Gli effetti della preghiera
Alexis Carrel (1941)
In questo testo, tratto dal suo libro La preghiera (1941), il medico e biologo francese Alexis Carrell (1873-1944), vincitore del premio Nobel per la medicina nel 1912, spiega la necessità, quasi fisiologica, che l’essere umano ha di pregare. Con l’esercizio e la costanza nel pregare l’uomo stesso “fiorisce” nella sua personalità; si producono in lui cambiamenti e atteggiamenti che lo fortificano e lo sollevano al di sopra della proprie capacità. “Non dobbiamo vedere la preghiera come un atto ai quale si affidano solo i deboli di spirito, i mendicanti, o i vigliacchi”, afferma lo scienziato. E citando la frase di Nietzsche secondo cui sarebbe vergognoso pregare, Carrel segnala che, “in realtà, pregare non è più vergognoso di quanto sia vergognoso bere o respirare. L’uomo ha bisogno di Dio come ha bisogno di acqua e di ossigeno”.
La preghiera è sempre seguita da un risultato, se è fatta in condizioni convenienti. «Nessun uomo ha mai pregato senza imparare qualche cosa», scriveva Ralph Waldo Emerson. Tuttavia la preghiera è considerata dagli uomini moderni un’abitudine caduta in disuso, una vana superstizione, un resto di barbarie.
In verità noi ignoriamo quasi completamente i suoi effetti. Quali sono le cause della nostra ignoranza? Innanzitutto, la scarsezza della preghiera. Il senso sacro è sulla via di scomparire presso gli uomini civili. È probabile che il numero dei Francesi che pregano abitualmente non oltrepassi il quattro o il cinque per cento della popolazione. In secondo luogo, la preghiera è spesso sterile. Poiché la maggior parte di coloro che pregano sono egoisti, bugiardi, orgogliosi, farisei incapaci di fede e d’amore. Infine gi effetti della preghiera, quando si producono, spesso, ci sfuggono. La risposta alle nostre domande e al nostro amore vien data abitualmente in modo lento, insensibile, quasi non udibile. La piccola voce che sussurra questa risposta nel fondo di noi stessi vien facilmente soffocata dai rumori del mondo. I risultati materiali della preghiera sono anch’essi oscuri. Si confondono generalmente con altri fenomeni. Ben pochi uomini, anche fra i sacerdoti, hanno dunque l’occasione di osservarli in modo preciso. E i medici, per deficienza di interesse, lasciano spesso passare, senza studiarli, i casi che sono alla loro portata. Inoltre, gli osservatori sono spesso sviati dal fatto che la risposta è ben lungi dall’essere sempre quella che si attendeva. Per esempio, chi domanda d’esser guarito di una malattia organica resta ammalato, ma subisce una profonda e inesplicabile trasformazione morale. Tuttavia, l’abitudine della preghiera, sebbene sia eccezionale nell’insieme della popolazione, e relativamente frequente nei gruppi rimasti fedeli alla religione degli avi. In tali gruppi è possibile ancora oggi studiare la influenza della preghiera. E, fra gli innumerevoli effetti di essa, il medico ha soprattutto l’occasione di osservare quelli che si chiamano psicofisiologici e curativi.
La preghiera agisce sullo spirito e sul corpo in un modo che sembra dipendere dalla sua qualità, dalla sua intensità, dalla sua frequenza. È facile conoscere qual è la frequenza della preghiera e, in una certa misura, la sua intensità. La sua qualità, invece, resta sconosciuta, perché noi non abbiamo il mezzo di misurare la fede e la capacità di amore degli altri. Tuttavia, il modo di vivere di colui che prega può illuminarci sulla qualità delle invocazioni che egli innalza a Dio. La preghiera, perfino quando è di debole valore e consiste soprattutto nella recitazione macchinale di formule, esercita un effetto sulla condotta. Essa fortifica nello stesso tempo il senso sacro e il senso morale. Gli ambienti nel quali si prega sono caratterizzati da una certa persistenza del senso del dovere e della responsabilità, da una minor gelosia e malvagità, da qualche bontà nei rapporti col prossimo. Sembra dimostrato che, a parità di sviluppo intellettuale, il carattere e il valore morale sono più elevati negli individui che pregano, anche in modo mediocre, che in quelli che non pregano.
