Note relative al Monastero di S. Andrea di
Borzone desunte dai documenti notarili del
notaio Andrea de Cairo, A.S.Ge –
anni 1445-1451
di Giovanni Ferrero
Alcuni documenti notarili conservati presso l’Archivio di Stato di Genova nelle filze del Notaio Andrea de Cairo tramandano oltre alle notizie tecniche relative ad acquisizioni, vendite, ed a quanto il mondo notarile disponeva per la legalità e la veridicità documentata anche alcuni rilievi di carattere cronachistico e toponomastico. Sono questi piccoli elementi che aiutano, in alcuni casi, a ricomporre la storia di uomini e di cose del nostro passato. Elementi inseriti nella formulazione documentaria che potrebbero non necessariamente farne parte ma che estrapolati dal contesto nel quale sono stati posti arricchiscono e migliorano le nostre conoscenze. È il caso delle brevi notizie relative al Monastero di San Andrea di Borzone. Ampi studi sono stati dedicati a questo importantissimo centro monastico sia per quanto riguarda le interessantissime vestigia architettoniche sia per quanto riguarda la sua funzione quale punto di riferimento per la diffusione religiosa nelle vallate appenniniche. Il lettore viene quindi indirizzato per gli approfondimenti a questi studi specifici di settore 1. Quanto di seguito riportato si propone lo scopo di trasmettere alcune notizie storiche riguardanti il complesso monastico e la sua conduzione tra il 1442 ed il 1451. Un documento datato 1 ottobre 1442 (Filza 781, doc.193) stipulato in Genova nella chiesa di S.Maria di Castello alla presenza di Fre Michele de Bandelis, priore della chiesa di Santa Croce, e Fre Filippo de Palagio, monaco del monastero di S.Maria di Castello, riferisce la presenza di Fre Cristoforo Ravaschieri Abate titolare del Monastero di S.Andrea di Borzone e di Fre Galzebart de Ulma, della diocesi de Alemania, monaco nello stesso monastero. Il documento datato 12 novembre 1442 (Filza 781, doc.198) rogato “in strada o platea” della chiesa di S.Maria di Castello di Genova con testimonianza di Fre Michele de Bandelis, priore della chiesa di Santa Croce, e di Gaspare Strata de Clavaro figlio di Pellegro e Benedetto de Vallario di Monelia, laici della diocesi di Genova, vede il Dom. Fre Cristoforo Ravaschieri Abate del Monastero di S. Andrea di Borzone dell’ordine di San Benedetto disporre l’incarico al suo procuratore Fre Filippo de Perago dell’Ordine di San Benedetto per il ricavo di alcuni suoi redditi. Il Venerabile Presbitero Dn. Fre Cristoforo Ravaschieri Abate del Monastero di S.Andrea di Borzone dell’Ordine di S. Benedetto della diocesi di Genova appare nel documento del 10 marzo 1442 (Filza 781, doc.121) rogato nella chiesa di S.Maria di Castello. La consequenzialità dei documenti porta ad ipotizzare che il Venerabile si fosse stabilito in città e tale ipotesi viene confermata dalla documentazione datata 1443 al 12 dicembre (Filza 781, doc. 316) con atto rogato in Genova “in via pubblica juxta hospitalis St. Antoni Jan.”che vede testimoni i Ven. Viri Dns.Gregorio de Anchona archidiacono della chiesa savonese e Fre Benedicto de Nigrono priore del priorato di S.Antonio di Genova. Nella documentazione viene chiaramente espresso che il “reverendo in Cristo Padre Dns. Fre Cristoforo de Ravaschieri Abate del Monastero di S. Andrea di Borzone è dimorante in Genova”. In questa occasione egli nomina Fre Gregorium de Verdura rettore della chiesa di San Quirico “de Pulcifera” suo procuratore con ampio mandato. Il 1 febbraio 1444 (Filza 782, doc. 11) con atto rogato in “Claustro” del Monastero di San Siro con le testimonianze del Presbitero Bartolomeo Ferrufinis de Alexandria e Damiano de Pastino