• 06 Mar

    UN “SI’” DIFFICILE DA PRONUNCIARE

    di p. Attilio Franco Fabris


    Non sempre l’uomo riesce a pronunciare il “sì” al Dio della vita, al Dio che ci vuole aprire dinanzi il cammino della vita, facendoci uscire dalla stagnazione della schiavitù al nostro peccato.

    In questo senso l’esito del nostro cammino, della nostra crescita non è dato per scontato. Dio infatti è estremamente rispettoso della libertà da lui donata all’uomo.

    Per dire ciò la Scrittura usa, come già detto, l’immagine simbolica della scelta del cammino da compiere nella propria vita: del bivio. Vediamo così la strada che si  biforca, per Adamo e Eva, per Israele, per Gesù (cf  Mc 8,33; Lc 22,40.46), per la Chiesa (cf Ebr 10,32-39), per ciascuno di noi. E’ l’ora della scelta, della decisione.

    Due strade opposte si aprono davanti all’uomo: Dice il Signore: Ecco io vi metto davanti la via della vita e la via della morte (Ger 21,8).

    Con il peccato originale l’uomo ha subito scelto una via diversa da quella di Dio. Tutto il suo cammino potrà essere immaginato come uno “sforzo di ritornare a Dio” .

    Subito l’uomo  si è fermato a contemplare le creature: buone da mangiare e seducenti da vedere (Gn 3,6).

    Ma in questa sua scelta ha trovato solo frutti amari di sofferenza e di morte  (Gn 3,16-19).

    Da quel momento l’uomo vivrà la sua esperienza umana come desiderio insaziabile e frustrato. Apatico e deluso dirà: Tutto è vanità (Ql 1,1).

    Egli è stato colpito nella sua libertà, situazione che in lui provoca una sofferta lotta interiore. La ragione stessa è ottenebrata e il discernimento ormai reso difficile.

    Il dono della libertà che Dio fa viene usato negativamente; non è più una libertà “per” la vita, ma una falsa libertà per sottrarci “dalla” vita e dalle sue esigenze: ed è questa la realtà del peccato.

    Il peccato si presenta come rifiuto, ostacolo, inciampo nel cammino verso Dio: “Il mio popolo mi ha dimenticato; essi offrono incenso ad un idolo vano. Così hanno inciampato nelle loro strade, nei sentieri di una volta, per camminare su viottoli, per una strada non appianata” (Ger 18,15-16)

    Essa è piena di spine (Pr 15,19), tortuosa (Pr 21,8), piena d’ostacoli (Sir 32,20), oscura (Pr 4,19).

    Dio conosce il cuore dell’uomo, la sua debolezza. Sa che il suo rifiuto, l’infedeltà è sempre possibile, donando all’uomo la libertà egli ha corso questo rischio: Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via (Es 32,8); Non vollero camminare per le vie del Signore (Is 42,24).

    Eccolo allora continuare a dare il suo ammonimento, il richiamo all’obbedienza alla sua parola di vita: “Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dei e a servirli, io vi dichiaro oggi che certo perirete, che non avrete vita lunga nel paese di cui state per entrare in possesso passando il Giordano… scegli dunque la tua vita” (Dt 30,17-19).

    Ruolo della Sapienza è quello di porsi ai crocicchi delle strade per invitare ed esortare l’uomo a prendere la strada giusta, quella della vita: “La Sapienza forse non chiama e la prudenza non fa udir la voce? In cima alle alture, lungo la via, nei crocicchi delle strade essa si è posta, presso le porte, all’ingresso della città, sulle soglie degli usci essa esclama: A voi uomini io mi rivolgo, ai figli dell’uomo è diretta la mia voce” (Pr 8,1-4).

    Il cammino del ritorno a Dio, ed è il cammino dell’esodo, del deserto,  è difficile. E’ il tempo della prova che permette a JHWH di sondare il cuore del suo popolo e correggerlo. Mosè per incoraggiare a perseverare Israele invita a ricordare il cammino fatto: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi… Osserva i comandi del Signore tuo Dio camminando nelle sue vie e temendolo” (Dt 8,2.6).