Quando la preghiera è abituale e veramente fervente, la sua influenza si fa chiarissima. Essa è in certo modo paragonabile a quella di una ghiandola secrezione interna, come la tiroide o la ghiandola surrenale, per esempio. Essa consiste in una sorta di trasformazione mentale organica. Tale trasformazione si compie progressivamente. Si direbbe che nella profondità della coscienza s’accenda una fiamma. L’uomo si vede così com’è. Scopre il suo egoismo, la sua cupidigia, i suoi errori di giudizio, il suo orgoglio; si piega all’adempimento del dovere morale; tenta di acquistare l’umiltà intellettuale. Così gli si apre dinanzi il regno della Grazia… A poco a poco si produce una pacificazione interiore, un’armonia delle attività nervose e morali, una maggiore resistenza alla povertà, alla calunnia, alle preoccupazioni, la capacità di sopportare, senza accasciarsi, la perdita delle persone care, il dolore, la malattia, la morte. Così il medico, che vede un malato mettersi a pregare, può rallegrarsi. La calma generata dalla preghiera è un aiuto potente alla terapeutica.
Tuttavia la preghiera non dev’essere paragonata alla morfina. Poiché essa determina, insieme con la calma, una integrazione delle attività mentali, una specie di fioritura della personalità. Talvolta l’eroismo. Essa imprime nei suoi fedeli un sigillo particolare. La purezza dello sguardo, la tranquillità del contegno, la gioia serena dell’espressione, la virilità della condotta e, quando è necessario, la semplice accettazione della morte del soldato o del martire, rivelano la presenza del tesoro nascosto nei fondo degli organi e dello spirito. Sotto quest’influenza anche gli ignoranti, i tardi, i deboli, i poco dotati utilizzano meglio le loro forze intellettuali e morali. La preghiera — come pare — solleva gli uomini al di sopra della statura mentale loro propria per eredità o per educazione.
Dio li ricolma di pace. E pace si irradia da loro. E pace essi portano dovunque vadano. Disgraziatamente non c’è ora nel mondo che un minimo numero d’individui che sappiano realmente pregare.
Sono gli effetti curativi della preghiera che, in tutte le epoche, hanno principalmente attirato l’attenzione degli uomini. Oggi ancora, negli ambienti in cui si prega, si parla molto spesso di guarigioni ottenute per effetto di suppliche indirizzate a Dio o ai suoi Santi. Ma quando si tratta di malattie suscettibili di guarire spontaneamente o con l’ausilio delle cure ordinarie, è difficile sapere quale sia stato il reale agente della guarigione. Solo nei casi nei quali qualsiasi terapeutica è inapplicabile, o fallita, i risultati della preghiera possono essere sicuramente constatati. L’ufficio medico di Lourdes ha reso un grande servizio alla scienza dimostrando la realtà di queste guarigioni. La preghiera ha talvolta un effetto, per così dire, esplosivo. Vi sono malati che sono stati guariti quasi istantaneamente di affezioni come il lupus al viso, il cancro, le infezioni renali, le ulceri, la tubercolosi polmonare, ossea o peritoneale. Il fenomeno si produce quasi sempre nello stesso modo. Un grande dolore. Poi il senso d’esser guariti. In alcuni secondi, o tutt’al più in alcune ore, i sintomi scompaiono, e le lesioni anatomiche si rimarginano. Il miracolo è caratterizzato da una accelerazione estrema dei processi normali di guarigione. Mai una simile accelerazione è stata osservata finora nel corso delle loro esperienze dai chirurghi e dai fisiologi.
