• 30 Gen

    Secondo la tradizione, il Volto megalitico sarebbe un’effigie di Cristo, scolpita,forse come ex voto, dai frati che un tempo abitavano l’Abbazia di Borzone, in ringraziamento per l’avvenuta cristianizzazione della vallata. A seguito dell’ abbandono del convento da parte dei frati, il volto fu sommerso dalla vegetazione e dimenticato. Oggi è stata avanzata l’ipotesi che la grande scultura si possa far risalire al paleolitico superiore, cioè ad un periodo variabile da 20.000 a 12.000 anni fa. Infatti sono state ravvisate notevoli somiglianze tra le tecniche di lavorazione ed il soggetto stesso di quest’opera da un lato, e molti menhir antropomorfi rinvenuti in varie località d’Europa ed appartenenti alla stesso periodo dall’altro. Qualunque sia la verità, essa resta un’opera grandiosa. La scultura è ben visibile dalla strada, poichè è stata ripulita e disboscata la parte anteriore della rupe. La vista del monumento desta una grande impressione, per le gigantesche dimensioni (circa m. 7 di altezza per 4 di larghezza, che ne fanno la scultura rupestre più grande d’Italia e forse d’Europa), per la collocazione incombente sull’osservatore e per la bellezza dei luoghi, in gran parte sfuggiti all’aggressività dell’uomo moderno. Il Volto megalitico è scolpito su di una rupe situata nel comune di Borzonasca, in provincia di Genova. Per giungervi, si lascia l’autostrada Genova-Livorno al casello di Lavagna e da qui si procede verso Carasco e poi Borgonovo. Si attraversa quindi il paese di Borzonasca e si seguono le indicazioni per l’Abbazia di Borzone(di epoca medievale, anch’essa merita una visita). Si giunge ad un bivio: a destra si arriva all’Abbazia, a sinistra si prosegue per il passo delle Rocche. Dopo poche minuti si arriva alla rupe. Bisogna prestare molta attenzione, perchè il Volto non si vede arrivando da questa direzione, ma è visibile dal lato opposto e attualmente vi sono, come unica indicazione, due piccoli segnali sbiaditi. Comunque la rupe si nota qualche minuto prima perchè spunta assai aspra dalla vegetazione. Alla base del monumento si può lasciare l’automobile. Il sentiero che porta alla base del volto richiede un’ascesa di 10 minuti, ma è molto aspro e non privo di pericoli, specialmente se accompagnati da bambini. Dalla sommità della rupe si ha un ampio panorama sulle vallate circostanti.

  • 29 Gen

    La chiesa o prioria di Sant’Eufemiano è un edificio religioso della frazione di Graveglia nel comune ligure di Carasco, nella val Fontanabuona in provincia di Genova. La comunità parrocchiale fa parte della diocesi di Chiavari. La chiesa fu costruita dai monaci colombaniani dell’abbazia di San Colombano di Bobbio, intitolandola al santo Eufemiano, nella frazione di Graveglia[1]. In zona vi era inoltre il monastero di Comorga, sempre gestito dagli stessi monaci che come prioria amministrava il territorio. Nel XIII secolo la proprietà delle terre di Graveglia passarono dai monaci di Bobbio ai Benedettini, subentrati ai colombaniani nell’abbazia di Sant’Andrea di Borzone (Borzonasca). La sua prioria fu data in commenda, all’inizio del XVI secolo, alla Santa Sede che con breve del 6 novembre 1519 concederà il patronato alla famiglia locale dei Ravaschieri. Eredita in seguito dalla famiglia Solari la curia arcivescovile di Genova decise di sospendere il giuspatronato familiare e, nel 1873, di conferire il beneficio priorale mediante un apposito concorso ecclesiastico. L’attuale chiesa fu eretta nel 1866 e consacrata il 12 maggio del 1868 dall’arcivescovo genovese monsignor Andrea Charvaz.


  • 28 Gen
    Eredità celtica all’Abbazia di Borzone?

    A Borzonasca, in provincia di Genova, singolari volti scolpiti nella roccia rimandano alla tradizione celtica di collocare guardiani simbolici per proteggere i luoghi sacri.

    Risalendo a nord ovest dell’Abbazia, in località Rocche, si incontra un singolare mascherone scolpito nella roccia, probabilmente con intenzioni protettive. La testa, dotata di capigliatura fluente e di un inconsueto copricapo sacerdotale, fa pensare a un contrassegno, volto a ribadire la sacertà del luogo e a difenderlo da energie negative e influenze perturbatrici.

    Ancora teste umane, questa volta di piccole dimensioni, compaiono in veste di guardiani anche sugli stipiti e sulle locali fontane. Non è inverosimile che si tratti di una tradizione ereditata dai Celti, che usavano conservare come amuleti e inchiodare sulla soglia le teste mozze dei nemici.

    Sempre nei dintorni, presso il rifugio Monte Aiona, in località Prato Molle, si può osservare una rara formazione geologica, forse un meteorite, che si racconta dotata di incredibili proprietà: infatti, devierebbe con forza l’ago della bussola e, se percossa, risuonerebbe come una campana.

    Laura Tuan

  • 27 Gen

    ABBAZIA DI BORZONE:

