• 01 Feb

    PADRE ONNIPOTENTE

    di p. Attilio Franco Fabris

    Per te chi è Dio?

    Sicuramente a questa domanda possono presentarsi molte risposte, forse, più facilmente, molti silenzi ed interrogativi.

    Se da un lato il pensiero di Dio attira, affascina, da un altro esso suscita un’infinità di atteggiamenti emozionali e talvolta contraddittori. Ne è prova una certa rinascita del sentimento religioso ai nostri giorni.

    Al di fuori della rivelazione biblica ed evangelica gli uomini hanno tentato diversi approcci al mistero del Dio Trascendente dandogli diversi volti e nomi. Ne sono prova la varietà di religioni che hanno visto il loro nascere lungo i secoli in tutte le parti del mondo.

    Paolo nell’Areopago di Atene vedendo la varietà dei templi e degli altari  esistenti sull’Acropoli i atene non perde l’occasione per annunciare il vangelo:

    Cittadini di Atene, vedo che siete in tutto molto timorati degli dèi. Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un altare con l’iscizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio (At 17,22-23).

    Paolo non disprezza questa ricerca “a tentoni” da parte dell’uomo naturale; è un inizio, un preannuncio, una disponibilità a ricevere il dono della rivelazione. Certo egli afferma che, a causa del peccato, questa ricerca è destinata a girare a vuoto ed ad imboccare molte vie errate.

    Per passare dal Dio Ignoto al Dio unico e vero occorre che egli si riveli, mostri il suo volto irraggiungibile. E noi crediamo che Gesù abbia rivelato pienamente questo volto.

    Credo in Dio Padre onnipotente

    Al concetto di Dio onnipotente l’uomo naturale era giunto, ma dandole tonalità che facevano riferimento al suo concetto di potenza: quindi caratterizzata da un potere indiscriminato, imprevedibile, capace di incutere rispetto e paura… una onnipotenza, in fin dei conti, poco simpatica.

    Ma nel simbolo apostolico noi affermiamo che Dio è Padre onnipotente!

    La parola Padre frapposta a Dio e ad Onnipotente  ci abbaglia e ci sconcerta, perché queste due parole (Dio e Onnipotente) alla luce della paternità cambiano totalmente prospettiva.

    HA RIVELATO IL SUO NOME

    La rivelazione del nome di Padre è stata progressiva, e si è manifestata lungo la storia attraverso gli interventi di salvezza che JHWH ha compiuto per il suo popolo.

    Si tratta di ben quaranta secoli!

    Abramo ode una voce: Vattene da l tuo paese, dalla tua patria… verso il paese che io t’indicherò (Gn 12,1).

    E’ la voce di El: il Dio onnipotente, misterioso ed invisibile, eppur vicinissimo ad Abramo, tale da accompagnarlo nel suo cammino: proprio come un padre farebbe con suo figlioletto.

    Una  seconda tappa sarà la rivelazione del nome fatta a Mosè.

    JHWH lo chiama dal roveto ardente: Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe… Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti… Sono sceso a liberarlo… Ora va’!

    Ma Mosè chiede esplicitamente il nome a Dio: Ecco io arrivo dagli israeliti e dico loto: il dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?

    Ed è così che Dio rivela il suo nome: Io sono colui-che-sono… Dirai agli israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi… Questi è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione (cfr. Es 3).

    Si tratta di un evento straordinario, perché Dio rivelando il suo nome lascia che l’uomo entri in una relazione intima con lui, gli attribuisce un potere su di lui, come se gli dicesse: “Mi chiamo così e così, ormai sai come mi chiamo, puoi dunque chiamarmi, non hai che da chiamarmi, ora sai il mio nome”.

    Dare un nome implica qualcosa che va al di là di una semplice definizione. Dare un nome significa esercitare un dominio. Il nome implica sempre un rapporto, l’altro non è più uno sconosciuto tra tanti altri.

    Se Dio dice il suo nome e chiama per nome è per porsi in dialogo, dandosi in un rapporto di amicizia e di alleanza. Da questo momento Dio non è più uno sconosciuto misterioso.

    Il nome rivelato a Mosè non è una definizione ontologica. Si tratta di un nome proprio, di un nome che rivela la sua presenza (Io-sono-qui), è un nome che indica fedeltà.