notaio, viene posto in evidenza la presenza di un’altro Ravaschieri cioè Thebaldo de Ravaschieri 2. Nella documentazione appare il Reverendo in Cristo Fre Quirinus Bondenariis Abate del Monastero di San Siro di Genova che dispone la convocazione e riunione dei confratelli cioè: Fre Obertus Benvenuti, priore claustrale, Fre Bartolomeo de Florentia, Fre Gregorius Bondenariis, Fre Raffael de Capriata, Fre Jeronimo de Podio tutti monaci professi. In questa occasione viene discussa una controversia relativa ai beni di spettanza al monastero appartenenti a Fre Thebaldo de Ravaschieri monaco in detto monastero. Con il documento datato 3 febbario 1445 (Filza 782, doc 138) rogato in Genova in “contrada S.Antonio in quandam domo priore S.Maria de Tario” con le testimonianze del Presbitero Guglielmo de Bonoynis Cappellano della chiesa di San Luca di Genova e Battista de Vignolo q.dam Inofri e Jacobo Scarpa de Sigestro vengono segnalate le difficoltà nelle quali veniva a trovarsi il complesso monastico di Borzone. La consuetudine di disporre le dotazioni e le donazioni agli enti monastici di terreni e di beni immobili aveva costituito l’insieme di possedimenti sparsi nel territorio ed in qualche caso anche ubicati ad una significativa distanza dalla sede monastica stessa 3. La documentazione mette in evidenza che il Monastero di S.Andrea di Borzone era proprietario di possedimenti e terre poste nella Villa Colleralli nella Valle Sturla (Ora Corerallo, Isola di Borgonovo, nel Comune di Mezzanego) coltivate con vigna ed altre essenze arboree e con due case contigue ed altri piccoli appezzamenti che erano appartenuti al q.dam Bartolomeo de Collerallo padre di Domenico di Collerallo “pia ipsorum largitive a prefato monastero”. Questi beni si trovavano in cattive condizioni a causa di “guerrarum turbines et calamitates” in quanto queste terre ed i beni subirono delle devastazioni ed “afflicte fuere”. Il Reverendo in Cristo Fre Cristoforo Ravaschieri Abate del monastero di S.Andrea di Borzone in qualità di responsabile proprietario del bene dispone per la riedificazione delle case esistenti in questo bene. Nella documentazione viene pure segnalato che in quel periodo il monastero non aveva più monaci. Le proprietà secondo la documentazione vennero locate a Domenico di Collerallo q.dam Bartolomeo a livello perpetuo affinchè il fondo potesse essere rimesso in ordine. Il 20 maggio 1445 (Filza 782, doc. 206) viene rogato un documento nel Monastero di San Siro “in camera cubiculari” alla presenza del Presbitero Jacobo de Pinu de Sigistro, cappellano nella chiesa di questo monastero, e Philippo de Zuchareto cittadino genovese. La documentazione è riferita all’esame della petizione espressa da Thebaldo Ravaschieri monaco del monastero in “sacerdozio constituito” per l’ottenimento del trasferimento ad altro monastero. Licenza che gli venne accordata. Il 7 agosto 1445 (Filza 782, doc. 267) con atto rogato a Genova nella chiesa di S. Antonio nella cappella della Beata Maria e San Martino “contigua” alla presenza dei testimoni Ven. Fre Lanfranco de Squassis rettore della chiesa di S. Nazaro e Celso di Arenzano, Fre Bartolomeo de Quarina rettore della chiesa di S.Fede e il Presbitero Jacobo de Pinu di Sestri (Levante) cappellano della chiesa del monastero di San Siro venne stipulato il documento col quale Fre Gregorius de Bondenaris Abate del monastero di San Siro concedeva il trasferimento di Fre Tebaldo Ravaschieri al monastero di S. Andrea di Borzone. I FIESCHI dovevano essere informati della disastrosa situazione nella quale si trovava la storica istituzione sia per i fortissimi legami che li collegavano ai Ravaschieri sia