    IL REBUS DI BORZONE

    di Paolo Mira

    La storia dell’abbazia di Borzone inizia “ufficialmente” nel 1120 con una bolla di papa Callisto II, ma tanti sono gli indizi che fanno pensare a una sua origine molto più antica. Stiamo parlando dell’abbazia ligure di Sant’Andrea di Borzone, nei pressi di Lavagna. Dalla storia sappiamo che, nel luogo in cui sorge l’attuale complesso, i Bizantini eressero al tempo della “guerra gotica”, nella prima metà del VI secolo, un baluardo difensivo a presidio di un collegamento viario tra la riviera e la pianura Padana.
    Quando e da chi sulle rovine della fortezza bizantina fu edificata la chiesa di Sant’Andrea con l’annesso monastero continua a rimanere motivo di incertezza e discussione. Il primo documento scritto, infatti – come accennato – è la bolla pontificia del 1120, nella quale Callisto II confermava il possesso del cenobio di Borzone all’abbazia di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia.La tradizione locale indica il nostro monastero come fondazione dell’abbazia piacentina di San Colombano di Bobbio; tuttavia la mancanza di Borzone negli antichi documenti bobbiesi e la sua presenza nella bolla papale tra le dipendenze pervenute all’abbazia pavese – essa pure colombiniana per dotazione di re Liutprando – proporrebbero una retrodatazione della sua erezione forse alla prima metà dell’VIII secolo, a opera dello stesso re longobardo.
    Nella seconda metà del XII secolo, venuti a mancare i monaci colombiniani, l’arcivescovo di Genova Ugo della Volta nel 1184 decise di restaurare il complesso ormai cadente e chiamò la congregazione benedettina francese di “La Chaise Dieu”. Accettata la donazione i benedettini garantirono la loro presenza a Borzone fino agli esordi del XVI secolo. Nel 1535 l’abbazia divenne commenda, realtà che durò fino al 1847. Tra gli abati commendatari vi furono figure di spicco come il cardinale Michele Ghislieri, il futuro papa San Pio V. Dopo le soppressioni Borzone divenne chiesa parrocchiale, nel 1910 fu dichiarata monumento nazionale, mentre dal 2000 si sta procedendo a un delicato intervento di restauro dell’intero complesso, al fine di dare vita a una “Casa di Preghiera e Accoglienza”, un luogo dello spirito alla cui base stanno l’ascolto della Parola e la preghiera, l’accoglienza, il silenzio e la solitudine, l’essenzialità e la gratuità.
    “La chiesa abbaziale – spiega padre Attilio Fabris, responsabile della Casa di preghiera, oltre che profondo conoscitore della storia del cenobio – è un vero gioiello artistico e un monumento fra i più importanti del patrimonio storico e architettonico ligure. La muratura esterna e interna della facciata e dei fianchi corrisponde, con poche modifiche, a quella originaria, probabilmente dell’VIII-IX secolo, giocata sulla bicromia dei due materiali di costruzione impiegati – pietra e mattone – e sulle ritmate proporzioni del doppio ordine di arcatelle cieche, che ininterrottamente la percorrono, dando un’impressione di grande armonia e raffinatezza nonostante la povertà dei materiali”.L’austerità architettonica è ingentilita all’interno da opere di grande rilievo artistico. Al centro del presbiterio, vi è l’altare maggiore, opera in stucco risalente alla prima metà del XVIII secolo, sormontato da un grande crocifisso coevo, attribuito alla scuola del Maragliano, uno dei più importanti scultori in legno, donato all’abbazia dall’allora cardinale Spina, vescovo di Genova, in qualità di abate commendatario. Sul lato sinistro del presbiterio vi è, invece, un bel tabernacolo in ardesia datato il 1513. Pregevoli anche gli altari della navata: quello dedicato a Sant’Anna del 1755, con una statua seicentesca che la raffigura, e quello di Maria Vergine, commissionato nel 1644 dall’abate Gaspare Gazzolo, con una scultura in marmo raffigurante la Vergine con il Bambino.
    Nella parete absidale, era un tempo collocato – oggi al Museo Diocesano di Chiavari – un grande polittico, opera del pittore di origine milanese Carlo Braccesco, realizzato nel 1484.Accanto alla chiesa, sorge, infine, la possente torre campanaria che presenta una muratura di circa un metro di spessore; incastonata in essa si trova un’importante lapide, un tempo forse collocata all’interno della chiesa, che recita: “MCCXLIII abbas gerardus de cucurno natus fecit fieri has ecclesia et turrem”, certamente a documentare importanti lavori di ammodernamento voluti nel 1243 dall’abate Gerardo di Cogorno, nella medesima epoca di costruzione della vicina e famosa basilica di San Salvatore dei Fieschi a Lavagna.
    Per chi è disposto a un’ultima fatica, dopo aver ammirato il cipresso plurisecolare del sagrato, annoverato tra le piante monumentali della Liguria con i suoi cinque-sei secoli di vita, va segnalato il misterioso “Volto megalitico di Gesù Cristo”, in località Rocche di Borzone. Si tratta di un grande masso, scoperto nel 1965, che raffigura un volto umano dell’altezza di circa 7 metri.

    COME RAGGIUNGERE BORZONE

    L’abbazia di Sant’Andrea di Borzone si trova in Liguria e, più precisamente, in Val Sturla, nei pressi di Lavagna. E’ facilmente raggiungibile utilizzando l’autostrada Genova-Livorno, uscendo al casello Lavagna. Si prosegue, quindi, per 10 km in direzione Carasco-Borzonasca e giunti a Borzonasca, deviando a destra, con altri 3 km di strada si sale all’abbazia di Borzone. Quest’ultimo tratto è percorribile in auto, ma per i più volenterosi anche a piedi, in quanto i pullman sono impossibilitati a salire a causa delle misure ristrette della strada.
    Responsabile dell’abbazia e della “Casa di preghiera” Sant’Andrea è padre Attilio Fabris, che può essere contattato al numero
    0185.340056.
    Per ulteriori informazioni e approfondimenti storico-artistici è possibile consultare il sito: www.abbaziaborzone.it.


    Pubblicato su: “Segno”, mensile
    dell’Azione Cattolica Italiana

    n° 1 – Gennaio 2010

  • 26 Gen

    PROVINCIA DI GENOVA Piano Territoriale di Coordinamento

    DESCRIZIONE FONDATIVA Cap. 7 – GRADO DI STABILITA’ AMBIENT 81 ALE E SUSCETTIVITA’ ALLE TRASFORMAZIONI – Ambito 2.6

    Area : 2 – TIGULLIO

    Ambito : 2.6 – STURLA : Borzonasca, Mezzanego


    GRADO DI STABILITA’ AMBIENTALE E SUSCETTIVITA’ ALLE TRASFORMAZIONI

    Valori presenti sul territorio

    • SUOLO – Rappresentano valori le seguenti situazioni:

    − permeabilità del suolo : in corrispondenza delle terrazze fluviali dello Sturla e del T. Penna, laddove sono presenti alluvioni permeabili per porosità, ancorché in modo disomogeneo.

    • AMBIENTE – Rappresentano valori le seguenti situazioni:

    − generalizzata buona condizione dell’aria ;

    − buona qualità complessiva delle acque presenti nell’ambito, risultando assenti, o di modesta entità, le situazioni di compromissione ;

    − presenza di zone di protezione faunistica :

    − Zone di ripopolamento e cattura : “Monte Bozale” (Borzonasca), “Monte Aiona” (Borzonasca); “Monte Ramaceto” (Borzonasca) ;

    − Oasi faunistiche : “Monte Zatta” (Mezzanego, Borzonasca) ;

    − Foresta demaniale del Monte Penna;

    − Foresta demaniale di Monte Zatta, ubicata a ridosso della caratteristica cresta montuosa a doppia sommità, con una maggior estensione sui versanti meridionali (comune di Ne);

    − presenza del Parco naturale regionale dell’Aveto.

    • INFRASTRUTTURE – Rappresentano valori le seguenti situazioni:

    − Nell’ambito si rileva la presenza di molte percorrenze con valenza turistica :

    − Strada Provinciale n. 26bis e 27 della Valmogliana e di Cassego. La strada del Bocco ha un’evidente funzione di itinerario turistico, struttura di accesso ad escursioni montane e ad attività di fruizione del tempo libero sul territorio;

    − Strada Provinciale n. 49 di Sopralacroce. Anche in questo caso la specializzazione prevalente è quella turistica, rivolta sia agli insediamenti di Perlezzi, Prato, Zanoni, Vallepiana, Belvedere, per i quali svolge un supporto di percorso residenziale, sia per le diramazioni di itinerari escursionistici verso il Bocco da una parte e verso le catene montane dell’Aiona e del Penna dall’altra;

    − Strada di Giacopiane. La strada che conduce al lago di Giacopiane fornisce diversi spunti per la fruizione turistica, dal breve anello di Gazzolo, al vivaio forestale, al passaggio in quota attorno al monte Bregaceto, all’anello viario che circonda l’invaso del lago.