    La paura, la comodità, la pigrizia, la frustrazione e la ricerca di immediate sicurezze agiscono da freno, rendono estremamente faticoso, se non impossibile, il porsi o il perseverare nel cammino. Se ciò accade il cammino non si attua o si arresta.

    Ma non solo, anzi… si indietreggia, ci si fissa, si regredisce. Israele scegliendo vie diverse dal comandamento di Dio, sarà dato in mano ai nemici, andrà in esilio, vedrà svanire tutte le sue attese: “Ritornerà al paese di Egitto, Assur sarà il loro re, perché non hanno voluto convertirsi” (Os 11,5).

    E’ questa l’esperienza che la Scrittura tante volte riferisce parlando delle scelte che Israele compie lungo la sua storia.

    Anche dopo aver visto e toccato con mano come JHWH voglia la sua vita, la sua liberazione, come Dio lo voglia far “uscire”… Israele si trova subito a fare i conti con la sua debolezza e poca fede. La tentazione di fermarsi, di tornare indietro è forte: “Allora tutta la comunità alzò la voce e diede in alte grida, il popolo pianse tutta quella notte. Tutti gli israeliti mormoravano contro Mosé e contro Aronne e tutta la comunità disse loro: Oh! Fossimo morti nel paese d’Egitto o fossimo morti in questo deserto! E perché il Signore ci conduce in quel paese per cadere di spada… Non sarebbe meglio per noi tornare in Egitto?” (Nm 14,1-4).

    Il non percorrere le vie di Dio attira sull’uomo il castigo, è un castigo in certo qual senso voluto: sarà anzitutto un ulteriore pellegrinare lungamente (per quarant’anni…) nel deserto.

    E se non ci si converte sarà quel “girare in tondo” (cf Dt 2,1), senza meta, degli stolti che rifiutano obbedienza alla legge di Dio. La inevitabile conseguenza è la vacuità dell’esistenza, l’esperienza già presente di morte. Nessuno degli Israeliti che uscirono dall’Egitto poté entrare nella terra di Caanan. Lo stesso Mosè la vedrà solo di lontano.

    In Cristo una nuova via

    La venuta di Cristo apre la nuova via, quella definitiva, si tratta dell’esodo  che effettivamente conduce al riposo di Dio. Gesù, nuovo Mosè del nuovo Israele è la guida, il trascinatore. egli chiama a seguirlo. Dirà ai suoi: “Io sono la via, la verità e la vita”).

    Ma anche qui la  proposta del cammino non è facile. Le esigenze che egli pone sono le esigenze di Dio.

    L’invito  di Gesù rivolto a Pietro di affrontare l’inusitato cammino sulle acque tempestose del lago è icona della difficile sequela. Pietro risponde subito con entusiasmo, ma successivamente la paura lo blocca, la sua attenzione è rivolta verso se stesso, nel non perdere la propria vita, non ha più gli occhi fissi sullo sguardo rassicurante del Risorto che quelle acque tempestose ha già attraversato trionfalmente. Pietro fa allora l’esperienza negativa dell’affondare: “Pietro scendendo dalla barca si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma per la violenza del vento s’impaurì e cominciò ad affondare…” ( Mt 14,29s).

    Ugualmente le esigenze radicali poste da Gesù per chi desidera camminare dietro lui scoraggiano e disorientano l’entusiasmo del giovane ricco. La sicurezza delle sue ricchezze gli impedisce di agire con libertà, il distacco che solo gli consentirebbe di crescere nell’amore. Lo vediamo allora, chinare il capo, rinunciare a camminare sulle orme del Maestro buono, a rinunciare a crescere. Egli sarà preda della tristezza: “Gesù gli disse: Una sola cosa ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli, poi vieni e seguimi. Ma egli, udite queste parole, divenne assai triste, perché era molto ricco” (Lc 18,22-23).

