IL DIO GELOSO E LO SPOSO INGANNATO
La profezia di Osea
a cura di p. Attilio Franco Fabris
Lungo l’Antico Testamento ricorre sovente l’espressione: “Io sono il Signore Dio tuo, forte e geloso”.
Dio è fuoco divoratore che consuma chi si allontana da lui, e una volta che Israele è stato scelto non rimangono a quest’ultimo se due scelte:
– o essere l’oggetto del favore e della protezione di Dio
– o rischiare di vedersi consumato e distrutto da lui.
Israele deve imparare a temere Dio.
Ora il temere nella sacra scrittura possiede due accezioni:
– si trema di paura
– si trema perché si ama e si viene meno per la gioia.
Nei confronti di Dio questi due aspetti sono contemporaneamente presenti, sono complementari. Ciò che si oppone al timore non è tanto la familiarità, quanto l’oblio, la dimenticanza.
Allora l’alternativa è duplice: temere o dimenticare.
IL RISCHIO DELL’OBLIO
Israele è sempre tentato di dimenticare Dio. Lungo l’arco delle generazioni è possibile che ci si scordi di quel Dio che “con potenza ha diviso il mare”.
Allora accade che il popolo decada in un ateismo pragmatico: sì Dio viene affermato, ma lo si relega a concetti e pratiche religiose. La vita ne resta estranea, si vive come se non ci fosse.
E’ questa la situazione descritta con amarezza da Dt 32,9-18:
9 Perché porzione del Signore è il suo popolo,
Giacobbe è sua eredità.
10 Egli lo trovò in terra deserta,
in una landa di ululati solitari.
Lo circondò, lo allevò,
lo custodì come pupilla del suo occhio.
11 Come un’aquila che veglia la sua nidiata,
che vola sopra i suoi nati,
egli spiegò le ali e lo prese,
lo sollevò sulle sue ali,
12 Il Signore lo guidò da solo,
non c’era con lui alcun dio straniero.
13 Lo fece montare sulle alture della terra
e lo nutrì con i prodotti della campagna;
gli fece succhiare miele dalla rupe
e olio dai ciottoli della roccia;
14 crema di mucca e latte di pecora
insieme con grasso di agnelli,
arieti di Basan e capri,
fior di farina di frumento
e sangue di uva, che bevevi spumeggiante.
15 Giacobbe ha mangiato e si è saziato,
– sì, ti sei ingrassato, impinguato, rimpinzato –
e ha respinto il Dio che lo aveva fatto,
ha disprezzato la Roccia, sua salvezza.
16 Lo hanno fatto ingelosire con dei stranieri
e provocato con abomini all’ira.
17 Hanno sacrificato a demoni che non sono Dio,
a divinità che non conoscevano,
novità, venute da poco,
che i vostri padri non avevano temuto.
18 La Roccia, che ti ha generato, tu hai trascurato;
hai dimenticato il Dio che ti ha procreato!
In una vita sostanzialmente ormai profana il popolo ha imparato ad incensare idoli a buon mercato.
I profeti rivolgono al popolo parole indignate. Il libro del profeta Isaia si apre con questo atto di accusa:
2 Udite, cieli; ascolta, terra,
perché il Signore dice:
«Ho allevato e fatto crescere figli,
ma essi si sono ribellati contro di me.
3 Il bue conosce il proprietario
e l’asino la greppia del padrone,
ma Israele non conosce
e il mio popolo non comprende».
4 Guai, gente peccatrice,
popolo carico di iniquità!
Razza di scellerati,
figli corrotti!
Hanno abbandonato il Signore,
hanno disprezzato il Santo di Israele,
si sono voltati indietro;
5 perché volete ancora essere colpiti,
accumulando ribellioni?
La testa è tutta malata,
tutto il cuore langue. (1,1-5)
Israele ha dimenticato addirittura da chi ha ricevuto l’esistenza: nella sua testardaggine si è rivolto a idoli attribuendo a loro la sua vita.