    • SERVIZI – Rappresentano valori le seguenti situazioni:

    − Presenza delle strutture turistiche interne al parco dell’Aveto;

    Polarità dell’importante testimonianza storico architettonica dell’Abbazia di Sant’Andrea di Borzone.

    • INSEDIATIVO – Rappresentano valori le seguenti situazioni:

    Sistema insediativo urbano

    − nuclei urbani storici, a Borzonasca e Borgonovo, in quanto espressivi, per l’organizzazione dell’edificazione e per le relative tipologie edilizie, della fase più avanzata e matura dell’organizzazione del sistema insediativo presente nell’ambito;

    − aree libere nel sistema urbano, a Borgonovo di Mezzanego, costituite dalle due piane agrarie poste in sponda destra dello Sturla, in quanto concorrono a delimitare il passaggio dal territorio rurale del versante esposto ad est e quello urbanizzato;

    Sistema Insediativo rurale

    − nuclei rurali ed insediamenti frazionali, in quanto espressione del sistema insediativo originario di mezzacosta, specie nei nuclei storici di Perlezzi, Prato Sopra la Croce, Zanoni, Vellepiana, Belvedere e con il nucleo di Borzone;

    − territorio rurale in generale, per la rilevante partecipazione alla definizione dei quadranti paesistici e la conservazione della sua identità ed organizzazione territoriale, ed in particolare, negli ambiti che circondano i nuclei e gli aggregati storici in quanto elemento essenziale per la leggibilità dell’organizzazione agraria, nel versante a ponente dello Sturla, dalla località di Levaggi – La Costa sino ad Acero, nella valle di Borzone e nel ventaglio dell’alta Val Penna, a monte di Prato Sopra la Croce, Zanoni e Belvedere;

    Sistema naturalistico

    − territorio non insediato, specie quello compreso nel Parco dell’Aveto e segnalandosi, in particolare, la faggeta del M.te Zatta con l’insediamento della Fondazione Devoto.

    • PAESAGGIO – Rappresentano valori le seguenti situazioni:

    − aree agrarie o terrazzate in ambito urbano ed a margine, a Mezzanego, le piane alluvionali nel fondovalle del T. Sturla, in sponda destra tra Campovecchio e Borgonovo, utilizzate per colture agrarie;

    − edifici specialistici dismessi di valore paesistico : a Borzonasca, la Malga di Zanoni ed il fabbricato ex Albergo Passo del Bocco a Mezzanego, la Fondazione Devoto a Giaiette, il fabbricato ex albergo sul Passo del Bocco, l’edificio produttivo ex fabbrica nocciole a Prati, in prossimità del ponte romano, l’antica Fornace sulla SS 586;

    − manufatti emergenti reali e virtuali (P.T.C.P. e relativi Studi Propedeutici);

    − Aree protette regionali : l’ambito fa parte del Sistema di Aree di Interesse naturalistico – ambientale dell’Aveto

    (L.R.50/89 e L.R.12/95);

    − situazioni naturalistiche, morfologiche e geomorfologiche di particolare rilievo : zone umide montane in regione Gasparelle, Moglia Grande, Pascoli di Per lezzi; siti rocciosi di interesse naturalistico del crinale Valle Sturla – Valli Nure e Taro, le Comunaglie e le foreste frazionali (faggete) del M. Ramaceto, elementi emergenti sono le dorsali principali costituite dagli spartiacque con il T. Aveto a nord, con il Taro ad est, con il T. Lavagna ad ovest, e dai crinali secondari all’interno del bacino dello Sturla ; i sistemi di vette, con le vette più elevate ed incombenti dei M. Aiona (1701 mt) e M. Penna (1735 mt), ma anche i M. degli Abeti (1542 mt), M. Bocco (1084 mt), i passi e valichi, fra tutti il Passo della Forcella (875 mt), le foreste del Bregaceto, le faggete sopra Giaiette, i laghi Malanotte e Giacopiane, le praterie e piane in quota, la zona umida di Prato Mollo;

    − vincolo paesistico ambientale : il territorio dell’ambito in questione presenta vaste aree, in particolare quelle caratterizzate dal valore della montagna appenninica, (zone verdi, specie endemiche rare, configurazioni morfologiche, valli, corsi d’acqua) interessate da vincoli paesistico – ambientali ; nel complesso, quindi, l’ambito risulta adeguatamente tutelato, dovendosi riconoscere che le motivazioni originarie risultano in gran parte ancora coerente con lo stato del territorio.

    • SOCIO ECONOMICO – TURISMO – Si evidenziano i seguenti valori :

    a livello di ambito

    − Facilità di accesso dalla fascia costiera;

    − Presenza di pregi ambientali e storico culturali significativi ai fini del turismo, con particolare riferimento al territorio compreso nel Parco naturale dell’Aveto;

    − Presenza di nuove piccole strutture ricettive in fase di realizzazione.

    a livello di Comune :

    − a Borzonasca : Elevata estensione territoriale con bassa densità di popolazione ; presenza di pregi ambientali e storico – culturali (Abbazia di Sant’Andrea di Borzone);

    − a Mezzanego : Popolazione residente in lieve crescita ; presenza di un significativo territorio agrario su fasce coltivate a noccioleti ; presenza nel passato di una intensa attività di lavorazione del legname, di cui rimane una segheria (dismessa) ; facilità di accesso dalla fascia costiera.

    SITUAZIONI DI CRITICITA’

    • SUOLO – Rappresentano fattori di criticità le seguenti situazioni:

    − fenomeni di rischio idraulico :

    − T. Sturla, in corrispondenza delle aree fluviali contigue al corso d’acqua principale situate

    prevalentemente in sponda sinistra immediatamente a monte (località Chiesola) e di alcune porzioni in comune di Mezzanego ;

    − fenomeni di instabilità diffusa, particolarmente rilevante in corrispondenza dei nuclei di Prato Sopralacroce e Bertigaro;

    − condizione di bassa permeabilità, diffusa su Borzonasca, presente prevalentemente nei versanti del T. Penna.

    • AMBIENTE – Rappresentano fattori di criticità le seguenti situazioni:

    − presenza di inquinamento atmosferico, di origine prevalentemente domestica, nelle aree urbanizzate di fondovalle dello Sturla in corrispondenza delle località Prati e Borgonovo di Mezzanego ;

    − inquinamento di tipo atmosferico (polveri sospese) e di tipo acustico, a carattere puntuale, in corrispondenza degli ambiti di cava in attività (in particolare la Cava di Pietra, ubicata nel fondovalle presso confine con il comune di Carasco) ;

    − lieve inquinamento del tratto del T. Sturla compreso tra il centro urbano di Borzonasca e il confine con il comune di Carasco ;

    − prevalenza degli scarichi civili rispetto agli scarichi di pubblica fognatura nei territori di entrambi i comuni, ma più rilevante in Mezzanego, in ragione della presenza di un sistema insediativo connotato da una elevata “dispersione” territoriale.