    E ancora: mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: Ti seguirò dovunque tu vada. Gesù gli rispose: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo. A un altro disse: Seguimi. E costui rispose: Signore concedimi di andare a seppellire prima mio padre. Gesù li rispose: lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va’ e annunzia il regno di Dio. Un altro disse: Ti seguirò Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa. Ma Gesù gli rispose: Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro e adatto per il regno di Dio. (Lc 9,57-62). Qui ci viene sottolineata anzitutto l’urgenza della sequela, un’urgenza totalizzante che non permette sguardi all’indietro. Il discepolo con Gesù è completamente proiettato in avanti verso il regno.

    Ma gli apostoli al momento della passione non seguiranno Gesù sulla via del Calvario: essi dormiranno per la tristezza. Gesù sarà solo ad incamminarsi verso la sua passione e morte.

    “Inciampare”, “girare in tondo”, “affondare”, “volgersi indietro”, “cadere nella tristezza”:  immagini e situazioni che descrivono plasticamente le conseguenze dell’uomo che rifiuta di camminare e crescere.

    Al discepolo è richiesta la fiducia nel cammino, un cammino già tracciatoci da Gesù: egli non si deve volgere indietro come Sara o come Israele nel deserto.

    Egli nella fede si rende disponibile, come Maria, a pronunciare il suo “sì” al Dio della vita nella speranza di partecipare alla comunione di vita con lui:

    Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza” (Sal 16,11); “Le vie della sapienza sono deliziose e tutti i suoi sentieri conducono alla pace… Cmminerai sicuro per la tua strada e il tuo piede non inciamperà” (Pr 3,17.23). Guidami sulla via della vita (Sal 139,4).

    SCHEDA DI LAVORO

    * E’ difficile dire sempre di sì a Dio che mi vuol mettere continuamente in cammino. Infatti questo significa accettare di cambiare, modificare, in una sola parola significa “convertirsi”:

    – che cosa avverto in me come ostacolo/i maggiore/i nel dire di sì a Dio che mi vuole          smuovere dalle mie situazioni di morte e schiavitù? Li elenco mettendoli in ordine di          importanza.

    – in che modo e in quali ambiti concreti essi si rivelano come ostacoli?

    * La mia vita è posta sulle orme di Cristo o avverto che essa è ancora un girare a vuoto, in tondo, un correre, ma senza una meta?

    * A cosa mi sento invitato per poter rispondere positivamente alla chiamata di Dio a mettermi continuamente in cammino??

    – che cosa occorre che scelga o privilegi?

    – che cosa occorre che lasci o modifichi?

    UNA LETTURA

    Trovai il senso della vita

    Non so chi – o che cosa – pose la domanda. Non so quando sia stata posta. Non ricordo quando sia stata posta. Non ricordo che cosa risposi. Ma una volta risposi di a qualcuno o a qualcosa. A quel momento risale la certezza che l’esistenza abbia un senso e che dunque la mia vita, nella sottomissione, abbia un fine. Da quel momento ho saputo che cos’è “non volgersi indietro”, “non preoccuparsi del domani”. Guidato nel labirinto della vita dal filo di Arianna della risposta, ebbi un tempo ed un luogo in cui seppi che la vita porta ad un trionfo che è rovina e a una rovina che è trionfo, che il prezzo per la dedizione della propria vita sarebbe stato il biasimo e che la sola elevazione possibile per l’uomo si trovava nella profondità dell’umiliarsi. Poi la parola coraggio perdette il suo senso perché nulla mi poteva essere tolto. Più oltre, sulla via imparai, passo per passo, parola per parola, che dietro ogni detto dell’eroe dei Vangeli sta un essere umano e la esperienza di un uomo. Anche dietro la preghiera che il calice gli fosse distolto e dietro la promessa di vuotarlo. Anche dietro ogni parola detta sulla croce.

    Dag Hammarskjold, Linea della vita, Milano 1966, p. 142

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    Posted by attilio @ 17:30

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