per l’importanza della istituzione in un territorio che da sempre faceva parte del loro presidio di controllo e di espansione 4. Nel documento datato 18 settembre 1445 (Filza 782, doc. 289), fatto in “ecclesia priorato S. Antoni” appare in qualità di testimone il Ven. Fre Peregrino de FLISCO di San Vittore e Fre Johanni de Venturini di San Sixto “Prioratum Prioribus”. Nella documentazione appaiono Cristoforo de Ravaschieri Abate di S. Andrea di Borzone e Fre Tebaldo de Ravaschieri monaco “in sacerdotio constituito”. Viene in questa sede evidenziata la sistuazione precaria nella quale si trova il complesso monastico di S. Andrea di Borzone” guerrarum turbinis calamitatis ….. distructum et inabitabile existet”. Viene evidenziato che i monaci non vi possono più vivere. Nella documentazione viene paventato il loro possibile trasferimento presso il monastero di “Sancti Donini de Placentia” dello stesso ordine . Il 2 agosto 1447 (Filza 783, doc.151) con documento rogato in “Claustro maiori eccl.e Januense” con testimoni il Presbitero Antonio de Mazascho cappellano della chiesa maggiore e Andrea de Bonaparte de Carascho cappellano nella chiesa “nova” di San Salvatore di Lavagna viene nominato Cristoforo de Ravaschieri “Abbas”. Anche in questo caso la documentazione prevede la alienazione dei beni appartenenti al Monastero. Appare Johanni de Federicis a cui vengono ceduti dei possedimenti terrieri cioè delle terre coltivate con alberi di castagne ed altre essenze poste nella podesteria di Varese (Ligure) “loco dicto Valleti” confinante in parte “superioris cacumina Montis Verujole, per aliis terre illorum de Lagoraria, et terre eccl.e St. Marie de Tario, et ad alio latere costa de Bissa Lanza” (Tenute Valleti, oggi, in Comune di Varese Ligure). Si assiste in questo caso alla permuta con più sicuri e fruttuosi “locorum septe comperarum St. Georgii”. Il documento 152 (Filza 783) del 4 agosto trasmette ulteriori notizie e le ragioni relative a questa cessione o permuta. Viene evidenziata la presenza del monaco Fre Ludovici de Alemania monaco professo in questo monastero di S.Andrea de Borzono “cum nulli alii monaci dicti monasterii existant” e che il ” Monasterio St. Andree de Borzono quandamodo destituito, propter guerrarum turbines, calamitates”. Per tali ragioni viene decisa l’alienazione dei possedimenti che non producono reddito sostituendoli con più certi luoghi di San Giorgio. L’Arcivescovo di Genova concede la licenza per questa procedura. Due documenti delineano la figura del compratore. 1447, 11 agosto (Filza 783, doc. 156) con atto stipulato in”sala super. palatii causarum” testimoni Antonio de Magistris e Jacobo Rondanina di Antonio cittadino genovese, appare il “Magnificus Comes Dns. Johanni de Federicis” cittadino genovese che revoca il mandato ai procuratori che agiscono a suo nome in “Sicilia et ultra farum” e nomina suo agente e procuratore il Nobile Andream de Auria del Dn. Petro de Auria. Trattasi di una procura relativa alle contrattazioni svolte a suo nome nel regno di Sicilia ed alle trattative nel territorio del “Serenissimo Principe e Dns. Alfonsus Dei Gratia Aragonensem”. La trattativa relativa alla permuta ebbe ulteriori sviluppi con il documeno 179 (Filza 784) del 27 luglio 1448 nel quale appare Fre Cristoforo de Ravaschieri ormai “residens in civitate Janue”e la trascrizione del benestare della curia romana a questa operazione. Nel documento 302 (Filza 784) appaiono anche i FIESCHI che si presume concordi nella operazione di permuta o alienazione. 