    • INFRASTRUTTURE – Rappresentano fattori di criticità le seguenti situazioni:

    − gli attraversamenti dei centri di Prati, Borgonovo e Borzonasca dell’asse portante del sistema infrastrutturale dell’ambito, costituito dalla SS n. 586 dell’Aveto, che percorre l’intero fondovalle dello Sturla e risale poi fino al valico della Forcella per entrare nella valle dell’Aveto, in ragione della insufficienza e dell’inadeguatezza del tracciato rispetto alla duplice funzione urbana e territoriale che ivi viene ad assumere.

    • SERVIZI – Rappresentano fattori di criticità le seguenti situazioni:

    − l’attuale scarsa dotazione di servizi territoriali che può costituire un elemento di debolezza in relazione al

    progressivo accrescimento di peso del polo di Carasco;

    la carenza di attrezzature a servizio della viabilità turistica in un ambito prevalentemente caratterizzato da valori naturalistici e paesistici, quali laghi, foreste demaniali, zone umide, testimonianze storico architettoniche (l’Abbazia di Sant’Andrea di Borzone), contesti rurali tradizionali, malghe, ecc.;

    − la mancata valorizzazione della Colonia del M. Zatta, situata in territorio comunale di Mezzanego in una zona di notevole interesse naturalistico (Oasi faunistica e Parco Regionale).

    • INSEDIATIVO – Rappresentano fattori di criticità le seguenti situazioni:

    − La pressione che può essere esercitata sulle aree rurali libere presenti nel fondovalle, attorno ai centri di Borzonasca, Borgonovo e Prati di Mezzanego, tendente alla loro utilizzazione a fini edificatori;

    − La criticità dell’assetto degli insediamenti produttivi nella zona di Costa del Canale, ove la riorganizzazione funzionale e la riqualificazione paesistica sono condizioni indispensabili per lo sfruttamento delle risorse spaziali ancora disponibili;

    − L’inadeguatezza della rete viaria di impianto territoriale secondario, costituita prevalentemente dalle strade provinciali che innervano e permettono l’accessibilità al vasto territorio rurale, dovendosi segnalare, in particolare, la situazione di insufficienza della viabilità comunale lungo la direttrice Borzonasca, Levaggi, Belpiano, Acero e Passo della Forcella;

    − I punti di insufficienza e pericolosità della SS 586, in corrispondenza della località di Vignolo Piano e dell’attraversamento di Borgonovo.

    • PAESAGGIO – Rappresentano fattori di criticità le seguenti situazioni:

    − infrastrutture di rilevante impatto ambientale : a Borzonasca, la diga e relative sistemazioni d’area dell’invaso artificiale di Giacopiane e dell’invaso in prossimità del Passo del Bocco;

    − artificializzazioni degli ambiti fluviali : a Borzonasca, le opere collegate al Lago Giacopiane (T. Calandrino) e gli attraversamenti e le situazioni di disordine nel T. Sturla, in prossimità dei centri edificati ; a Mezzanego, le opere di copertura e sistemazioni improprie delle sponde del T. Sturla verso lo sbocco nel T. Entella;

    − elettrodotti : la rete attraversa il territorio dell’ambito longitudinalmente da Mezzanego a Borzonasca capoluogo, lungo il fondovalle del T. Sturla, e trasversalmente il Comune di Borzonasca dal Capoluogo fino all’isola amministrativa di Giaiette;

    − cave, discariche, riempimenti : a Borzonasca, il Frantoio alta Val di Taro e la cava in località Belvedere di Sopralacroce ; a Mezzanego, la cava di pietra e frantoio, la cava di Costa del Canale, la cava di arenaria in costa di Cicana;

    carenze nella tutela paesistico ambientale : la zona dell’Abbazia di Borzone non risulta adeguatamente tutelata, non sussistendo vincoli di tipo specifico di cui alla L. 1497/39 e s.m.i., che evidenzi, con l’imposizione di un vincolo non generico, la presenza di un bene che integra valori vegetazionali e costruiti, ed il contesto a contorno della stessa.

    • SOCIO ECONOMICO – TURISMO – Si evidenziano i seguenti fattori di criticità :

    a livello di ambito

    − Pendolarismo verso la fascia costiera;

    − Scarsa iimprenditorialità e specializzazione turistica;

    − Difficoltà di mobilità e conseguente isolamento della popolazione nelle parti alte del territorio.

    a livello di Comune

    − a Borzonasca : l’incidenza della popolazione anziana e la scarsa specializzazione turistica;

    − a Mezzanego : la scarsa presenza di mentalità turistica e lo spiccato pendolarismo verso la fascia costiera.

