LA POVERTA E’ PER LA CHIESA CONDIZIONE ESSENZIALE
PER L’ADEMPIMENTO DELLA SUA MISSIONE
di p. Attilio Franco Fabris
E’ inutile nascondersi che la pratica della povertà è tutt’altro che facile.
Essa va contro istinti che s’annidano nel cuore dell’uomo, quali l’avidità di possedere e di arricchire, la ricerca della comodità e degli agi della vita, la smania di figurare con l’ostentazione della ricchezza e dei lusso. Questi istinti vengono continuamente risvegliati e stimolati dal tipo di civiltà in cui viviamo, tutta protesa a creare nuovi bisogni fittizi che permettano di produrre e guadagnare sempre di più.
Solo una visione dei valori illuminata dalla fede può ispirare e sostenere lo sforzo che è necessario per andare contro corrente. Infatti la povertà cristiana ha anche un aspetto di rinunzia volontaria, di ascesi come imitazione di Cristo che volle essere povero per arricchirci della sua povertà.
L’amore e la pratica della povertà è per la Chiesa condizione essenziale per l’adempimento della sua missione: «Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza».
Ma se la povertà ha da essere testimonianza veramente cristiana, non può prescindere da quello che è il valore sommo del cristianesimo, la carità. La povertà
pertanto dev’essere vissuta nello spirito di solidarietà verso i fratelli, in modo tutto particolare verso i bisognosi, così da realizzare, per quanto possibile, un’uguaglianza nel fatto economico fra quelli che sono uguali come creature e figli di Dio.
La povertà dei cristiano è segnata dallo spirito di umiltà sincera, come quella di Maria, che «primeggia fra gli umili e i poveri del Signore, i quali con fiducia attendono e ricevono da lui la salvezza».
La povertà è spogliamento non solo dei beni esteriori ma anche di se stessi nella umiltà e nell’obbedienza, sull’esempio di Cristo, che «svuotò se stesso… facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce».
La povertà rifiuta la presunzione e la sicurezza con cui troppo spesso singoli e gruppi si atteggiano nei confronti della comunità e dell’autorità della Chiesa, mentre è per questa costante richiamo al servizio umile e disinteressato.
La povertà resiste alla tentazione di ricercare il prestigio o il successo esteriore da parte di chi è invece chiamato a condividere le umiliazioni di Cristo.
Lo spirito di povertà induce il cristiano e ancor più il religioso a scelte di vita che lo avvicinino ai fratelli più poveri e lo rendano simile a loro, in una solidarietà che è testimonianza evangelica di fratellanza. Vicino ai più poveri il cristiano si sente impegnato a denunciare profeticamente le ingiustizie d’una società che, mentre consente a minoranze privilegiate l’uso e l’abuso del potere e una grande massa di beni economici e culturali, impedisce a molti dei suoi membri – in certi paesi la grande maggioranza – di realizzare le condizioni indispensabili a un’esistenza degna dell’uomo.