1448, 26 novembre. Atto in Genova in “Claustro super.” della maggiore chiesa di Genova con la testimonianza del Ven. Dom. Dominico Folieta cappellano in detta chiesa e Thoma Cassinello de Carascho chierico della diocesi di Genova. Nella documentazioni appaiono il Dn. Antonio Tarigo canonico nella maggiore chiesa di Genova ed il “legumdoctoris” Dns. Cristoforo de Burgarolis in qualtà di procuratore del Magnifico Dn. JohanniLudovico de FLISCO, “Palatini et Lavania Comites” e del Dn. JohanniPhilippo de FLISCO suo figlio. Viene fatto riferimento ad una Bolla Pontificia di Papa Eugenio V ottenuta dall’Abate del monastero di Borzone relativa alla vendita dei terreni posti nella podesteria di Sestri (Levante) a Johanne de Federicis. I procuratori nominati sono Spineta Malaspina “magiscola” nella maggiore chiesa di Genova, Antonio de Cruxilia Preposito della chiesa di S. Adriano di Trigoso e Nicolau de Pontremoli canonico nella chiesa di S. Maria in Vialata. Il 27 novembre del 1448 (Filza 784, doc. 290), secondo anno di pontificato di Papa Nicolò V, con il documento rogato “apud St. Atonii” avente testimonianza del Venerabile Vesconte de Cella de Clavari figlio di Pietro e Baptista de Gazio de Boliascho “vitrerio” abitante in Genova vede Fre Cristoforo de Ravaschieri Abate di S. Andrea di Borzono approvare le rendite del priorato della Beata Maria de Monte Mulacij istituzione il cui priorato era condotto da Fre Lanzaroto de Marchesolis de Mulatio della diocesi lunense permettendo di rilevare che il priorato è al momento vacante. Che i possedimenti terrieri appartenenti all’Abbazia di Borzone fossero diffusi nel territorio se ne ha ulteriore notizia dal documento 146 (Filza 785) del 16 maggio 1449. Atto rogato in “claustro” superiore della maggiore chiesa di Genova con testimonianza del Presbitero Jacobo de Calestano e Jacobo de Matheo di Rapallo cappellani in questa chiesa maggiore. Appaiono il Ven.Vir Dn. Marcus de Franchis de Burgaro Preposito, Ludovico de FLISCO Archidiacono, Spineta Malaspina magiscola, Domenicus Folieta, Bartholomeus de Senis, Laurentio de Morelo de Rapallo, Antonio de Multedo, Antonio Tarigo de Rapallo, Franciscus de Peregrinis de Novis, Paulus Justinianus Canonici del Capitolo della maggiore chiesa di Genova nonché patroni dell'”Hospitalis Sancti Cristofori de Clavaro Jan.dioc.” e Frater Sthephanus de Mathia anconitano “Hospitalarius seu rector dicti Hospitalis St.Cristophari”. La documentazione è relativa alla locazione di proprietà terriere appartenenti all’Hospitale poste nella Villa di Rij a Theramus de Robo. Nella descrizione dei limiti confinari viene specificata la terra appartenente al monastero di S. Andrea di Borzono. La conclusione della transazione tra l’Abate Ravaschieri e Johanni de Federici relativamente ai beni posti “in loco Varisi e Lagorarie” detta “Valleti” venne stipulata con atto del 21 giugno 1449 (Filza 785, doc. 222). Se ne deduce che l’Abate risulta ormai “dimorante a Genova” ed il documento rogato in “plateali juxta hostium monasterio S. Antonii” con testimonianza dell’Abate del monastero di S. Antonio Fre Benedicto de Nigrono ed ancora un FIESCHI cioè Fre Peregrino de FLISCO priore della chiesa di San Vittore. Si può presumere che l’Abate Ravaschieri avesse posto la sua residenza presso il monastero di S. Antonio del suo stesso ordine. Una più specifica indicazione relativa al Dn. Johanni de Federicis viene suggerita dal documento 313 (Filza 785 del 4 dicembre 1449) nel quale viene chiaramente indicato quale “Martorane Comes”. L’elevata posizione sociale del compratore dei beni di “Valleti”viene chiarita in questo documento nel quale egli nomina suo procuratore il Nobile Salvagiu de Vivaldis del Dn. Lazari cittadino genovese “mercator Neapolis presentiler comorante” affichè possa