  • 26 Gen

    Il Volto Megalitico di Borzone

    di Jonathan Ferroni

    Una delle opere più importanti ed enigmatiche della storia ligure si trova a Borzone, comune di Borzonasca, nell’alta Valle Sturla. Il borgo, raccolto intorno ad un’abbazia del X secolo intitolata a S. Andrea, è poco più che un pugno di case. La strada, malagevole e stretta, si snoda per gli ameni dintorni tra boschi, torrenti e speroni di roccia. Ed è proprio una di quelle aspre rocce che ospita un grande tesoro della preistoria ligure. Si tratta di una colossale effige, scolpita nella dura pietra, che raffigura evidentemente i tratti di un volto umano. L’opera, alta più di sette metri e larga circa quattro, si staglia sopra la strada che collega con Borzone lo sperduto borgo di Zolezzi. L’effige, infatti, fu scoperta nel 1965 da un assessore della provincia di Genova, il quale si trovava in loco proprio per effettuare un sopralluogo della strada, allora in fase di costruzione. Il gigantesco volto presenta sicuramente i tratti fondamentali del viso umano: occhi, naso, mento, una sorta di busto e qualcosa sul lato destro che alcuni dicono essere capelli ma che, a mio parere, vuole rappresentare un orecchio. Dopo la “scoperta” del colosso, si venne a sapere che gli indigeni lo conoscevano già e che ci vedevano il volto di Cristo, la cui costruzione era attribuita ai monaci che un tempo abitavano l’abbazia di S. Andrea, in funzione di ex voto. A tutt’oggi, la scarsa segnaletica locale lo indica come “Volto di Cristo megalitico”. Tuttavia, visitando il sito, si comprende come quest’ipotesi sia infondata, sia per la posizione e per l’orientamento, sia per la tipologia di lavorazione dell’opera. La lavorazione è, infatti, molto primitiva e i tratti somatici sono resi solo rozzamente, scevri di particolari o caratteri individualizzanti. Anche la posizione del volto, non visibile da Borzone o dall’Abbazia e posizionato “di spalle” a entrambi, non fa certo pensare ad una pia opera di monaci. La conservazione del manufatto, infine, lascia pensare che esso sia veramente molto più antico di quanto la memoria orale cristianizzata ricordi. Alcuni studiosi, infatti, lo avrebbero datato al Paleolitico Superiore (20000 – 12000 a.C.), trovando una compatibilità con le tecniche di lavorazione di quell’epoca. L’ipotesi, assai affascinante, si sta facendo largo, pian piano, tra quei pochi che si sono interessati al Volto. Si tratta sicuramente di un’ipotesi fondata anche se, per ora, indimostrabile poiché, come al solito, l’archeologia ufficiale non si è minimamente interessata a condurre ricerche in questo senso. Un’opera di questo calibro trova al mondo soltanto due simili, uno in sicilia, a Petralia Sottana, dove sono state identificate titaniche sculture su pareti di roccia viva e l’altro agli antipodi, in Nuova Zelanda, chiamato Colosso di Whangape. Il Volto di Borzone è stato ricavato in uno sperone di roccia, sul lato nord, tramite l’asportazione di materiale. Il naso, il mento e l’orecchio, infatti, sono stati rappresentati in rilievo, eliminando il materiale intorno. Stessa cosa vale per l’occhio destro, mentre il sinistro appare in negativo, cioè concavo; l’effige appare priva di bocca. Sotto al mento si nota, invece, una prosecuzione della lavorazione, forse per rappresentare una sorta di busto o petto che, comunque, apparirebbe molto sproporzionato rispetto alla testa. Di fianco al mento, sulla sinistra, potrebbe esserci un altro nucleo iconico scolpito, che appare in rilievo, anche se è difficile comprendere cosa rappresenti e di che natura sia. Anche in basso, poco sotto il “busto”, potrebbe esserci una parte lavorata dall’uomo, che spicca per la sua convessità ma, anche in questo caso, è arduo ipotizzare un’interpretazione. Sulla sinistra dell’opera, invece, è possibile osservare un ampio distacco del blocco roccioso su cui essa è scolpita, rispetto alla roccia madre. Questo fenomeno ha dato origine ad una fessura che si collega con il retro, attraverso cui filtra la luce, che alcuni hanno interpretato come un tentativo di tridimensionalità o, almeno, di prosecuzione della scultura. Personalmente, non sono d’accordo con questa ipotesi in quanto il fenomeno appare del tutto naturale e, inoltre, la situazione geologica potrebbe essere stata ben diversa nel Paleolitico. Direi che si potrebbe dividere l’opera in diverse parti: 1. La linea del volto, che definisce il mento e arriva fino alle tempie, disperdendosi poi nella roccia grezza sopra gli occhi, delineando una ampia fronte 2. Gli occhi, di cui il sinistro in negativo e il destro in rilievo 3. Il naso e la linea delle sopracciglia 4. L’orecchio 5. Il “busto” o comunque la lavorazione sottostante il mento 6. La scolpitura alla sinistra del mento, di dubbia natura 7. La scolpitura sotto al “busto”, anch’essa di dubbia natura Si noti, inoltre, che il Volto è segnato da due vistose scanalature orizzontali, forse di origine erosiva, poste a sinistra del naso. L’azione erosiva frontale è evidente e, forse, potrebbe aver cancellato una lavorazione della bocca, originariamente esistente. È assai arduo dare una interpretazione all’effige, affermare se si tratti di un volto maschile o femminile. I tratti sono essenziali, manca qualsiasi segno di espressività e caratterizzazione. È stato supposto, come sempre, che si tratti del volto di una divinità, anche se tale ipotesi è del tutto opinabile. Potrebbe trattarsi di un volto apotropaico, come i tanti – di più ridotte dimensioni – che si possono osservare in molti borghi della Liguria. Potrebbe essere legato a funzioni funerarie, potrebbe essere molte altre cose. I termini di paragone mancano del tutto e gli studi sono ancora agli albori. In ogni caso, credo non sia illogico affermare che, verosimilmente, il Volto doveva essere visibile dal luogo di insediamento dei suoi creatori e forse il suo sguardo doveva vegliare proprio sulla comunità. Se questo è vero, allora l’accampamento paleolitico a cui appartenevano i creatori del Volto doveva trovarsi dove oggi si trovano gli abitati di Perlezzi e Sopralacroce. In ogni caso, la zona è ricca di grotte ed anfratti naturali ancora inesplorati che, forse, custodiscono tracce preziose del passato. Attualmente, il Volto è sconosciuto alla maggior parte delle persone. Ciò è dovuto all’assoluta mancanza di interesse da parte delle istituzioni locali a pubblicizzarne l’esistenza. A monte di questo, credo ci sia una mancanza di coscienza del patrimonio nostrano che, in questo modo, non viene riconosciuto e, quindi, valorizzato. Cosa piuttosto triste se pensiamo che il Volto Megalitico di Borzone è la più grande scultura rupestre d’Europa e, forse, del Mondo.

  • 25 Gen

    Storia della Parrocchia di Sambuceto
    Tratta principalmente da
    “Nel Bacino Imbrifero dell’Entella.
    Val di Graveglia”

    di don Luigi Biagio Tiscornia

    La chiesa parrocchiale, col suo coro ad oriente, sorge quasi a metà del versante occidentale del monte S. Giacomo. E’ dedicata ai SS. Cipriano e Giustina che furono un tempo titolari di due chiese separate, cioè S. Giustina, titolare della parrocchiale, e S. Cipriano, titolare dell’oratorio, resi contitolari della parrocchia odierna nel 1836. Anticamente la Chiesa di Sambuceto dipendeva dalla Pieve di Lavagna, successivamente passò alla Pieve di Sestri, quindi al Vicariato di Libiola. In documenti assai antichi è ricordata la villa, la chiesa e l’oratorio di Sambuceto. Pare che i monaci benedettini, governanti la Prioria di Graveglia e l’Abbazia di Borzone, siano stati i fondatori della Chiesa di Sambuceto. Nel 1582 il Visitatore Apostolico Mons. Bossio propose la traslazione della cura parrocchiale nell’oratorio di S. Cipriano, avendolo trovato più bello del tempio parrocchiale, il che in seguito venne fatto dall’Arcivescovo di Genova. Ecco il decreto di Mons. Bossio: Ecclesia parrochialis S. Iustinae Sambusae – Oratorium S. Cipriani Sambusae – “Cum hoc Oratorium sit pulchrius Ecclesia parrochiali, deservire poterit loco ipsius ecclesiae; modo ab Ordinario potestas fiat etc.”. Verso il 1600 la popolazione di Sambuceto fu distrutta dalla peste e, non essendovi rimaste che due sole famiglie, la chiesa parrocchiale perdette la cura, passando aggregata alla parrocchia di S. Giacomo di Loto, che allora era sottoposta alla Pieve di Sestri Levante. Anche Domenico De Paoli (che fu custode della Chiesa di Sambuceto e poi nel 1835, ricostituita la parrocchia da Mons. Tadini arcivescovo di Genova, ne fu nominato primo parroco) riferisce che la Chiesa di Sambuceto dapprima era succursale di Zerli, quindi, in epoca ignota, lo divenne di Loto, da cui fu smembrata. Infatti il 14 luglio 1834 Mons. Tadini arcivescovo di Genova, nella visita pastorale fatta a Loto, vide questa succursale uffiziata come parrocchia; intese pure che il suo custode per consuetudine aveva il titolo di rettore, eletto dal popolo col consenso delparroco, e accolse l’istanza dei Sambucesi, e dopo otto mesi, cioè con suo decreto del 31 marzo 1835, la dichiarò parrocchia. Va notato che allora S. Giustina fu tramutata in cimitero e l’oratorio di S. Cipriano, tramutato in parrocchia, d’allora in poi ebbe la denominazione dei due titolari, cioè S. Cipriano e S. Giustina di Sambuceto. La chiesa nei suoi muri porta visibili tracce della sua antichità, che si vedono specialmente nella parte esteriore dell’abside, che è tutta di pietre quadre all’uso antico, ma internamente scialbate alla moderna. Vi sono tre altari: il maggiore e due laterali che sotto la reggenza del parroco Cuneo furono incavati nei rispettivi muri per oltre un metro. La cancellata del presbiterio è d’ardesia e nel coro i sedili di pietra secondo l’antico costume degli oratori. La vasca del fonte battesimale reca la data 1578. Sul campanile, oltre l’orologio, posano tre campane. La casa canonica fu costruita nel 1915. La festa principale è quella di S. Cipriano, che dal 26 settembre è trasportata alla prima domenica di agosto.