Perché questi fenomeni si producano, non c’è bisogno che preghi il malato. Bambini, ancora incapaci di parlare, e non credenti sono stati guariti a Lourdes. Ma, al loro fianco, qualcuno pregava. La preghiera fatta per altri è sempre più feconda di quella fatta per se stessi. Dall’intensità e dalla qualità sembra dipenda l’effetto della preghiera. A Lourdes, i miracoli sono molto meno frequenti di quanto fossero quaranta o cinquant’anni fa. Gli è che i malati non vi trovano più l’atmosfera di profondo raccoglimento che vi regnava un tempo. I pellegrini sono divenuti turisti e le loro preghiere sono divenute inefficaci.
Tali sono i risultati della preghiera dei quali io ho una sicura conoscenza. Accanto ad essi ce n’è una moltitudine di altri. La storia dei Santi, anche moderni, ci riferisce molti fatti meravigliosi. E non c’è dubbio che la maggior parte dei miracoli attribuiti, per esempio, al Curato d’Ars, siano veri. Quest’insieme di fenomeni ci introduce in un mondo nuovo, l’esplorazione del quale non è ancora cominciata e sarà feconda di sorprese. Quel che noi già sappiamo chiaramente è che la preghiera produce effetti tangibili. Per quanto strano ciò possa apparire, noi dobbiamo considerare vero che chi domanda riceve e che a chi batte viene aperto.
Insomma, tutto accade come se Dio ascoltasse l’uomo e gli rispondesse. Gli effetti della preghiera non sono un’illusione. Non bisogna ridurre il senso sacro all’angoscia dell’uomo davanti ai pericoli che lo circondano e davanti al mistero dell’universo. Né bisogna fare unicamente della preghiera una pozione calmante, un rimedio contro la nostra paura della sofferenza, della malattie della morte. Qual è dunque il significato del senso sacro? E quale posto assegna la natura stessa alla preghiera nella nostra vita? In realtà è un posto molto importante. In tutte le epoche gli uomini dell’Occidente hanno pregato. La Città antica era principalmente una istituzione religiosa. I Romani innalzavano templi ovunque. I nostri antenati dei Medio Evo coprivano di cattedrali e di cappelle gotiche il suolo della Cristianità. E ai nostri giorni ancora, al di sopra di ogni villaggio s’innalza un campanile. Con le chiese, come con le università e le officine, i pellegrini venuti dall’Europa instaurarono nel Nuovo Mondo la civiltà occidentale. Nel corso della nostra storia pregare è stato un bisogno elementare come quello di conquistare, di lavorare, di costruire o di amare. In verità il senso sacro sembra essere un impulso proveniente dal più profondo della nostra natura, un’attività fondamentale. Le sue variazioni in un gruppo umano sono quasi sempre legate a quelle di altre attività basilari, il senso morale e il carattere, e talora il senso estetico. Ma proprio a questa parte tanto importante di noi stessi noi abbiamo permesso di atrofizzarsi e spesso di scomparire.
Bisogna ricordare che l’uomo non può, senza pericolo, comportarsi secondo il piacere della propria fantasia. Per riuscire, la vita dev’essere guidata da regole invariabili che dipendono dalla sua stessa struttura. Noi corriamo un grave rischio, quando lasciamo morire in noi qualche attività fondamentale, sia essa d’ordine fisiologico, intellettuale o spirituale. Per esempio, la deficienza di sviluppo dei muscoli, dello scheletro e delle attività non razionali dello spirito in certi intellettuali è disastrosa quanto l’atrofia dell’intelligenza e del senso morale in certi atleti. Ci sono innumerevoli esempi di famiglie prolifiche e forti, le quali non produssero che dei degenerati o si estinsero, dopo la scomparsa delle credenze ataviche e del culto dell’onore.
