• 24 Feb

    Il pianto di Pietro:
    una illuminazione pasquale.
    Marco: 14, 66-72


    Proviamo a fare un’ipotesi per capire un po’ questo brano prima di entrarvi. Pietro aveva detto poche ore prima che era disposto a morire per Gesù, che se tutti gli altri lo avessero rinnegato, lui no. Supponiamo che Pietro a questo punto fosse stato così bravo da andare li a morire per Gesù e non l’avesse rinnegato. Cosa sarebbe successo? Pietro non avrebbe sperimentato la salvezza che è il sentirsi amato e perdonato, perché quel che mi salva non è il mio morire per Dio, Dio non vuole che io muoia per Lui, è che Lui ha dato la vita per me e mi ama: è questa la salvezza, è questo che Pietro non ha capito.

    In Pietro vediamo evidenziato la radice delle nostre tristezze, preoccupazioni, ansie, paure di perdere. Perché? io voglio vivere della mia bravura, voglio essere protagonista. Per questo sono disposto anche a morire per Dio. Ma Dio non vuole che tu capisca che Lui ti ama e dà la vita per te.

    Per cui questo brano è il passaggio necessario dalla legge al Vangelo. La legge può portarmi fino a dar la vita per Dio; è il meglio della legge; cosa vuoi più di così? Ma Dio non vuole la vita di nessuno, non è una sanguisuga! Dio dà la vita a tutti e ama tutti. E Pietro deve capire di essere amato gratuitamente; non perché è bravo come pensava lui, ma perché è povero peccatore come noi.

    E allora capisce cos’è il battesimo: essere amati, accettati gratuitamente nel proprio male e la mia identità è l’amore che Lui ha per me, non la mia bravura reale o presunta e questo vuol dire nascere figli amati e accettarsi. E’ lasciarsi immergere nell’oceano dell’infinita gratuità dell’amore di Dio che Lui stesso ci ha rivelato donandoci il suo Figlio.

    Quindi questo brano rappresenta il punto più delicato del Vangelo che riporta il racconto di Pietro, il suo battesimo che è il battesimo del cuore, il pianto, dove Pietro scopre la propria identità.

    Pietro vuoi dire pietra. Ma Pietro è una frana, ma proprio franando tutto questo fa sì che rimanga la solida pietra che è la fedeltà di Dio. La cosa da capire è che noi viviamo della fedeltà e dell’amore di Dio, non della nostra fedeltà e del nostro amore, se no poveri noi.

    Ed è questa la conversione di Paolo che era perfettissimo, irreprensibile nell’osservanza della legge. E’ la conversione più difficile: «Ma come, allora?». Allora è così, il battesimo è vivere di grazia, cioè dell’amore gratuito del Signore e Pietro è il primo che sperimenta questo e lo prova, dove il suo peccato non è come quello di Giuda che è addirittura è pentito e vuole mettere a posto i conti ma quando questo non è più possibile rimane solo posto per la disperazione; difatti il peccato di Giuda non è tanto l’aver tradito Gesù ma il voler rimettere a posto i conti; ed è lo stesso di Pietro che vorrebbe pagare in anticipo dando la vita per Cristo, invece non ci riesce, grazie a Dio. Ci potrà essere così il suo battesimo, il lasciare entrare negli occhi del cuore lo sguardo del Signore che dà la vita per me.

    66 E mentre Pietro era da basso nel cortile, viene una delle serve del sommo sacerdote 67 e vedendo Pietro che si scalda, guardandogli dentro dice: «Anche tu eri col Nazareno Gesù».

    Pietro è coi servi e cosa deve fare? Prima di tutto nessuno gli ha detto di venire, e poi è venuto perché si è ricordato che aveva detto «Anche se gli altri ti abbandonassero, io non ti abbandonerò mai!». É un uomo serio e di parola, vuol mostrare a Gesù che lui è bravo. «Se no, si è sbagliato a chiamarmi Pietro, gli altri sono tutte frane; io invece son Pietro e gli devo mostrare che sono migliore e che dunque ha riposto bene la sua fiducia. Poi presto o tardi Lui se la cava, perché so chi è… ». Era lì per mostrare che era bravo e anche per affetto per Gesù, perché gli vuol bene, per proteggerlo, per dirgli: «Guarda, io sono qui, puoi contate su di me! Non ho parlato a vanvera».