  • 22 Gen

    Note relative al Monastero di S. Andrea di

    Borzone desunte dai documenti notarili del

    notaio Andrea de Cairo, A.S.Ge –


    anni 1445-1451


    di Giovanni Ferrero


    Alcuni documenti notarili conservati presso l’Archivio di Stato di Genova nelle filze del Notaio Andrea de Cairo tramandano oltre alle notizie tecniche relative ad acquisizioni, vendite, ed a quanto il mondo notarile disponeva per la legalità e la veridicità documentata anche alcuni rilievi di carattere cronachistico e toponomastico. Sono questi piccoli elementi che aiutano, in alcuni casi, a ricomporre la storia di uomini e di cose del nostro passato. Elementi inseriti nella formulazione documentaria che potrebbero non necessariamente farne parte ma che estrapolati dal contesto nel quale sono stati posti arricchiscono e migliorano le nostre conoscenze. È il caso delle brevi notizie relative al Monastero di San Andrea di Borzone. Ampi studi sono stati dedicati a questo importantissimo centro monastico sia per quanto riguarda le interessantissime vestigia architettoniche sia per quanto riguarda la sua funzione quale punto di riferimento per la diffusione religiosa nelle vallate appenniniche. Il lettore viene quindi indirizzato per gli approfondimenti a questi studi specifici di settore 1. Quanto di seguito riportato si propone lo scopo di trasmettere alcune notizie storiche riguardanti il complesso monastico e la sua conduzione tra il 1442 ed il 1451. Un documento datato 1 ottobre 1442 (Filza 781, doc.193) stipulato in Genova nella chiesa di S.Maria di Castello alla presenza di Fre Michele de Bandelis, priore della chiesa di Santa Croce, e Fre Filippo de Palagio, monaco del monastero di S.Maria di Castello, riferisce la presenza di Fre Cristoforo Ravaschieri Abate titolare del Monastero di S.Andrea di Borzone e di Fre Galzebart de Ulma, della diocesi de Alemania, monaco nello stesso monastero. Il documento datato 12 novembre 1442 (Filza 781, doc.198) rogato “in strada o platea” della chiesa di S.Maria di Castello di Genova con testimonianza di Fre Michele de Bandelis, priore della chiesa di Santa Croce, e di Gaspare Strata de Clavaro figlio di Pellegro e Benedetto de Vallario di Monelia, laici della diocesi di Genova, vede il Dom. Fre Cristoforo Ravaschieri Abate del Monastero di S. Andrea di Borzone dell’ordine di San Benedetto disporre l’incarico al suo procuratore Fre Filippo de Perago dell’Ordine di San Benedetto per il ricavo di alcuni suoi redditi. Il Venerabile Presbitero Dn. Fre Cristoforo Ravaschieri Abate del Monastero di S.Andrea di Borzone dell’Ordine di S. Benedetto della diocesi di Genova appare nel documento del 10 marzo 1442 (Filza 781, doc.121) rogato nella chiesa di S.Maria di Castello. La consequenzialità dei documenti porta ad ipotizzare che il Venerabile si fosse stabilito in città e tale ipotesi viene confermata dalla documentazione datata 1443 al 12 dicembre (Filza 781, doc. 316) con atto rogato in Genova “in via pubblica juxta hospitalis St. Antoni Jan.”che vede testimoni i Ven. Viri Dns.Gregorio de Anchona archidiacono della chiesa savonese e Fre Benedicto de Nigrono priore del priorato di S.Antonio di Genova. Nella documentazione viene chiaramente espresso che il “reverendo in Cristo Padre Dns. Fre Cristoforo de Ravaschieri Abate del Monastero di S. Andrea di Borzone è dimorante in Genova”. In questa occasione egli nomina Fre Gregorium de Verdura rettore della chiesa di San Quirico “de Pulcifera” suo procuratore con ampio mandato. Il 1 febbraio 1444 (Filza 782, doc. 11) con atto rogato in “Claustro” del Monastero di San Siro con le testimonianze del Presbitero Bartolomeo Ferrufinis de Alexandria e Damiano de Pastino notaio, viene posto in evidenza la presenza di un’altro Ravaschieri cioè Thebaldo de Ravaschieri 2. Nella documentazione appare il Reverendo in Cristo Fre Quirinus Bondenariis Abate del Monastero di San Siro di Genova che dispone la convocazione e riunione dei confratelli cioè: Fre Obertus Benvenuti, priore claustrale, Fre Bartolomeo de Florentia, Fre Gregorius Bondenariis, Fre Raffael de Capriata, Fre Jeronimo de Podio tutti monaci professi. In questa occasione viene discussa una controversia relativa ai beni di spettanza al monastero appartenenti a Fre Thebaldo de Ravaschieri monaco in detto monastero. Con il documento datato 3 febbario 1445 (Filza 782, doc 138) rogato in Genova in “contrada S.Antonio in quandam domo priore S.Maria de Tario” con le testimonianze del Presbitero Guglielmo de Bonoynis Cappellano della chiesa di San Luca di Genova e Battista de Vignolo q.dam Inofri e Jacobo Scarpa de Sigestro vengono segnalate le difficoltà nelle quali veniva a trovarsi il complesso monastico di Borzone. La consuetudine di disporre le dotazioni e le donazioni agli enti monastici di terreni e di beni immobili aveva costituito l’insieme di possedimenti sparsi nel territorio ed in qualche caso anche ubicati ad una significativa distanza dalla sede monastica stessa 3. La documentazione mette in evidenza che il Monastero di S.Andrea di Borzone era proprietario di possedimenti e terre poste nella Villa Colleralli nella Valle Sturla (Ora Corerallo, Isola di Borgonovo, nel Comune di Mezzanego) coltivate con vigna ed altre essenze arboree e con due case contigue ed altri piccoli appezzamenti che erano appartenuti al q.dam Bartolomeo de Collerallo padre di Domenico di Collerallo “pia ipsorum largitive a prefato monastero”. Questi beni si trovavano in cattive condizioni a causa di “guerrarum turbines et calamitates” in quanto queste terre ed i beni subirono delle devastazioni ed “afflicte fuere”. Il Reverendo in Cristo Fre Cristoforo Ravaschieri Abate del monastero di S.Andrea di Borzone in qualità di responsabile proprietario del bene dispone per la riedificazione delle case esistenti in questo bene. Nella documentazione viene pure segnalato che in quel periodo il monastero non aveva più monaci. Le proprietà secondo la documentazione vennero locate a Domenico di Collerallo q.dam Bartolomeo a livello perpetuo affinchè il fondo potesse essere rimesso in ordine. Il 20 maggio 1445 (Filza 