per “offrirla” in riconoscenza a colui dal quale tutto abbiamo. E’ il gesto che Adamo non ha saputo fare. E’ il gesto del “sacrificio”.

    Il sacrificio dovrebbe essere l’atto più naturale dell’uomo.  I pagani stessi ne hanno trovato spontaneamente la strada.  Il sacrificio è amore, è un ri-conoscere che ciò che possiedi non è tuo, è perciò ringraziamento.

    Come cristiani questa azione di rendimento di grazie, di benedizione, di sacrificio lo compiamo “in Cristo”.

    Egli, nuovo Adamo, ha offerto tutto; ha compiuto una volta per tutte questa eucaristia,  offrendo” la sua vita, “sacrificando” la sua vita al Padre e a tutti i fratelli.  Cristo è l’unico perfetto, autentico “grazie” del mondo al Padre, la sola eucaristia.

    Quale albero è più bello della croce?  Quale frutto più meraviglioso di colui che pende da quel legno d’amore? Si è dato a noi; lo raccogliamo per offrirlo al Padre.

    Egli lo ripone nuovamente nelle nostre mani, perché noi viviamo per esso.  Questo è il sacrificio, l’eucaristia, l’alimento di vita eterna.

    In ogni eucaristia veniamo e ritorniamo con le nostre con le nostre povere vite da offrire.  Ed ecco che le nostre mani sono ricolmate in misura abbondante e traboccante del Corpo di Cristo, di questo pane in cui tutto è offerto, tutto sacrificato.  Nelle nostre mani, nelle nostre vite, il Padre vede soltanto il suo Figlio prediletto.

    Per il fatto che Dio crea con sapienza, la creazione ha un ordine: “Tu hai disposto tutto con misura, calcolo e peso” (Sap 11,20). Creata nel e per mezzo del Verbo eterno “immagine del Dio invisibile” (Col 1,15), la creazione è destinata, indirizzata all’uomo, immagine di Dio chiamato ad una relazione personale con Dio…La creazione è voluta da Dio come un dono fatto all’uomo, come un’eredità a lui destinata e affidata.

    (Catechismo della Chiesa Cattolica 299)

    Dio ha creato tutto per l’uomo (cfr GS 12; 24; 39), ma l’uomo è stato creato per servire e amare Dio e per offrirgli tutta la creazione

    (Catechismo della Chiesa Cattolica 358)

    La presentazione delle oblate (l’offertorio): vengono recati poi all’altare, talvolta in processione, il pane e il vino che saranno offerti dal sacerdote in nome di Cristo nel sacrificio eucaristico, nel quale diventeranno il suo Corpo e il suo sangue. E’ il gesto stesso di Cristo nell’ultima Cena “quando prese il pane e il calice”. “Soltanto la Chiesa può offrire al Creatore questa oblazione pura, offrendogli con rendimento di grazie ciò che proviene dalla sua creazione” (Sant’Ireneo di L.). La presentazione delle oblate all’altare assume il gesto di Melchisedek e pone i doni del Creatore nelle mani di Cristo. E’ lui che, nel proprio sacrificio, porta allla perfezione tutti i tentativi umani di offrire sacrifici.

    (Catechismo della Chiesa cattolica, 1350)

    * Tutto ciò che ti circonda è dono di Dio e ti permette di fare continuamente esperienza di comunione con lui.

    Tutto deve portare l’uomo ad innalzare un inno di benedizione e di rendimento di grazie (eucaristia)

    Cfr Sal 103;  1 Cor 1,4 ; Fil 1,3;  Col 1,3,  1 Tess 1,2;  2,13 ; 2 Tess 1,3

    * Il peccato è misconoscere che ciò che possiedi, ricevi, usi: tutto proviene dalle mani di Dio. E’ la pretesa da parte dell’uomo di appropriarsi dei doni di Dio. In tale direzione l’uomo diviene incapace di “fare eucaristia” della creazione dono di Dio a lui.

    Cfr Gn 3,6

    * L’uomo per vocazione è chiamato al rendimento di grazie e al sacrificio. Ovvero alla capacità di ri-offrire ciò che ha  ricevuto al donatore. E’ questo un gesto non solo di umiltà, ma soprattutto di gratitudine e amore. Tale gesto è stato compiuto perfettamente e una volta per tutte da Gesù sulla croce. Ad esso la nostra vita è chiamata a confrontarsi e a strutturarsi. Non ti viene chiesto un sacrificio solo di cose, ma anche di te stesso. E’ questa la conformazione a Cristo perfetta.

    Cfr. Mc 10,45; Lc 22,37; Is 53,10ss; Gv 17,19; 1Pt 2,5; Rm 12,1; 15,16; Fil 2,17; 4,18; Ebr 13,15


    Posted by attilio @ 10:49

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