    Allora c’è una serva, anzi una servetta che dice «Tu eri col Nazareno». Come fa a dirlo? Negli ultimi cinque giorni Gesù è stato sulla spianata del tempio e Pietro era davanti a lui. Gesù ha messo a tacere scribi, farisei, sadducei, erodiani e Pietro era li davanti che diceva: «Bravo il maestro! Io sono il successore». Si metteva in mostra ovviamente. E avevano litigato poco prima su chi sarebbe stato a desta e chi a sinistra; Pietro era in vista, la serva l’ha riconosciuto: «Tu eri lì con Lui».

    Ora “essere con” Gesù il Nazareno è l’essenza dell’apostolo. Gesù fece i dodici per essere con Lui (Marco 3, 14). Quindi la sua domanda non è solo per dire: eri in compagnia sua? No, essere con Gesù è la definizione del discepolo in Marco; essere con Lui vuoi dire essere in sua compagnia, fare le stesse scelte, aver gli stessi criteri. Questa è la domanda definitiva al discepolo, la domanda fatta a ogni discepolo a questo punto del Vangelo: tu sei con Gesù? Col Nazareno? Pensi come Lui? Desideri le cose che desidera Lui? Hai gli stessi obiettivi? Cosa vuol dire “essere con”? Sei solidale con Lui? Fai lo stesso cammino? Fai le stesse scelte? Questo vuoi dire “essere con”.

    In realtà Pietro era stato con Gesù, ma con quale Gesù? Con quello che desiderava Lui. E quando ad un certo punto Gesù ha fatto balenare che la storia era un po’ diversa al centro del Vangelo, Pietro dice «Non sia mai! Ti sbagli, ascolta me che sono Pietro, infallibile». Come accadde al primo annuncio della passione! Ma vediamo un poco la risposta.

    68 Ma egli negò dicendo: «Né so, né capisco che tu dici». E uscì fuori nell’atrio e un gallo cantò.

    Ci fermiamo un po’ qui. Noi siamo abituati a dire che qui Pietro ha mentito, invece qui Pietro è la prima volta che dice la verità: «Io non so e non capisco quello che dici». Non so cosa vuoi dire essere con Gesù il Nazareno, anzi per essere sincero io ero con un altro, non con questo qui. E stato uno scambio di persona. Ero con Gesù Nazareno che moltiplicava il pane, che risuscitava i morti, che tutti osannavano, che tutti cercavano. Ero con quello li. Questo qui, arrestato, legato, sputacchiato, deriso, debole come tutti, fragile, stolto io non lo conosco; non so e non lo capisco. «Ha sbagliato a fare quel che ha fatto, perché se avesse ascoltato me, sarebbe andata meglio».

    Ma ancora dopo duemila anni, la domanda è: con quale Gesù sto? Gesù è la proiezione dei miei deliri di potere? Tant’è vero che quando non mi esaudisce lo abbandono, me ne invento un altro. Il problema della fede cristiana è accogliere Gesù il Nazareno nella sua passione e morte per poter sperimentare la forza del suo amore e resurrezione. Allora capisco:
    – chi è Dio: amore assoluto e gratuito per me,
    – e chi sono io: amato in modo assoluto e gratuito da Dio.
    E accetto di vivere di questo.

    Ed è qui che Pietro non sa e non capisce (e non può ancora capire): perciò crollano le sue certezze.  «… Uscì nell’atrio e un gallo cantò».

    Il gallo canta prima del sorgere del sole, comincia la prima luce in Pietro, la prima Luce è capire che lui non capisce questo Cristo, comincia l’illuminazione di Pietro. Il battesimo è l’illuminazione. Il principio di illuminazione è capire che «non so e non capisco quello che tu dici». Io capivo le cose che pensavo io. Gesù era un brav’uomo, anche Dio se vuoi, comunque tutto restava intatto e tutto consisteva nel fatto di imitarlo, nell’essere bravi come Lui, dar la vita per Lui in modo da essere importanti come Lui. E’ l’ottica nella quale credeva di vedere.

    Ma l’ottica di Gesù è un’altra: è che Lui dà la vita per me, non vuole la vita di nessuno, ama gratuitamente me e vuole che io viva. Non è che desiderasse morire perché io vivessi, l’ho ammazzato io se è per questo, Lui desiderava vivere, ammazzato dal mio non riconoscimento.

    È difficile passare da quel rapporto con Dio che è radicato nell’uomo, tipico di ogni religione, del Dio esigente, del Dio giusto comunque, anche amorevole, ma col quale devi sempre sdebitarti, devi pagare e dar la vita. No, non devo dare la vita, la vita è un dono da ricevere dicendo si grazie. Anche con i miei genitori non sono in debito, anche se devo loro tutto, ma non è un debito.
    Così, con Dio non abbiamo alcun debito. E’ Lui che ha dei debiti con noi; ha il debito di un amore infinito e siccome noi non crediamo a questo amore infinito, poveretto non sa più come pagare questo debito; le ha dovute inventare tutte nella storia, fino a morire in croce per pagare questo debito nei nostri confronti, per farci capire che siamo amati gratuitamente e totalmente.