Mosè in punto di morte aveva lasciato parole di monito, un testamento: Dt 4,22-31
23 Guardatevi dal dimenticare l’alleanza che il Signore vostro Dio ha stabilita con voi e dal farvi alcuna immagine scolpita di qualunque cosa, riguardo alla quale il Signore tuo Dio ti ha dato un comando. 24 Poiché il Signore tuo Dio è fuoco divoratore, un Dio geloso. 25 Quando avrete generato figli e nipoti e sarete invecchiati nel paese, se vi corromperete, se vi farete immagini scolpite di qualunque cosa, se farete ciò che è male agli occhi del Signore vostro Dio per irritarlo, 26 io chiamo oggi in testimonio contro di voi il cielo e la terra: voi certo perirete, scomparendo dal paese di cui state per prendere possesso oltre il Giordano. Voi non vi rimarrete lunghi giorni, ma sarete tutti sterminati. 27 Il Signore vi disperderà fra i popoli e non resterete più di un piccolo numero fra le nazioni dove il Signore vi condurrà. 28 Là servirete a dei fatti da mano d’uomo, dei di legno e di pietra, i quali non vedono, non mangiano, non odorano. 29 Ma di là cercherai il Signore tuo Dio e lo troverai, se lo cercherai con tutto il cuore e con tutta l’anima. 30 Con angoscia, quando tutte queste cose ti saranno avvenute, negli ultimi giorni, tornerai al Signore tuo Dio e ascolterai la sua voce, 31 poiché il Signore Dio tuo è un Dio misericordioso; non ti abbandonerà e non ti distruggerà, non dimenticherà l’alleanza che ha giurata ai tuoi padri.
Mosè si premura di ricordare ad Israele una duplice realtà:
– JHWH è un Dio geloso
– JHWH è un Dio misericordioso
Sono due certezze apparentemente contraddittorie.
Israele dovrà passare attraverso l’esperienza del fuoco divoratore del Dio geloso, ma farà altresì esperienza della sua misericordia.
Quest’ultima realtà sarà quella del “resto di Israele”. Il fuoco divorante è la “porta stretta”, è un “vaglio di un setaccio” (cf Is 6,13;10,21).
Il popolo eletto per riconvertirsi a Dio deve passare attraverso la prova. Solo a questa condizione gli idoli possono essere annientati.
Questo nuovo intervento di Dio è presentato dai profeti come una nuova creazione, un nuovo esodo. Non si tratta più di richiamare, esortare, da di procedere ad un vero e proprio reimpianto.
E’ questo il significato della nuova alleanza annunciata da Geremia (cap. 31) e il senso delle profezie di Ezechiele:
11,19 Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne…
Gr 31,31-34: «Ecco verranno giorni – dice il Signore – nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova. 32 Non come l’alleanza che ho conclusa con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d’Egitto, una alleanza che essi hanno violato, benché io fossi loro Signore. Parola del Signore. 33 Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. 34 Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato».
IMPOTENZA DELLA LEGGE
Per poter essere ricreato, l’uomo deve arrendersi, e si arrende solo quando fa esperienza di una completa impotenza.
San Paolo insiste sul fatto che la Legge aveva lo scopo di rivelare all’uomo il suo peccato: Rm 7:
7 Che diremo dunque? Che la legge è peccato? No certamente! Però io non ho conosciuto il peccato se non per la legge, né avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non desiderare.
14 Sappiamo infatti che la legge è spirituale, mentre io sono di carne, venduto come schiavo del peccato. 15 Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. 16 Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; 17 quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. 18 Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; 19 infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. 20 Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. 21 Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. 22 Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, 23 ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra.
Solo in questa situazione Dio può aprirsi un varco nel cuore dell’uomo al fine di ricrearlo
SANTITA’ CHIAMA SANTITA’
Il motivo più appariscente della gelosia di Dio? Perché egli è santo e quindi…
Lev 19,1-2:
1 Il Signore disse ancora a Mosè: 2 «Parla a tutta la comunità degli Israeliti e ordina loro: Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo.
11,44-45
44 Poiché io sono il Signore, il Dio vostro. Santificatevi dunque e siate santi, perché io sono santo; non contaminate le vostre persone con alcuno di questi animali che strisciano per terra. 45 Poiché io sono il Signore, che vi ho fatti uscire dal paese d’Egitto, per essere il vostro Dio; siate dunque santi, perché io sono santo.
Questa è la base della spiritualità del libro del Levitico. Vengono proposte delle norme che Israele deve imparare ad osservare affinché prenda sempre più consapevolezza di chi è Dio e di che cosa egli a chiamato a diventare.
L’interrogativo però è: Israele tradirà questa vocazione per altro? Compirà forse il cammino inverso rispetto a quello dell’uomo che ha scoperto un tesoro nel campo e va a vendere ogni suo avere per comprare quel campo (Mt 13,44)? Israele rinuncerà al suo tesoro per altre realtà disprezzabili?
Occorre fare una considerazione: una eredità ricevuta in prima persona entusiasma e responsabilizza. Colui che la riceve a sua volta invece, ormai la conosce troppo bene, ci ha fatto l’abitudine, affettivamente quella eredità è svalutata ai suoi occhi.