    Passano secoli e appare un Rabbi nella Galilea. Egli proclama di se stesso: Se non credete che Io-Sono, morirete nei vostri peccati… Quando avrete innalzato il figlio dell’uomo, allora saprete che Io-Sono (Gv 8,24.28).

    Gesù si presenta come nuovo roveto ardente che rivela non più solo il nome ma anche il volto di Dio: Dio incarnato Dio con noi. Al termine della sua missione Gesù in pienezza potrà dire: Padre, ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini (Gv 17,6).

    Al culmine della rivelazione, il Signore Gesù si presenta come il rivelatore del nome/volto vero e vivo di Dio. Sentiamo Giovanni esclamare con giubilo nel prologo: Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.


    IL PADRE GUARDATO CON SOSPETTO

    Ma le affermazioni congiunte di “Dio” e “Padre” sollevano tante questioni.

    Sembra infatti assurdo assommare la divinità onnipotente con la paternità divina. L’onnipotenza sembra escludere la paternità. A meno che non ci si rifaccia ad una simbolica di padre-padrone.

    Ancora più la difficoltà aumenta pensando che la simbolica del padre oggi non è così scontata. Ai contemporanei suona quanto meno ambigua se non irritante.

    Purtroppo o per fortuna il linguaggio non indica sempre realtà univoche, spesso risulta addirittura mistificante. Alcuni filosofi hanno così denunciato il linguaggio religioso come il più soggetto a questo rischio.

    Per questi filosofi affermare “Dio Padre” equivale ad affermare solo un fantasma a servizio di una data stratificazione sociale (Marx), oppure a fomentare un risentimento camuffato da parte dei deboli (Nietzcshe), o ancora è frutto di un inconscio che si vorrebbe imbrigliare perché pericoloso (Freud)., infine potrebbe rappresentare solo un insieme di simboli sociali convenzionali (Althusser).

    Le parole nascondono dunque solo dei tranelli?

    Pensiamo di no, esse sono indicatrici, rivelatrici di una realtà da esse solo indicata. L’uso che la rivelazione fa del linguaggio umano è legittimo, poiché è la sola possibilità di parlare di Dio almeno per analogia.

    Per le nuove generazioni la parola Padre appare una provocazione bell’e buona. Sazie  di paternalismo si sono ripiegate su una forma di “parricidio”: ovvero su un rifiuto di ogni “paternità” al fine di rivendicare la propria autonomia, libertà, indipendenza.

    Il padre è morto, dunque… Dio Padre è morto.

    Ma ciascuno di noi si porta dentro, voglia o non voglia, nel profondo, questo archetipo, che stando alla psicologia del profondo è tra i fondamentali della psiche umana.

    Ne è prova il fatto che ciascuno sente la propria esperienza di figlio come fondamentale nel proprio cammino vitale. Mi ha colpito la vicenda raccontata in TV di un uomo ormai anziano che ha speso tutta la sua vita, le sue energie, nella disperata ricerca della propria madre in quanto abbandonato da piccolo e adottato. A ben sedici anni abbandonò improvvisamente la propria famiglia adottiva per mettersi alla ricerca della propria origine, a più di sessanta non desisteva ancora da questa ricerca che diceva essere l’”unico scopo della sua vita”.

    Ma una cosa importante è constatare che Dio quando si rivela come padre, non si richiama alla nostra esperienza di figli; non dice: Ricordatevi di vostro padre e di vostra madre: io sono come loro. Rimanda al contrario all’esperienza adulta dell’essere padre o madre nei confronti dei figli (cfr. Is 49,15; Os 11,1-4; Lc 11,11-13).

    La simbologia del padre applicata a Dio rimanda dunque non all’esperienza di figli, ma a quella dei genitori amorosi, alla loro tenerezza. Balzac in un suo romanzo dice: “Io ho veramente compreso ciò che poteva significare essere Dio, solo quando sono diventato padre”.

    L’essere padre o madre significa sentirsi immagine di Dio Padre.

    E a Dio compete l’originaria paternità di  ogni cosa creata, sulla quale si struttura ogni paternità e maternità. Nessuno è padre quanto Dio: “Non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello dei cieli” (Mt 23,9).

    PADRE DI TUTTI E DI CIASCUNO

    Tutta la scrittura ci parla di un Dio che si rivela paterno nei confronti del suo popolo.