    Ed è questo il peccato: il non capire questo, è il male.

    69 E la serva vedendolo cominciò di nuovo a dire ai presenti: “Costui è di quelli… 70 Ma egli di nuovo negava.

    Ecco la prima domanda è sapere se si è con Gesù. E’ il centro della fede. Essere credente vuol dire essere in compagnia di Gesù, non con il Gesù che mi invento io, ma con quel Gesù che mi ha amato e ha dato se stesso per me e che è il mio Signore e mio Dio.

    Poi, secondo esame della fede cristiana: va bene tu dici che non sei con Gesù, ma è chiaro che sei di quelli. “Di quelli” vuol dire comunità. Tu appartieni alla comunità cristiana?

    Non appartieni alla comunità se non sei con Lui. Appartenenza è essere con Lui, stando con Lui siamo tra noi in modo corretto. Posso avere tutte le etichette possibili e non essere di fatto… cristiano.   

    Essere cristiano è essere con Gesù, che mi ha amato e ha dato se stesso per me, non col Gesù che voglio andare a salvare io. Quindi l’immergersi, l’essere battezzati nel suo amore per me: è questo che mi fa esistere e mi permette di essere poi di quelli che vivono, sperano e amano a partire da questo evento di trasformazione.

    L’appartenenza alla Chiesa viene dopo: perché son cristiano e appartengo alla Chiesa? Perché sono con Gesù. Tant’è vero che uno che non è battezzato non appartiene alla Chiesa.

    Il battesimo cos’è? É l’essere immersi in Gesù, battezzati in Cristo. E l’essere battezzato in Cristo mi rende fratello degli altri, mi mette nella Chiesa. Ma se non sono in Lui, non sono nella Chiesa, anche se ho tutte le appartenenze, anche se faccio parte del Consiglio Pastorale, e anche se di mestiere annuncio la parola di Dio, non sono cristiano. Perché l’essere cristiano è l’essere con Lui, con Lui che è cosi con me. Quindi non basta l’appartenenza alla comunità cristiana.

    C’è tanta gente anche impegnatissima che fa tante cose e fatte bene. Attenti: non sono le cose che fai e l’organizzazione a cui appartieni che ti fanno credente, è il tuo rapporto personale col Signore Gesù; è questo che ti forma e ti costituisce. Anche come prete e religioso, oltre che come uomo della strada. Io posso essere prete e religioso e far tante cose belle e paradossalmente non essere credente. Mi fa credente il mio rapporto con Gesù. E accettare il suo amore per me e vivere di quell’amore. E’ questo il nocciolo della fede che ci fa tutti fratelli e tutti liberi, la nostra identità.

    E Pietro non appartenendo a Cristo non può che rispondere negativamente alla seconda domanda: sei di quelli? Pietro nega, no non sono di quelli; se non sono con lui, non posso essere “di quelli”.

    E dopo un po’ di nuovo i presenti dicevano a Pietro: “Veramente sei di quelli, infatti sei anche galileo

    Essere galileo voleva dire forse anche essere sovversivo, comunque qui chiaramente essere galileo, essere di quelle parti, vuol dire che il tuo linguaggio ti rende manifesto – dice Matteo. Ora è chiaro che tu sei cristiano…. Ma non è detto che sono cristiano. Mi fa cristiano il mio essere con Gesù; non sono tutti i titoli né culturali, né cultuali, né le appartenenze che ti fanno cristiano: è il mio rapporto personale con Gesù. E’ questo il battesimo, sapere che il mio Signore mi ha amato e ha dato se stesso per me. E io vivo rispondendo a questo amore che è la mia identità. E’ questo il battesimo, e vivo quindi nella libertà di figlio, quindi di fratello di tutti e posso essere “di quelli”, della comunità. Ma non è né il mio modo di parlare, né la mia cultura, né le mie appartenenze che mi fanno cristiano. E qui Pietro dà la terza risposta.

    71 Ma egli cominciò a imprecare, a giurare: «Non conosco quell’uomo di cui dite». 72 E subito per la seconda volta un gallo cantò».