782, doc. 206) viene rogato un documento nel Monastero di San Siro “in camera cubiculari” alla presenza del Presbitero Jacobo de Pinu de Sigistro, cappellano nella chiesa di questo monastero, e Philippo de Zuchareto cittadino genovese. La documentazione è riferita all’esame della petizione espressa da Thebaldo Ravaschieri monaco del monastero in “sacerdozio constituito” per l’ottenimento del trasferimento ad altro monastero. Licenza che gli venne accordata. Il 7 agosto 1445 (Filza 782, doc. 267) con atto rogato a Genova nella chiesa di S. Antonio nella cappella della Beata Maria e San Martino “contigua” alla presenza dei testimoni Ven. Fre Lanfranco de Squassis rettore della chiesa di S. Nazaro e Celso di Arenzano, Fre Bartolomeo de Quarina rettore della chiesa di S.Fede e il Presbitero Jacobo de Pinu di Sestri (Levante) cappellano della chiesa del monastero di San Siro venne stipulato il documento col quale Fre Gregorius de Bondenaris Abate del monastero di San Siro concedeva il trasferimento di Fre Tebaldo Ravaschieri al monastero di S. Andrea di Borzone. I FIESCHI dovevano essere informati della disastrosa situazione nella quale si trovava la storica istituzione sia per i fortissimi legami che li collegavano ai Ravaschieri sia per l’importanza della istituzione in un territorio che da sempre faceva parte del loro presidio di controllo e di espansione 4. Nel documento datato 18 settembre 1445 (Filza 782, doc. 289), fatto in “ecclesia priorato S. Antoni” appare in qualità di testimone il Ven. Fre Peregrino de FLISCO di San Vittore e Fre Johanni de Venturini di San Sixto “Prioratum Prioribus”. Nella documentazione appaiono Cristoforo de Ravaschieri Abate di S. Andrea di Borzone e Fre Tebaldo de Ravaschieri monaco “in sacerdotio constituito”. Viene in questa sede evidenziata la sistuazione precaria nella quale si trova il complesso monastico di S. Andrea di Borzone” guerrarum turbinis calamitatis ….. distructum et inabitabile existet”. Viene evidenziato che i monaci non vi possono più vivere. Nella documentazione viene paventato il loro possibile trasferimento presso il monastero di “Sancti Donini de Placentia” dello stesso ordine . Il 2 agosto 1447 (Filza 783, doc.151) con documento rogato in “Claustro maiori eccl.e Januense” con testimoni il Presbitero Antonio de Mazascho cappellano della chiesa maggiore e Andrea de Bonaparte de Carascho cappellano nella chiesa “nova” di San Salvatore di Lavagna viene nominato Cristoforo de Ravaschieri “Abbas”. Anche in questo caso la documentazione prevede la alienazione dei beni appartenenti al Monastero. Appare Johanni de Federicis a cui vengono ceduti dei possedimenti terrieri cioè delle terre coltivate con alberi di castagne ed altre essenze poste nella podesteria di Varese (Ligure) “loco dicto Valleti” confinante in parte “superioris cacumina Montis Verujole, per aliis terre illorum de Lagoraria, et terre eccl.e St. Marie de Tario, et ad alio latere costa de Bissa Lanza” (Tenute Valleti, oggi, in Comune di Varese Ligure). Si assiste in questo caso alla permuta con più sicuri e fruttuosi “locorum septe comperarum St. Georgii”. Il documento 152 (Filza 783) del 4 agosto trasmette ulteriori notizie e le ragioni relative a questa cessione o permuta. Viene evidenziata la presenza del monaco Fre Ludovici de Alemania monaco professo in questo monastero di S.Andrea de Borzono “cum nulli alii monaci dicti monasterii existant” e che il ” Monasterio St. Andree de Borzono quandamodo destituito, propter guerrarum turbines, calamitates”. Per tali ragioni viene decisa l’alienazione dei possedimenti che non producono reddito sostituendoli con più certi luoghi di San Giorgio. L’Arcivescovo di Genova concede la licenza per questa procedura. Due documenti delineano la figura del compratore. 1447, 11 agosto (Filza 783, doc. 156) con atto stipulato in”sala super. palatii causarum” testimoni Antonio de Magistris e Jacobo Rondanina di Antonio cittadino genovese, appare il “Magnificus Comes Dns. Johanni de Federicis” cittadino genovese che revoca il mandato ai procuratori che agiscono a suo nome in “Sicilia et ultra farum” e nomina suo agente e procuratore il Nobile Andream de Auria del Dn. Petro de Auria. Trattasi di una procura relativa alle contrattazioni svolte a suo nome nel regno di Sicilia ed alle trattative nel territorio del “Serenissimo Principe e Dns. Alfonsus Dei Gratia Aragonensem”. La trattativa relativa alla permuta ebbe ulteriori sviluppi con il documeno 179 (Filza 784) del 27 luglio 1448 nel quale appare Fre Cristoforo de Ravaschieri ormai “residens in civitate Janue”e la trascrizione del benestare della curia romana a questa operazione. Nel documento 302 (Filza 784) appaiono anche i FIESCHI che si presume concordi nella operazione di permuta o alienazione. 1448, 26 novembre. Atto in Genova in “Claustro super.” della maggiore chiesa di Genova con la testimonianza del Ven. Dom. Dominico Folieta cappellano in detta chiesa e Thoma Cassinello de Carascho chierico della diocesi di Genova. Nella documentazioni appaiono il Dn. Antonio Tarigo canonico nella maggiore chiesa di Genova ed il “legumdoctoris” Dns. Cristoforo de Burgarolis in qualtà di procuratore del Magnifico Dn. JohanniLudovico de FLISCO, “Palatini et Lavania Comites” e del Dn. JohanniPhilippo de FLISCO suo figlio. Viene fatto riferimento ad una Bolla Pontificia di Papa Eugenio V ottenuta dall’Abate del monastero di Borzone relativa alla vendita dei terreni posti nella podesteria di Sestri (Levante) a Johanne de Federicis. I procuratori nominati sono Spineta Malaspina “magiscola” nella maggiore chiesa di Genova, Antonio de Cruxilia Preposito della chiesa di S. Adriano di Trigoso e Nicolau de Pontremoli canonico nella chiesa di S. Maria in Vialata. Il 27 novembre del 1448 (Filza 784, doc. 290), secondo anno di pontificato di Papa Nicolò V, con il documento rogato “apud St. Atonii” avente testimonianza del Venerabile Vesconte de Cella de Clavari figlio di Pietro e Baptista de Gazio de Boliascho “vitrerio” abitante in Genova vede Fre Cristoforo de Ravaschieri Abate di S. Andrea di Borzono approvare le rendite del priorato