Alla prima occasione assale la voglia di cambiare e vendere ciò che non è più colto come valore.
Israele è il popolo eletto perché possiede la Gloria di JHWH. Ma questa gloria, ricorda Paolo, è contenuta in vasi di creta (2Cor 4,7).
La Legge esiste perché il popolo sia protetto dalla tentazione di vendere il tesoro.
Israele non deve confondersi con gli altri popoli! “Siate santi”, “non confondetevi”: perché questo? Proprio per proteggere al massimo il tesoro prezioso.
(Siamo agli opposti del Nuovo testamento in cui si domanda espressamente di comunicare il dono ricevuto, di dover essere lievito in mezzo ai popoli.
Ma questa svolta è dono dello Spirito dono del crocifisso risorto: l’uomo finora non è ancora rinato).
Le conseguenze di questi divieti sono: il non contrarre matrimoni con i goim. Salomone verrà meno a ciò, e il regno di Davide conoscerà la spaccatura e il declino.
(Cf Dt 7,1-6).
Un altro impegno: la città conquistate della terra di Canaan devono essere rase al suolo, e gli abitanti tutti sterminati. Il leitmotiv è: “Li passarono per le armi, e votarono all’anatema tutto ciò che trovarono di vivo. Non rimase un solo sopravvissuto” (cfr. Gs 6,17ss….). La mancanza di questo impegno porta a gravi conseguenze (cf Gs 2,1-5).
Se Dio è valore supremo e unico, tutto il resto deve passare in second’ordine. E’ meglio strappare l’occhio o perdere una gamba piuttosto che perdere ciò che è più prezioso (Mt 5,29). Allora tutto ciò che minaccia, che è “scandalo” deve essere tolto.
IL SEME DELLA VERA FEDE
Israele si consideri non un popolo fra tanti altri, ma come il seme della vera fede nel mondo. E questo seme va protetto più di ogni altra cosa, perché un giorno sarà destinato a tutta l’umanità. Israele deve rimanere luce del mondo: Is 42,6; 60,3…
Può sorgere un interrogativo: ma questo non conduce al fanatismo, all’integralismo?
Forse occorre riconsiderare la progressività della rivelazione. Ciò che è rivelato in un preciso momento può essere accolto dal popolo come tutto ciò che Dio vuole dire, mentre non è tutto. Vi è costantemente questo rischio.
Dio voleva veramente la distruzione, l’anatema o fu piuttosto Israele a comprendere in questa direzione il comando di Dio, o meglio non è il modo in cui Israele comprese Dio?
E’ difficile rispondere e trovare un equilibrio.
Ciò che è importante è che scopriamo ancora una volta che Dio accompagna l’uomo nella sua storia, anche quando questa prende direzioni errate.
OSEA
Cinque secoli più tardi Dio svelerà il segreto della sua gelosia ad Osea figlio di Beeri.
Egli è sposato con Ghomer, una donna molto attraente e che forte del suo fascino non esita a concedere i suoi favori agli ammiratori.
Gomer partorisce due figli, Osea non è sicuro della paternità:
1,3 Egli andò a prendere Gomer, figlia di Diblàim: essa concepì e gli partorì un figlio.
6 La donna concepì di nuovo e partorì una figlia e il Signore disse a Osea: «Chiamala Non-amata, perché non amerò più la casa d’Israele, non ne avrò più compassione.
8 Dopo aver divezzato Non-amata, Gomer concepì e partorì un figlio.
Questa donna infine abbandona il marito Osea dandosi alla prostituzione. Osea rimane solo, umiliato nella sua dignità di marito, ferito nel suo amore tradito.
Eppure era Dio che aveva chiesto il matrimonio con questa donna frivola. E ora Dio tace!
Passano gli anni: Gomer invecchia, il suo fascino decade e i suoi successi amorosi iniziano a declinare. Ella ripensa così agli anni trascorsi con Osea:
2,9 Inseguirà i suoi amanti,
ma non li raggiungerà,
li cercherà senza trovarli.
Allora dirà: «Ritornerò al mio marito di prima
perché ero più felice di ora».
Così si decide a riprendere i contatti col suo vecchio marito. Per il suo riscatto da protettore saranno sufficienti quindici monete d’argento e un moggio e mezzo di orzo:
3,2 Io me l’acquistai per quindici pezzi d’argento e una misura e mezza d’orzo 3 e le dissi: «Per lunghi giorni starai calma con me; non ti prostituirai e non sarai di alcun uomo; così anch’io mi comporterò con te.