    Ecco Pietro si dissocia totalmente per la terza volta, come Gesù che, tre volte interrogato, confessa. Pietro alla fine si dissocia totalmente da “quell’uomo che voi dite” addirittura neanche lo nomina. E qui il gallo canta per la seconda volta. Ora vediamo cosa avviene.

    E ricordò Pietro la parola che disse Gesù: “Prima che il gallo canti due volte, tre volte mi rinnegherai”. E si gettò a piangere.

    In Luca 22, 61 c’è un dettaglio interessante che ci può interessare: 60 Ma Pietro disse: «O uomo non so quello che dici». In quell’istante mentre ancora parlava un gallo cantò. 61 Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi, mi rinnegherai tre volte». E, uscito, pianse amaramente.

    Ecco ci sono due dettagli di più in Luca; Gesù che guarda dentro il cuore di Pietro. Anche qui è Gesù che guarda dentro come prima la servetta. Il Signore guarda dentro Pietro. Come l’avrà guardato? «Te l’avevo detto! Hai visto? Anche tu come gli altri! Sei proprio.. chi credevi d’essere… Io ti ho chiamato Pietro perché hai la testa dura, di pietra».
    Se Gesù l’avesse giudicato, Pietro si sarebbe sentito un po’ tranquillo, almeno pago, in qualche modo avrebbe pagato. Ho sbagliato, scusa, è giusto che paghi.

    Mettiamoci sotto questo sguardo. Gesù lo riconosce, lo guarda dentro e lo accoglie nella sua povertà, non si era sbagliato a chiamarlo. Non è che l’abbia chiamato perché era bravo, infallibile o generosissimo; no, no, «lo sapevo che eri così: ti voglio bene come sei e non mi sono sbagliato a chiamarti». Non ha detto Gesù: «Sai io sono di parola, pensavo tu fossi bravo, tu mi hai tradito, ma io non ti tradisco perché io son di parola». No: «sapevo che eri cosi, che è così e ti amo». Il suo io “ideale” si fa in pezzi. Non sono quello che credevo. E il peggio è che Lui lo sapeva già, non l’avesse saputo almeno! Ma lo sapeva già e mi voleva bene lo stesso e continua a volermelo.
    C’è questo sguardo che fa vivere anche se trafigge. Pietro deve accettare, a questo punto, o di vivere di questo sguardo di accettazione e perdono assoluti – allora nasce come uomo libero – oppure non gli resta che ammazzarsi, come Giuda. E avrebbe infiniti modi per “ammazzarsi”: espierà questo peccato, farà sempre di più il bravo, cercherà di non sbagliare più, cercherà di essere infallibile…. Invece no.

    Qui si pone nell’alternativa di vivere o di un’accettazione assoluta gratuita dell’Altro – e questa è la condizione per vivere – o di pagare in qualche modo questo debito, ed è la condizione per morire. Il battesimo è accettare la grazia, la gratuità, il dono, l’amore incondizionato e assoluto.

    Io di cosa vivo, di che sguardo vivo? Di quello della servetta che mi giudica e degli altri che mi condannano? Del mio sguardo su di me? Che diventa l’inferno su questo punto, perché, se mi giudico, mi condanno.

    Pietro  sotto lo sguardo di Gesù perde la sua falsa identità. Quella che si era costruita. Pietro uscì e fuggì da Gesù: il che vuol dire – è il primo modo – che io rifiuto di essere accettato così. Mi è più facile pagare personalmente, mi sembra più onesto.

    Accettare un amore gratuito e incondizionato – che è l’unico modo per poter vivere – è la vera morte di ogni falso io ed è più duro di qualunque altra cosa e bisogna passarci per vivere della libertà di uno che è amato e che capisce che la sua identità è li, non era quel che pensava.

    È davvero la fine di tutto un mondo. Quando si parla del battesimo come nascita dell’uomo nuovo nella libertà dei figli, si dice qualcosa di preciso. Quando si parla di Illuminazione si dice qualcosa di preciso. Questa illuminazione non è la mia bravura, non è la mia presunzione, né quell’immagine di Dio che avevo, né l’immagine dell’io che avevo, né la mia sconfitta, né la mia vittoria. E’ qualcos’altro: è la scoperta di un amore incondizionato, gratuito e a fondo perduto che Cristo ha per me.

    Ed è lento il cammino per arrivare a questa scoperta e a questo pianto battesimale. Prima deve uscire tutta l’amarezza, la sconfitta anche del falso io che deve scomparire perché sperimenta l’incapacità di autosalvezza. Ma da quel pianto purificatore verrà la Luce che mi permetterà di “vedere” il Crocifisso Risorto che mi accoglie e mi dona la sua vita: il suo Spirito.