della Beata Maria de Monte Mulacij istituzione il cui priorato era condotto da Fre Lanzaroto de Marchesolis de Mulatio della diocesi lunense permettendo di rilevare che il priorato è al momento vacante. Che i possedimenti terrieri appartenenti all’Abbazia di Borzone fossero diffusi nel territorio se ne ha ulteriore notizia dal documento 146 (Filza 785) del 16 maggio 1449. Atto rogato in “claustro” superiore della maggiore chiesa di Genova con testimonianza del Presbitero Jacobo de Calestano e Jacobo de Matheo di Rapallo cappellani in questa chiesa maggiore. Appaiono il Ven.Vir Dn. Marcus de Franchis de Burgaro Preposito, Ludovico de FLISCO Archidiacono, Spineta Malaspina magiscola, Domenicus Folieta, Bartholomeus de Senis, Laurentio de Morelo de Rapallo, Antonio de Multedo, Antonio Tarigo de Rapallo, Franciscus de Peregrinis de Novis, Paulus Justinianus Canonici del Capitolo della maggiore chiesa di Genova nonché patroni dell'”Hospitalis Sancti Cristofori de Clavaro Jan.dioc.” e Frater Sthephanus de Mathia anconitano “Hospitalarius seu rector dicti Hospitalis St.Cristophari”. La documentazione è relativa alla locazione di proprietà terriere appartenenti all’Hospitale poste nella Villa di Rij a Theramus de Robo. Nella descrizione dei limiti confinari viene specificata la terra appartenente al monastero di S. Andrea di Borzono. La conclusione della transazione tra l’Abate Ravaschieri e Johanni de Federici relativamente ai beni posti “in loco Varisi e Lagorarie” detta “Valleti” venne stipulata con atto del 21 giugno 1449 (Filza 785, doc. 222). Se ne deduce che l’Abate risulta ormai “dimorante a Genova” ed il documento rogato in “plateali juxta hostium monasterio S. Antonii” con testimonianza dell’Abate del monastero di S. Antonio Fre Benedicto de Nigrono ed ancora un FIESCHI cioè Fre Peregrino de FLISCO priore della chiesa di San Vittore. Si può presumere che l’Abate Ravaschieri avesse posto la sua residenza presso il monastero di S. Antonio del suo stesso ordine. Una più specifica indicazione relativa al Dn. Johanni de Federicis viene suggerita dal documento 313 (Filza 785 del 4 dicembre 1449) nel quale viene chiaramente indicato quale “Martorane Comes”. L’elevata posizione sociale del compratore dei beni di “Valleti”viene chiarita in questo documento nel quale egli nomina suo procuratore il Nobile Salvagiu de Vivaldis del Dn. Lazari cittadino genovese “mercator Neapolis presentiler comorante” affichè possa esigere e ricevere dal Serenissimo Principe e D.no Aloiso “Dei Gratia Regi Aragonense” i beni prestati. Il doc. 54 (Filza 786) alla data 1450, 10 febbraio, vede la risoluzione di una controversia sorta tra il Ven. Dn. Ludovico de FLISCO “Prepositus” e Spineta de Malaspinis “Canonicus” della chiesa di San Salvatore di Lavagna in qualità di rappresentanti del Capitolo di questa chiesa nei confronti di Andrea Bacigalupis erede per la sua parte di beni del q.dam Sthephani Bacigalupis de Clavari. Vengono fatti dei riferimenti confinari tra i beni dei Bacigalupis e quelli di pertinenza al canonicato di Augustino de FLISCO. Si tratta di beni posti in “Villa de Mezanego ubi dicitur in Porcili”. Questi beni indicati con il toponimo “lo pastine” alberati con alberi di castagne confinavano con la terra apprtenente al monastero di S. Andrea di Borzone. Il documento 218 (Filza 786) del 21 ottobre 1450 vede Fre Cristoforo de Ravaschieri rappresentante il priorato di S. Eufemiano di Graveglia revocare il mandato ai precedenti procuratori e nominare al loro posto il Ven.Vir Dn. Johanni de Serra Presbitero “accolitu Sanctissimi Dn. Nostri Pape”. Carica di breve durata in quanto con il documento 128 datato 16 aprile 1451 (Filza 787) l’Abate Cristoforo Ravaschieri sempre abitante a Genova col consenso ed a nome del priorato di S. Eufemiano di Graveglia dipendente dal monastero di S. Andrea di Borzone annulla la procura concessa a Johanni Serra. Nella documentazione riappare Fre Ludovico de Ulmo de Alemagna che è ora monaco in S. Eufemiano. Anche in questo caso tra i testimoni è presente un FIESCHI, cioè Fre Peregrino de FLISCO priore del priorato di San Vittore. Queste brevi note possono indicare l’estesa ramificazione dei beni del monastero di S. Andrea di Borzone ed una ampia giurisdizione che lo vide avere la sovranità di S. Eufemiano di Val Graveglia ma anche quella del più lontano monastero di Mulazzo. I documenti notarili esaminati mettono altresì in evidenza una grande crisi nel territorio appenninico dovuta alle devastazioni derivanti dal passaggio di truppe, di razzie, di incuria e dalla diffusione di malattie. Molti beni appartenenti ad ordini ecclesistici ridotti in rovina anche da eventi metereologici ed abbandonati dai coltivatori affidatari vennero ceduti o permutati con luoghi di San Giorgio che promettevano un rassicurante rendita. Note [1] Quale punto di riferimento aggiornato relativamente alla storia ed alla architettura dell’Abbazia vengono suggeriti i riferimenti contenuti nelle relazioni che appaiono in: “Atti del Seminario di Studi ‘L’Abbazia di Borzone’ Memoria e Futuro. Chiavari 20 Ottobre 2001. Società Economica di Chiavari. Sala Ghio Schiffini”, Edizioni Accademia dei Cultori di Storia Locale (Via Ravaschieri, 15 – 16043 Chiavari), aprile 2002 [2] I Ravaschieri nobili Conti di Lavagna ed i Fieschi sono stati i maggiori detentori del titolo di Abate [3] L’Abbazia già dalle sue origini (1184) venne dotata dagli istitutori di estesi beni terrieri, e benefici, le dotazioni vennero poi ampliate particolarmente con le donazioni dei Fieschi che imponevano il loro controllo sul territorio del levante e nell’entroterra. Tale espansione di possedimenti si ebbe particolarmente grazie alle donazioni dei papi Innocenzo IV e Adriano V [4] I Fieschi iniziando dal secolo XIII avevano contribuito alla istituzione di numerose entità monastiche in particolare all’inserimento nel territorio tra mare e pianura di numerosi “hospitali” per la sicurezza e rifugio di pellegrini e viandanti. L’Abbazia di Borzone è posta ad incrocio tra le vie dell’entroterra e quelle per raggiungere i centri della Lunigiana e Toscana