    Lungo la storia del popolo di Israele JHWH non si perde in chiacchiere e dichiarazioni, cosa tipica dei “paternalisti”. Egli è l’”Io-Sono-qui” che si manifesta attraverso avvenimenti concreti della storia,  ed è per questo che solo successivamente è colto da Israele come Dio che agisce ed è presente:

    Non è lui il padre che ti ha creato, che ti ha fatto e che ti ha costituito?… Hai dimenticato il Dio che ti ha creato!” (Dt 32,6.18).

    Io sono il Signore tuo Dio che ti tengo per la mano destra e ti dico: Non temere, io ti vengo in aiuto. Non temere, vermiciattolo di Giacobbe, larva di Israele, io vengo in tuo aiuto – oracolo del Signore – tuo redentore è il Santo di Israele” (Is 41,12-14).

    Pur nella sua storia tormentata e costellata di tradimenti, Israele sa di poter contare sempre sulla fedeltà-amore-paternità del suo Dio:

    Dove sono il fremito della tua tenerezza e la tua misericordia? Non sforzarti all’insensibilità, perché tu sei il nostro padre… Tu Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore” (Is 63,15-16).

    E Dio sempre si lascerà muovere a compassione, come una tenera madre verso il suo piccolo:

    Non è forse Efraim un figlio caro per me, un mio fanciullo prediletto? Infatti, dopo averlo minacciato, me ne ricordo sempre più vivamente. Per questo le mie viscere si commuovono per lui, provo per lui profonda tenerezza. Oracolo del Signore” (Gr 31,20).

    Questa paternità di Dio che inizialmente è rivolta esclusivamente alla dimensione di Israele come popolo, nella rivelazione cristiana viene ad assumere pure il connotato di una relazione anche personale intima di ciascuno con Dio.

    Così si è sono portati a scoprire che il Padre che è nei cieli,  conosce ciascuno per nome, siamo suoi figli, contiamo per lui:

    Poi disse ai suoi discepoli: Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete, né per il vostro corpo, come lo vestirete. La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito. Guardate i corvi: Non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio, eppure Dio li nutre. Quanto voi valete più degli uccelli” (Lc 12,22-24; cfr. Mt 10,29-31).

    Il figlio è preservato dall’ansia e dall’affanno per le cose:

    Di tutte queste cose si preoccupano i pagani. Il Padre vostro celeste sa infatti che ne avete bisogno… Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena” (Mt 6,32-34).

    Questa rivelazione della paternità di Dio prima verso il popolo, poi per ciascuno porta il credente ad estendere la consapevolezza della paternità di Dio a tutti, nessuno è escluso perché Dio tratta tutti come figli, ama tutti dello stesso amore e con lo stesso cuore di Padre:

    Per questo Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del vostro Padre celeste che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti… Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt5,44-47).

    Egli è Padre di tutti i popoli, di tutti gli uomini; è Padre di ogni uomo, qualunque sia la sua razza, la sua religione, e il  suo… peccato. E’ questa la rivelazione del vangelo.


    PADRE ONNIPOTENTE

    Ora come conciliare la paternità premurosa di Dio per ciascuno e la sua maestosa onnipotenza di fronte alla quale ci sentiamo quasi annientati e lontani?

    Questa onnipotenza dicevamo spaventa un po’!

    Nella Scrittura essa è espressa in immagini temibili: “Dio delle moltitudini”, “Dio delle potenze”, Dio delle schiere”…Egli è il Dio “Sabaoth” sovrano di tutto e di tutti.

    Potenza assoluta-amore assoluto sono inconciliabili? Distanza assoluta-prossimità assoluta, l’essere assoluto e l’essere fattosi limitato e legato all’uomo sono irrimediabilmente concetti escludentesi a vicenda?

    Questa inconciliabilità trova uno sbocco sconcertante solo nella seconda parte del Credo: Credo in Gesù Cristo, suo figlio unigenito…

    L’incarnazione ha rivelato contemporaneamente il volto della paternità di Dio e la sua onnipotenza: un Dio che vagisce in una stalla, agonizzante su una croce…

    In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati (1Gv 4,8-10).

    Siamo così costretti a rivedere radicalmente tutte le nostre immagini di potenza e di sovranità.

