di p. Attilio F. Fabris
“L’evento della preghiera ci viene pienamente rivelato nel Verbo che si è fatto carne e dimora in mezzo a noi. Cercare di comprendere la sua preghiera, attraverso ciò che i suoi testimoni ci dicono di essa nel vangelo, è avvicinarci al Santo signore Gesù come al Roveto ardente: dapprima contemplarlo mentre prega, poi ascoltare come ci insegna a pregare, infine conoscere come egli esaudisce la nostra preghiera” (CCC 2598).
Per comprendere l’originalità della nostra preghiera cristiana è necessario accostarci al Signore Gesù.
Egli stesso ha pregato e ha voluto che la sua stessa preghiera ci fosse di esempio: “si alzò a pregare mentre era ancora buio”, “passò tutta la notte in preghiera”.
Gesù come uomo ha pregato, ha sentito il bisogno della preghiera, pur vivendo da Figlio nella relazione continua con il “Padre suo”: “Il Padre non mi lascia mai solo” “Io e il Padre siamo una cosa sola”. La sua preghiera è dunque testimonianza della verità della sua incarnazione. Egli come uomo ha pregato con tutta la sua sensibilità, una preghiera umile e profondamente umana. Davanti alla tomba di Lazzaro, e davanti a Gerusalemme Gesù in preghiera piange. E’ inquieto dinanzi alla debolezza di Pietro: “Simone ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno” (Lc 22,32). Prega quando è schiacciato dall’angoscia e dalla tristezza: “cadde con la faccia a terra dicendo: Padre se è possibile passi da me questo calice” (Mt 26,39).
Tutto questo ci rassicura: il Signore conosce la nostra fatica umana che ci fa talvolta titubare, tirar indietro, volere ciò che Dio non vuole. Sulla croce Gesù sperimenta in modo drammatico questa fatica, questa angoscia che sembra far sprofondare negli inferi:
“Tutte le angosce dell’umanità di ogni tempo, schiava del peccato e della morte, tutte le implorazioni e le intercessioni della storia della salvezza confluiscono in questo grido del Verbo incarnato.” (CCC 2606).
Cristo dunque è modello della nostra preghiera:
“Quando Gesù prega, già ci insegna a pregare. Il cammino teologale della nostra preghiera è la sua preghiera al Padre… Come un pedagogo egli ci prende là dove siamo e, progressivamente, ci conduce al Padre” (CCC 2607).
Ci suggerisce l’atteggiamento, anche le stesse parole con cui pregare. Soprattutto ci svela i grandi momenti o passaggi della preghiera cristiana: la lode, l’adorazione, la domanda.
Gesù si pone dinanzi al Padre sua in atteggiamento di lode:
“Padre ti do lode, Signore del cielo e della terra” (Mt 11,25)
“Padre… ti ho glorificato sopra la terra” (Gv 17,4-5).
L’invocazione della paternità di Dio, rivelataci da Gesù, è sorgente di ciò che Egli è per l’uomo. Gesù ci insegna a chi deve indirizzarsi la nostra preghiera: (“Quale Padre darà….”).
Il Dio al quale ci rivolgiamo nella preghiera è un Padre che ci ha rivelato il suo amore donandoci il Figlio suo:
“Dio ha tanto amato il mondo da mandare il Figlio suo unigenito perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna” (Gv 4).
Il primo momento della preghiera è dunque un’azione di grazie, una lode, una eucaristia, con tutte le sfumature che prenderà l’invocazione di “Padre”:
“Prova che voi siete figli è che Dio ha inviato nei nostri cuori lo Spirito del Figlio suo che grida: Abbà, Padre!” (Gal 4,6).
“La lode è la forma di preghiera che più immediatamente riconosce che Dio è Dio! Lo canta per se stesso, gli rende gloria perché EGLI E’, a prescindere da ciò che fa. E’ una partecipazione alla beatitudine dei cuori puri, che amano Dio nella fede prima di vederlo nella Gloria. Per suo mezzo, lo Spirito si unisce al nostro spirito per testimoniare che siamo figli di Dio, rende testimonianza al Figlio unigenito nel quale siamo stati adottati e per mezzo del quale glorifichiamo il Padre. La lode integra le altre forme di preghiera e porta verso colui che ne è la sorgente e il termine: il solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui (1 Cor 8,6).” (CCC 2639).
Glorificare il nome di Dio: vocazione di Cristo e del cristiano.
“Sia glorificato il tuo Nome”
“Padre glorifica il tuo Nome” (Gv 12,28)
“Io ho manifestato il tuo Nome agli uomini “ (Gv 17,6).