Noi abbiamo imparato, attraverso una dura esperienza, che la perdita del senso morale e dei senso sacro nella maggioranza degli elementi attivi di una nazione porta alla decadenza di essa e al suo asservimento allo straniero. La caduta della Grecia antica fu preceduta da un fenomeno analogo. È evidentissimo che la soppressione delle attività mentali volute dalla natura è incompatibile con la riuscita della vita.
In pratica, le attività morali e religiose sono legate le une alle altre. Il senso morale svanisce poco dopo il senso sacro. L’uomo non è riuscito a costruire, come voleva Socrate, un sistema di morale indipendente da ogni dottrina religiosa. Le società nelle quali scompare il bisogno di pregare generalmente non sono lontane dal processo di degenerazione. Per questo appunto tutti gli uomini civili — increduli o credenti allo stesso modo — devono interessarsi a questo grave problema dello sviluppo di ciascuna attività basilare di cui l’essere umano è capace.
Per quale ragione il senso sacro ha una funzione molto importante nella riuscita della vita? Per mezzo di quale meccanismo la preghiera agisce su di noi? Qui noi lasciamo il dominio dell’osservazione per quello dell’ipotesi. Ma l’ipotesi, sia pure audace, è necessaria al progresso della conoscenza. Bisogna che ci ricordiamo un primo luogo che l’uomo e un tutto indivisibile, composto di tessuti, di liquidi organici e di coscienza. Esso non è dunque compreso interamente nelle quattro dimensioni dello spazio e del tempo. La coscienza, infatti, se pur risiede nei nostri organi, si prolunga nello stesso tempo al di là della continuità fisica. D’altra parte il corpo vivente, che ci sembra indipendente dal suo ambiente materiale, cioè dall’universo fisico è, in realtà, inseparabile da esso. Infatti è intimamente legato a tale ambiente dal suo bisogno incessante dell’ossigeno, dell’aria e degli elementi che la terra gli fornisce. E non ci è permesso di credere che siamo immersi in una atmosfera spirituale, della quale non possiamo fare a meno più che non possiamo fare a meno dell’universo materiale, della terra, cioè, e dell’aria? Quest’atmosfera null’altro sarebbe che l’essere il quale è immanente in tutti gli esseri e che tutti li trascende, quello cioè che noi chiamiamo Dio. La preghiera potrebbe dunque essere considerata è come l’agente delle relazioni naturali fra la coscienza e il suo proprio ambiente. Come una attività biologica dipendente dalla nostra struttura. In altri termini come una funzione normale del nostro corpo e del nostro spirito.
Riassumendo, il senso sacro riveste, in rapporto alle altre attività dello spirito, una importanza singolare. Poiché ci mette in comunicazione con l’immensità misteriosa del mondo spirituale. Per mezzo della preghiera l’uomo va a Dio e Dio entra in lui. Pregare appare cosa indispensabile al nostro sviluppo totale. Non dobbiamo vedere la preghiera come un atto ai quale si affidano solo i deboli di spirito, i mendicanti, o i vigliacchi. «È vergognoso pregare » scriveva Nietzsche. In realtà pregare non è più vergognoso di quanto sia vergognoso bere o respirare. L’uomo ha bisogno di Dio come ha bisogno di acqua e di ossigeno. Congiunto con l’intuizione, coi senso morale, col senso estetico e con la luce dell’intelligenza, il senso sacro fa sì che la personalità possa pienamente sbocciare. Non c’è dubbio che la riuscita della vita richieda lo sviluppo integrale di ciascuna delle nostre attività fisiologiche, intellettuali, affettive e spirituali. Lo spirito è nello stesso tempo ragione e sentimento. È necessario dunque amare la bellezza di Dio. Noi dobbiamo ascoltare Pascal con lo stesso fervore con quale ascoltiamo Cartesio.
da A. Carrel, La Preghiera, Morcelliana, Brescia, 1986, pp. 28-44.
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