OSEA PROFETA
Osea è nel contempo contento e turbato: esitante tra un amore offeso e un amore ferito.
Ed è proprio in questa situazione che Dio gli rivolge la sua parola:
3,1 Il Signore mi disse ancora: «Va’, ama una donna che è amata da un altro ed è adultera; come il Signore ama gli Israeliti ed essi si rivolgono ad altri dei e amano le schiacciate d’uva».
E’ come se Dio gli dicesse: Se mi si dimentica quando tutto va bene e non ci si ricorda di me che nei momenti difficili, credi tu che io possa accettare questo? Eppure guarda: ogni volta io riaccolgo il mio popolo: Dunque tu, senza tante storie, riprendi con te la tua donna, proprio quella che ti ha tradito.
La gelosia di Dio ha dunque un risvolto: il suo innamoramento per la sua creatura:
Is 43,3: poiché io sono il Signore tuo Dio,
il Santo di Israele, il tuo salvatore.
Io do l’Egitto come prezzo per il tuo riscatto,
l’Etiopia e Seba al tuo posto.
4 Perché tu sei prezioso ai miei occhi,
perché sei degno di stima e io ti amo.
Così nei profeti le dichiarazioni di amore per il suo popolo non mancano:
Gr 2, 1 Mi fu rivolta questa parola del Signore:
2 «Va’ e grida agli orecchi di Gerusalemme:
Così dice il Signore:
Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza,
dell’amore al tempo del tuo fidanzamento,
quando mi seguivi nel deserto,in una terra non seminata.
Gr 31, 20 Non è forse Efraim un figlio caro per me,
un mio fanciullo prediletto?
Infatti dopo averlo minacciato,
me ne ricordo sempre più vivamente.
Per questo le mie viscere si commuovono per lui,
provo per lui profonda tenerezza».
Oracolo del Signore.
21 Pianta dei cippi,
metti pali indicatori,
stá bene attenta alla strada,
alla via che hai percorso.
Ritorna, vergine di Israele,
ritorna alle tue città.
22 Fino a quando andrai vagando, figlia ribelle?
Poiché il Signore crea una cosa nuova sulla terra:
la donna cingerà l’uomo!
I profeti useranno l’immagine dello “sposo”:
Is 54, 6 Come una donna abbandonata
e con l’animo afflitto, ti ha il Signore <richiamata.
Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù?
Dice il tuo Dio.
7 Per un breve istante ti ho abbandonata,
ma ti riprenderò con immenso amore.
8 In un impeto di collera ti ho nascosto
per un poco il mio volto;
ma con affetto perenne ho avuto pietà di te,
dice il tuo redentore, il Signore.
O ancora l’immagine della “madre”:
Is 49, 15 Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se queste donne si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.
NEL CANTICO DEI CANTICI
In questo libro troviamo gli accenti più espliciti dell’amore che unisce JHWH al suo popolo. Qui viene impiegata la simbologia affettivo-sessuale.
Il Dio amante afferma:
8,5 Chi è colei che sale dal deserto,
appoggiata al suo diletto?
Sotto il melo ti ho svegliata;
là, dove ti concepì tua madre,
là, dove la tua genitrice ti partorì.
6 Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l’amore,
tenace come gli inferi è la passione:
le sue vampe son vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
7 Le grandi acque non possono spegnere l’amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio.
La Passione di Dio brucia di amore. Egli non è geloso degli idoli, se non in quanto in essi prende corpo lo spirito di prostituzione che gli sottrae l’amore dell’amata:
Mi 6, 3 Popolo mio, che cosa ti ho fatto?
In che cosa ti ho stancato? Rispondimi.
Vi è quest’amore sviscerato che però non viene ancora “spiegato”: esso rimane ancora un mistero nascosto nelle profondità di Dio.
IL FIGLIO PREDILETTO
Perché questa umanità è oggetto di un tale amore, passione, da parte del Creatore?
Possiamo tentare una risposta alla luce di tutta la rivelazione: è perché in essa deve nascere un essere nuovo. Un figlio divino le sarà donato.
Che cosa può Dio amare nell’uomo se non Dio stesso fatto uomo?
E ‘ questo che attende JHWH: l’amore di questa amata infedele, un amore dal quale deve nascere il Figlio atteso: l’Emmanuele, Dio-Con-Noi.
Ciò che Dio ama nell’antico popolo dell’alleanza è questa vocazione di madre di un popolo nuovo, nel quale il Figlio potrà raggiungere la sua statura perfetta.
I profeti punteranno da ora in poi gli occhi su questo atteso parto doloroso nel quale prenderà corpo Dio stesso.
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