Il dono di Dio a noi è pura grazia. Egli infatti non ha bisogno della nostra lode. La gratuità, la liberalità del suo dono appaiono agli occhi della fede come segni di un amore purissimo, il solo amore puro: noi “non serviamo niente a Dio”. Il suo dono di grazia è manifestazione luminosa della sua diversità, della sua infinita dignità di Dio.
Contemplando gli aspetti divini del dono del Padre, scoprendo la magnificenza che suppone il dono, la sequela di Cristo, il cristiano scopre nel suo essere stesso fino a qual punto questo dono, non solamente scaturisce da un’iniziativa totalmente gratuita del donatore, ma ancor più come apporta addirittura anche i titolo per essere ricevuto. Il dono di Dio colma per sua grazia i ritardi, le mancanze, le imperfezioni che gli infrapponiamo (“Mentre eravamo ancora peccatori…” Rm). E’ l’adorazione.
“L’adorazione è la disposizione fondamentale dell’uomo che si riconosce creatura davanti al suo Creatore. Essa esalta la grandezza del Signore che ci ha creati e l’onnipotenza del Salvatore che ci libera dal male. E’ la prosternazione dello spirito davanti al Re della Gloria (Sal 24,9) e il silenzio rispettoso al cospetto del Dio “sempre più grande di noi”. L’adorazione del Dio tre volte santo e sommamente amabile ci cola di umiltà e dà sicurezza alle nostre suppliche” (CCC 2628).
La gratuità del dono è quella dettata dalla infinita misericordia di Dio: di Colui che solo può farsi più piccolo, benché tre volte santo,, di colui che vuole salvare perché non ha alcun timore di perdere se stesso.
Cristo sa che pregando affinché sia reso al Nome del Padre l’onore di cui è degno, prega affinché sia riconosciuto il vero carattere della trascendenza dell’onnipotente: quella della misericordia.
L’invocazione del Regno di Dio ci apre allo spiraglio della preghiera di domanda.
“Venga il tuo Regno”
“Il Regno di Dio è vicino” (Lc 10,11)
“Il mio Regno non è di questo mondo” (Gv 18,36).
La percezione dei doni meravigliosi di Dio non fa che infiammare il nostro desiderio di vederli condivisi, accolti da tutti. E’ questo l’oggetto della seconda parte della preghiera sacerdotale di Gesù, come della seconda parte del Padre Nostro:
“Che essi siano una cosa sola come noi”
“preservali dal male”
“santificali nella verità”…
Invocare la venuta del Regno equivale all’attesa a alla speranza di ciò di cui più vero e profondo portiamo in noi stessi:
“La domanda cristiana è imperniata sul desiderio e sulla ricerca del regno che viene, conformemente all’insegnamento di Gesù. Nelle domande esiste una gerarchia: prima di tutto si chiede il Regno; poi ciò che è necessario per accoglierlo e per cooperare al suo avvento. Tale cooperazione alla missione di Cristo e dello Spirito Santo, che è ora quella della Chiesa, è l’oggetto della preghiera della comunità apostolica. … mediante la preghiera ogni battezzato opera per l’avvento del Regno” (CCC 2632).
E’ all’interno del rapporto tra Cristo e il Padre che si colloca la nostra preghiera di cristiani.
“E’ contemplando e ascoltando il Figlio che i figli apprendono a pregare il Padre” (CCC 2601).
La preghiera cristiana nasce dal riconoscimento del dono di grazia fattoci dal “Padre del N.S.Gesù Cristo”. E’ lui che ha l’iniziativa. Non arriviamo perciò a lui lui a forza di impegno e di volontà, ma come dice la liturgia solamente “Obbedienti al comando del Salvatore e formati al suo divino insegnamento” possiamo osare dire il Nome di Padre.
La preghiera non è cristiana sino a ché essa non realizza la transustanziazione dei nostri desideri e volontà in quelli di Cristo: è questo lo statuto perfetto della preghiera. Autentica amicizia con Cristo. E questo è dono dello Spirito:
“La preghiera di fede non consiste soltanto nel dire “Signore, Signore”, ma nel disporre il cuore a fare la volontà del Padre (Mt 7,21). Gesù esorta i suoi discepoli a portare nella preghiera questa passione di collaborare al Disegno divino” (CCC 2611).
La nostra preghiera partecipa dell’audacia, della sicurezza, dell’universalità della preghiera di Cristo. In ogni situazione, di gioia o di dolore, ci possiamo unire alla preghiera di Gesù, di conseguenza il nostro cuore si dilaterà come il suo. Non ci sentiremo più impotenti dinanzi al mondo.