esigere e ricevere dal Serenissimo Principe e D.no Aloiso “Dei Gratia Regi Aragonense” i beni prestati. Il doc. 54 (Filza 786) alla data 1450, 10 febbraio, vede la risoluzione di una controversia sorta tra il Ven. Dn. Ludovico de FLISCO “Prepositus” e Spineta de Malaspinis “Canonicus” della chiesa di San Salvatore di Lavagna in qualità di rappresentanti del Capitolo di questa chiesa nei confronti di Andrea Bacigalupis erede per la sua parte di beni del q.dam Sthephani Bacigalupis de Clavari. Vengono fatti dei riferimenti confinari tra i beni dei Bacigalupis e quelli di pertinenza al canonicato di Augustino de FLISCO. Si tratta di beni posti in “Villa de Mezanego ubi dicitur in Porcili”. Questi beni indicati con il toponimo “lo pastine” alberati con alberi di castagne confinavano con la terra apprtenente al monastero di S. Andrea di Borzone. Il documento 218 (Filza 786) del 21 ottobre 1450 vede Fre Cristoforo de Ravaschieri rappresentante il priorato di S. Eufemiano di Graveglia revocare il mandato ai precedenti procuratori e nominare al loro posto il Ven.Vir Dn. Johanni de Serra Presbitero “accolitu Sanctissimi Dn. Nostri Pape”. Carica di breve durata in quanto con il documento 128 datato 16 aprile 1451 (Filza 787) l’Abate Cristoforo Ravaschieri sempre abitante a Genova col consenso ed a nome del priorato di S. Eufemiano di Graveglia dipendente dal monastero di S. Andrea di Borzone annulla la procura concessa a Johanni Serra. Nella documentazione riappare Fre Ludovico de Ulmo de Alemagna che è ora monaco in S. Eufemiano. Anche in questo caso tra i testimoni è presente un FIESCHI, cioè Fre Peregrino de FLISCO priore del priorato di San Vittore. Queste brevi note possono indicare l’estesa ramificazione dei beni del monastero di S. Andrea di Borzone ed una ampia giurisdizione che lo vide avere la sovranità di S. Eufemiano di Val Graveglia ma anche quella del più lontano monastero di Mulazzo. I documenti notarili esaminati mettono altresì in evidenza una grande crisi nel territorio appenninico dovuta alle devastazioni derivanti dal passaggio di truppe, di razzie, di incuria e dalla diffusione di malattie. Molti beni appartenenti ad ordini ecclesistici ridotti in rovina anche da eventi metereologici ed abbandonati dai coltivatori affidatari vennero ceduti o permutati con luoghi di San Giorgio che promettevano un rassicurante rendita. Note [1] Quale punto di riferimento aggiornato relativamente alla storia ed alla architettura dell’Abbazia vengono suggeriti i riferimenti contenuti nelle relazioni che appaiono in: “Atti del Seminario di Studi ‘L’Abbazia di Borzone’ Memoria e Futuro. Chiavari 20 Ottobre 2001. Società Economica di Chiavari. Sala Ghio Schiffini”, Edizioni Accademia dei Cultori di Storia Locale (Via Ravaschieri, 15 – 16043 Chiavari), aprile 2002 [2] I Ravaschieri nobili Conti di Lavagna ed i Fieschi sono stati i maggiori detentori del titolo di Abate [3] L’Abbazia già dalle sue origini (1184) venne dotata dagli istitutori di estesi beni terrieri, e benefici, le dotazioni vennero poi ampliate particolarmente con le donazioni dei Fieschi che imponevano il loro controllo sul territorio del levante e nell’entroterra. Tale espansione di possedimenti si ebbe particolarmente grazie alle donazioni dei papi Innocenzo IV e Adriano V [4] I Fieschi iniziando dal secolo XIII avevano contribuito alla istituzione di numerose entità monastiche in particolare all’inserimento nel territorio tra mare e pianura di numerosi “hospitali” per la sicurezza e rifugio di pellegrini e viandanti. L’Abbazia di Borzone è posta ad incrocio tra le vie dell’entroterra e quelle per raggiungere i centri della Lunigiana e Toscana