    La potenza di Dio è l’esattamente contrario della potenza intesa umanamente. La potenza suprema di Dio è il poter completamnente rinunciare alla potenza: è onnipotenza di amore.

    Scrive F. Varillon: Quando usciamo dalla sfera propria dell’amore e, lavorando di fantasia introduciamo in Dio elementi estranei all’amore, quando pensiamo che l’amore è qualcosa in Dio o un aspetto di Dio e non Dio stesso, allora ci costruiamo un idolo. Siffatta idolatria alligna nel cuore dei cristiani sotto la parvenza della fede, quando appunto la fede non è abbastanza forte e pura per criticare i concetti e le immagini che si moltiplicano alla sua ombra.

    Gli attributi di Dio per quanto belli e numerosi non costituiscono la natura di Dio. Questa è amore, nient’altro. I nostri attributi ne esprimo sono delle qualità.

    Un esempio. Tu hai una casa al mare: è nuova, bianca, grande, luminosa… Quello che possiedi al mare non è il biancore, la grandezza, la luminosità. Tu hai una casa e nient’altro ed essa è bianca, grande, luminosa. Questi sono solo attributi della casa. Ora l’amore non è attributo di Dio, ma tutti gli attributi di Dio sono gli attributi dell’amore.

    Quanto allora dobbiamo purificare le nostre immagini di Dio!

    L’amore di Dio Padre per noi, per me, è antecedente, gratuito, senza ragione, senza condizioni.

    I genitori amano il figlio che deve arrivare prima ancora di vederne il volto, di saperne il sesso, il carattere, il colore dei capelli e degli occhi… (e quanto purtroppo sperimentiamo come il nostro amore umano rischia sempre di porre condizioni e ragioni!).

    L’amore del Padre dei cieli non presuppone nulla da parte mia, non ho nessun valore da presentargli prima, non aspetta che io lo ami o che io sia amabile.

    Scrive ancora Varillon: L’amante dice all’amata: “Tu sei la mia gioia”, il che significa: “Senza di te sono povero di gioia, infelice”. Oppure: “Tu sei tutto per me”, il che significa: “Senza di te non ho nulla, sono niente”. Amare vuol dire esistere mediante l’altro e per l’altro… Colui che ama di più, pertanto, è anche il più povero. L’infinitamente amante-Dio è infinitamente povero. Mendicante d’amore?!

    Anche l’amore dei fidanzati, degli sposi, non è mai completamente gratuito, perché è reciprocità.

    La gratuità totale ed eterna dell’amore è l’onnipotenza di Dio, del suo amore di Padre. Povertà, spinta all’infinito, dei genitori di un figlio ingrato che non cessano di amare…

    Quest’amore gratuito corre il rischio del rifiuto, della dimenticanza, del tradimento. D’altronde un’onnipotenza che piegasse l’uomo al proprio volere non esiste, negherebbe all’uomo il dono della libertà di figlio (cfr. la parabola : “Un uomo aveva due figli” Lc 15).

    Dio corre il rischio della libertà dell’uomo. Sartre diceva: Se l’uomo è libero Dio non esiste.

    Il Dio “Onnipotente” alla maniera umana non esiste.

    Esiste un Padre onnipotente, onnipotente nel suo amore.


    SCHEDA DI LAVORO

    1.                 Dio Padre Onnipotente: questa espressione che sentimenti suscita in te. Prova ad elencarli e a darne una motivazione.

    2.                 La rivelazione biblica ha conosciuto una diversità di nomi da dare a JHWH. L’islamismo conosce 99 nomi da attribuire a Dio: non inserisce quello di padre. Tu che nome sceglieresti per definire Dio? Perché?

    3.                 La paternità di Dio abbraccia tutti senza distinzioni. Cosa significa questo? Cosa comporta concretamente nel vissuto della tua fede?

    4.                 L’onnipotenza di Dio, e onnipotenza del farsi debole. Bimbo che vagisce e crocifisso sul Calvario. Questo cambia di molto la prospettiva con cui intendere la sua onnipotenza. Questo fatto cosa viene a togliere, a modificare, a migliorare nel tuo rapporto con lui? Nella tua vita cristiana cosa significa?

    5.                 Cerca di comporre una tua breve preghiera in cui cerchi di dire a Dio i tuoi sentimenti di fronte alla sua rivelazione di Onnipotente e Padre.

    Posted by attilio @ 12:22

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