• 27 Gen

    di p. Attilio F. Fabris 

     

    Nel libro della Genesi troviamo il meraviglioso racconto del dialogo orante di Abramo e i suoi tre misteriosi ospiti sotto la quercia di Mamre.

    Certo Dio non cambia, e anche noi come Abramo possiamo scoprire che Dio non sarebbe più tale nel caso egli cambiasse; infatti un Dio sottomesso alle nostre esitazioni non potrebbe essere Colui dal quale attendiamo sicurezza:

    “Ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall’alto e discende dal Padre della Luce, nel quale non c’è variazione né ombra di cambiamento” (Gc 1,17)

    Ma allora perché supplicare Dio di intervenire? A cosa serve presentargli la nostra miseria?

    Dio non cambia, ma tuttavia “allorché distrusse le città, egli si ricordò di Abramo, e fece fuggire Lot dal disastro” (Gn 19,29). Questa è la risposta alla sua preghiera.

    Dio è immutabile nei suoi disegni, ma ciò sarebbe mutilare la sua provvidenza se si limitasse ai soli risultati visibili, alle realtà apparenti.

    Dio è immutabile nei suoi disegni, ma in questi disegni interviene la preghiera dei suoi figli.

    Scopo della preghiera non è cambiare l’ordine delle cose stabilito da Dio, ma di ottenere ciò che Dio ha deciso di compiere attraverso la nostra preghiera.

    Dio ha voluto far dipendere la realizzazione di certe realtà, dalla nostra preghiera.

    “La preghiera cristiana è cooperazione alla Provvidenza di Dio, al suo disegno di amore per gli uomini” (CFC 2738).

    L’ordine voluto da Dio comporta la mia collaborazione. Siamo fatti per cooperare al nostro destino e all’evolversi della storia.

    Potremmo quasi suddividere tutto ciò che capita nella nostra vita in due categorie di avvenimenti:

    – ciò che capita, ma che non dipende da noi

    – ciò che possiamo ottenere attraverso il nostro sforzo ed impegno.

    Se non preghiamo noi rimaniamo puramente passivi di fronte agli avvenimenti della prima categoria e attribuiamo ai nostri sforzi quelli della seconda.

    Al contrario: pregando noi sostituiamo alla nostra volontà quella di Dio, ovvero entriamo nel piano di Dio.

    Ci poniamo così sulla stessa lunghezza d’onda del progetto di Dio. Scopro di conseguenza che Dio fa la storia con me. Che, come Maria, sono fattivamente collaboratore di Dio.

    Egli non vuole fare senza di te ciò che ha deciso di fare con te!

    Abbiamo nella Scrittura diversi esempi:

    – Gesù e la donna sirofenicia: ella deve lottare con lui per ottenere ciò che desidera;

    – la lotta dell’angelo con Giacobbe: essa dura tutta la notte, Dio desidera essere vinto dall’uomo;

    – Mosé intercede per il popolo dopo il peccato dell’adorazione del vitello;

    – la vedova importuna che chiede giustizia.

    La preghiera perfetta alla quale tendiamo è sull’esempio di Gesù stesso: “Sia fatta la tua volontà”.

    Essa non cambia, ma deve compiersi con il nostro assenso e collaborazione. Che possiamo volere ciò che Dio stesso vuole.

    Dio entrando in comunione con noi fa appello alla nostra libertà: chiederà a Mosé: “Lascia che la mia collera s’infiammi contro di loro” (Es 32,10).

    Caterina da Siena fa dire al Signore: “Io sono incatenato dalle catene dei vostri desideri; ma queste catene le ho forgiate io stesso”. Dio suscita in noi i desideri che intende esaudire.

    Nel suo disegno eterno ed immutabile, Dio ha collocato un posto preciso alla nostra preghiera, e Dio non cambia. E’ questa una delle peculiarità più profonde della preghiera cristiana, che possiamo tradurre con un’espressione di san Tommaso:

    “L’amore non ha permesso a Dio di restare solo”

    L’amore è condivisione di tutto. Dio vuole farci partecipi della sua felicità. E’ questa la grande rivelazione della fede cristiana. Per la filosofia antica e le vecchie religioni l’uomo non era che uno spettatore. Paolo, con la sua veemenza afferma di costoro:

    “Siamo collaboratori di Dio” (1 Cor 3,9)

    E’ questo l’insegnamento di tutti i santi. Teresa di G.B. scrive ad esempio:

    “Perché Gesù dice: Pregate il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe? Gesù forse non è onnipotente? Ah, è che Gesù ha nei nostri confronti un amore così grande che vuole che anche noi abbiamo parte alla salvezza delle anime, non vuole far nulla senza di noi. Il creatore dell’universo attende la preghiera d’una povera, piccola anima per salvare altre anime, riscattate dal suo stesso sangue. Ecco le parole di Gesù: “Alzate lo sguardo, vedete… Vedete come nel mio cielo vi sono dei posti vuoti, tocca a voi riempirli. Voi siete i miei Mosé che pregano sulla montagna” (Lettere)

    Noi entriamo nel mistero della rivelazione cristiana allorché sperimentiamo che Dio vuole essere amato come colui che attende da noi il desiderio di cooperare al suo piano. Vi scopriamo anche l’estrema delicatezza di Dio che non comanda, non si impone, ma un Dio che chiede un Dio che… prega l’uomo!

    Potremmo tentare così una prima definizione della preghiera: un incontro tra due desideri o meglio, l’assorbimento del desiderio dell’uomo in quello di Dio.

    La preghiera è dunque un incontro, nell’interiorità, fatto di amicizia e di cui Dio ha la prerogativa:

    “Sia che l’uomo dimentichi il suo Creatore, oppure si nasconda lontano dal suo volto, sia che corra dietro ai propri idoli o accusi la divinità di averlo abbandonato, il Dio vivo e vero chiama incessantemente ogni persona al misterioso incontro della preghiera. questo passo d’amore del Dio fedele viene sempre per primo nella preghiera; il passo dell’uomo è sempre una risposta. Man mano che Dio si rivela e rivela l’uomo a se stesso, la preghiera appare come un appello reciproco, un evento di alleanza. Attraverso parole e atti, questo evento impegna il cuore” (CFC 2567).

    Chiaramente la percezione della concretezza della preghiera, il suo rientrare nell’”appello reciproco”, nell’”Alleanza”, fa sì che essa debba in noi allargare sempre più i suoi confini, andando al di là di tante preoccupazioni immediate e talvolta meschine.

    Ancora su queste basi bisognerebbe riflettere alle dimensioni e al realismo che potrebbe assumere la nostra preghiera, all sua audacia, all’abbandono confidente in dio qualora essa sia percepita ed accolta quale collaborazione al disegno di Dio.

     

     

     

     

     

    Posted by attilio @ 13:14

Leave a Comment

Please note: Comment moderation is enabled and may delay your comment. There is no need to resubmit your comment.