• 13 Mar

    La benedizione e la terra

    Gn 21,22-34

    di p. Attilio Franco Fabris

    L’incontro tra Abramo e Abimelech: vv.22-24

    Le autorità di quel territorio: Abimelech e Picol capo dell’esercito incontrano Abramo il patriarca.

    Il re inizia il suo discorso dicendo: “Dio è con te in tutto quello che fai”. La presenza del Signore si manifesta nel successo di tutti i suoi atti.

    Il re di una nazione riconosce che Abramo è “benedetto” da Dio (cfr. 12,3).

    Passa dunque alla proposta: “Giurami ora”. Il re vuole un patto garantito da Dio. Comincia col chiedere che Abramo non lo “inganni” più. Non si può instaurare un rapporto di alleanza e di amicizia sulla frode. Abimelech usa la parola “Hesed” che ha molteplici significati ma che implica sempre lealtà. Il re domanda questo non solo per se stesso, ma per la sua discendenza e il suo paese.

    Così facendo vuol vivere in armonia con Abramo per aver parte della sua benedizione.

    Abramo accetta: “io giuro!”.

    La lealtà nei rapporti è di massima importanza e valore soprattutto nelle culture antiche: oggi è così? L’uomo infatti si misura sulla sua parola, sulla fedeltà alla parola data. Fa quel che dice e dice quel che fa: egli vive all’ombra di Dio e in ascolto della sua coscienza.

    Troppe volte accade che le parole dette con le labbra non corrispondano a quelle interiori, della coscienza. Si bara con se stessi per paura. Di conseguenza i rapporti sono vissuti e giocati sull’ordine dell’ambiguità, del sotterfugio, dell’interesse e del potere sull’altro. La vita diviene una giungla nella quale vige la legge del più forte e del più furbo.

    La lite: vv. 25-26

    Ma è Abramo che ora si sente ingannato: “Abramo rimproverava Abimelech per la questione di un pozzo d’acqua che i servi di Abimelech avevano usurpato”. I pozzi sono spesso causa di litigi in territori con carenza d’acqua.

    Si ripropone in questi termini lo stesso problema incontrato nel rapporto di Lot con Abramo. Ma l’esito è ben diverso: non vi è separazione tra i due, ma una convivenza. E’ possibile stare insieme e questo diviene benedizione per tutti per Abimelech e Abramo che sperimenta ancora una volta la sovrabbondanza del dono di Dio: “Come è bello che i fratelli stiano insieme…” (Sal 121).

    Il re risponde affermando la sua estraneità al fatto: egli è uomo onesto e corretto. Della cosa lamentata egli è all’oscuro (come era all’oscuro che Sara era moglie di Abramo). Ma c’è da domandarsi se un buon re non debba essere al corrente di quello che accade nel suo paese.

    L’alleanza: vv. 27-31

    Ora è Abramo che prende l’iniziativa: “prese pecore e buoi e li diede ad Abimelech”. Così i due stipulano (tagliano) il patto.

    Altro particolare importante: Abimelech accetta sette agnelle riconoscendo così pubblicamente che Abramo è proprietario del pozzo. Dopo questa storia non ci stupiamo che il nome del luogo sia Bersabea che significa “Pozzo del giuramento”. L’azione si è svolta nello stesso luogo in cui Agar aveva sperimentato il soccorso di Dio (21,14-19).

    La terra

    Da questo momento Abramo ha una prima proprietà nel paese. Inizia da questo piccolo terreno l’adempimento della promessa della terra. Abramo è sì sempre un forestiero ma da ora esercita un diritto di proprietà, giuridicamente riconosciuto, su una porzione della terra promessa.

    Qui Abramo pianta una tamerice per commemorare l’alleanza e come azione cultuale. Il piantare un albero può sostituire l’erezione di un altare. “Ivi invocò il nome del Signore”. Lo invoca come El ‘Olam (= Dio eterno) per affermare la fedeltà di Jhwh.

    E’ un piccolo “segno” che la promessa inizia a concretizzarsi.

    Questa lentezza nell’adempimento esige molta pazienza nei confronti del tempi di Dio così diversi dai nostri. Noi vorremmo tutto e subito, ma Dio non adotta mai questo metodo: vuole educare l’uomo alla fede. Se avessimo tutto e subito ciò non permetterebbe una purificazione della coscienza e una sua crescita: saremmo come bambini viziati e quindi immaturi, irresponsabili.

    La pedagogia di Dio ha di mira la crescita nella coscienza dell’uomo della libertà e responsabilità: ciò esige un paziente cammino in cui l’uomo giorno per giorno impara a dare fiducia alla parola.

    Posted by attilio @ 08:50

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