Immaginazione e vita spirituale
Di Matta el Meskin
Tra le grazie con le quali Dio ha gratificato l’uomo c’è l’ampiezza dell’immaginazione umana capace di estendersi ben oltre i limiti del mondo materiale. Il pensiero umano è in grado di abbracciare tutto ciò che si trova sulla terra e si estende ancora oltre a immaginare ciò che è nell’aldilà.
Dio ci ha fornito di un’immaginazione viva affinché possiamo rappresentarci gli eventi del passato, viverne, partecipare alle loro grazie e preservarci dai loro errori. Così, dalla vita di Cristo, dei profeti e dei santi, possiamo attingere immagini viventi e imprimerle nelle nostre vite: “Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede” (Eb 13,7). “Imparate da me” (Mt 11,29).
Unendo al presente delle nostre vite il passato con le sue immagini vive impresse nella nostra memoria, possiamo prolungarlo grazie all’immaginazione e concepire un avvenire migliore.
L’immaginazione è il legame che unisce le verità del passato alle realtà del presente e alle speranze del futuro.
Tuttavia l’ampiezza dell’immaginazione differisce a seconda delle persone; ve ne sono alcune dotate di un’immaginazione potente, illimitata, capace di concepire le cose nella loro verità senza vederle. Così, non appena il loro sguardo cade su cose ordinarie, insignificanti per gli altri, vi vedono una bellezza e un fascino nascosti e ne traggono considerazioni di un’estrema precisione e perspicacia.
Altri non vedono negli eventi che immagini pure e semplici che nella coscienza rapidamente si dissipano, al punto che i sensi vi prestano poca attenzione; esse passano senza lasciare nell’anima alcuna traccia.
Certuni possono farsi un’idea estremamente sensibile degli eventi del passato; tutti i sensi partecipano allora al clima dell’evento, tanto che la persona percepisce in profondità di vivere in esso. Coloro che sono dotati di questo tipo d’immaginazione sono profondamente impressionati dalla vita di chi li ha preceduti, possono facilmente trasporre immagini della vita dei loro predecessori e imprimerle nella propria vita; esse diventano così verità del presente.
L’immaginazione, come ogni dono naturale creato da Dio, può deviare e, invece di essere per l’uomo causa d’elevazione e di crescita sul cammino della virtù, può trarlo in inganno, lasciando vagabondare il suo pensiero verso il male e la passione, perdersi nelle futilità e nel distorcimento morale e consegnarsi a sogni illusori.
Se l’uomo non diffida di questa deriva, se non governa il proprio pensiero e non controlla la propria immaginazione, sarà per lui di un’influenza disastrosa, in particolare durante la preghiera.
Dobbiamo dunque cercare di sapere come nasce l’immaginazione.
L’immaginazione non è un entità esistente in quanto tale, libera dal comportamento dell’uomo, come a prima vista può sembrare; è la risultante di molteplici forze: l’ambizione, l’impotenza, la passione repressa, l’invidia amara, la collera e la paura sono fattori che possono risvegliarla e proiettarla lontano dal mondo della verità e della realtà per supplire a ciò che l’anima è stata incapace di realizzare.
Per questo, per curare dal vagabondaggio del pensiero nei sogni e dall’evasione dal mondo reale, si parte dall’analisi dei soggetti del pensiero vagabondo. E’ un percorso relativamente facile che uno può fare da solo. Per garantire però un risultato determinante è meglio che sia il padre spirituale a guidare una simile analisi.
È inutile tentare di controllare il pensiero con la forza; è impossibile. La mente continua a funzionare e il pensiero a dispiegarsi fino a quando nell’uomo c’è un soffio di vita, sia sveglio oppure dorma. Il rimedio sta nella conoscenza della ragione del vagabondaggio del pensiero nei territori del male, e poi nel percorso necessario per trattare le cause della repressione.
Parimenti, dobbiamo preparare al pensiero un buon terreno, perché possa installarvisi e soddisfare i propri bisogni immaginativi e contemplativi, esercitandolo alla contemplazione e al ricordo degli eventi della Scrittura e delle vite dei padri, attraverso un sostenuto esercizio quotidiano.
Nonostante tutto quel che possiamo dire e tutto ciò che possiamo fare a proposito del controllo del pensiero, in modo particolare durante la preghiera, in realtà, per l’uomo c’è un unico cammino che gli permette di raggiungere la pace interiore e il riposo del pensiero: l’amore, l’amore che sgorga dalla fede e dalla fiducia in Dio. I metodi volontaristi del controllo del pensiero possono riuscire a governare parzialmente il pensiero e le capacità immaginative, ma non possono riuscire a fissare il pensiero in Dio.
Quando nel cuore dell’uomo esplode l’amore di Dio, esso non investe soltanto la mente, ma tutti i sensi, e l’uomo tutto intero diviene bocca che parla e orecchio che ascolta: nessuna forza può più separarlo dal suo dialogo d’amore con Dio.
Quando l’amore di Dio ne infiamma il cuore, l’uomo, non solo controlla il proprio pensiero e i propri sensi ma, nella propria interezza, accede anche a uno stato di quiete e di serenità paragonabile al paradiso.
Ciò dipende dal senso di sicurezza e di fiducia assoluta che si riceve alla presenza del Dio onnipotente. Il passato, con i suoi mali e i suoi tristi ricordi, è cancellato dall’orizzonte del pensiero in preghiera, nemmeno esistono più le preoccupazioni del presente con le loro esigenze, e scompare l’angoscia del futuro con le sue incognite. Ormai l’anima riposa in Dio. Ha posto in lui una fiducia illimitata, simile a quella del bimbo che riposa sul seno di sua madre.
Uno dei più grandi misteri del nostro amore di Dio e del suo impatto sull’anima umana è, senza dubbio, la capacità di quest’amore di convincere l’anima ad affidare totalmente, semplicemente e immediatamente, la propria volontà, la propria vita, le proprie speranze e la propria debolezza nelle mani del suo amato. L’uomo si alza allora per pregare, non soltanto con lo spirito chiaro e il pensiero controllato, ma anche con un senso di abbandono, di serenità e di calma perfino nelle situazioni d’angoscia e di turbamento più violente e pericolose.
L’atteggiamento del martire che avanza verso la spada del carnefice con calma e tranquillità, pregando e levando al cielo le mani e gli occhi, è immagine viva ed eloquente della potenza dell’ amore capace di vincere su tutto.
Per colui che ama, la disposizione al dono di sé e all’abnegazione è il miglior scudo contro tutti gli imprevisti, tutte le minacce e le angosce che, durante la preghiera, sono i fattori più potenti di turbamento del pensiero.